Vittorio LussanaRiguardo al mancato introito dell'Iva, accertato in questi giorni a Bruxelles dalla Commissione europea, posso testimoniare personalmente non soltanto l'esistenza, in Italia, di un'evasione 'di necessità', bensì anche 'di consuetudine' o 'd'abitudine'. Mi è infatti capitato, diverse volte, di dover spiegare come la mia personale collaborazione professionale a un progetto editoriale sia esente dall'imposta di valore aggiunto, mentre la formula della partnership aziendale ne preveda, viceversa, il pagamento. In pratica, gli italiani nemmeno conoscono le norme che regolano gli scambi commerciali: l'Iva non si paga, punto e basta. Versarla, viene considerato un comportamento da 'ingenui idealisti', quando non da 'poveri scemi'. Ciò chiarisce sempre più 'fotograficamente' la grave inconsapevolezza di un Paese composto, in buona parte, da 'furfanti inside'. L'indifferenza per l'interesse generale è un dato sostanzialmente 'genetico': non c'è neanche da parlarne. Un po' come quelle simpatiche signore che negano di aver scelto una tranquilla vita familiare rispetto a una complicata carriera professionale, dopo aver incontrato un 'buon partito', come si diceva un tempo, o un 'rampollo' diretto discendente di una famiglia benestante. Dissimulazioni all'italiana: eccoci per l'ennesima volta intenti a 'sguazzare' tra le consuete 'pozzanghere' dei nostri vizi nazionali. Certe 'tare' di fondo del nostro tessuto socio-economico non c'è proprio modo di affrontarle. Eppure, quando si protesta per una casa popolare assegnata a una famiglia italo-eritrea, come capitato di recente nella borgata romana del Trullo, si è persino disposti a finire in 'gattabuia' dopo aver fatto a 'cazzotti' contro carabinieri e agenti di polizia. Noi diventiamo dei nazionalisti 'tutti d'un pezzo' solamente quando dobbiamo danneggiare qualcuno, secondo una concezione atavica, classista, ingiusta dell'italianità. L'italiano rimane un popolo a 'doppia faccia': la tesi 'pasoliniana' regge ancora oggi perfettamente e, persino, 'laicamente'. Sono sempre più evidenti tutta una serie di incoerenze che si sono affermate anche nelle categorie professionali più elevate: magistrati, avvocati, medici, commercialisti, docenti universitari e via dicendo. Ecco perché, spesso e volentieri, emergono incongruenze e assurdità: qui da noi resiste il 'mito del furbo', nonostante il passare dei decenni. A prescindere dallo stato comatoso delle casse dello Stato, quel che ci preme sottolineare in questa sede è la profonda crisi antropologica del popolo italiano: un degrado che registriamo, ormai, con la stessa identica indifferenza con la quale in molti, ogni giorno, approcciano i propri rapporti quotidiani "con il prossimo tuo", direbbe Papa Bergoglio. O con 'l'Altro' sociologico, diciamo noi.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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Roberto - Roma - Mail - venerdi 6 ottobre 2017 6.40
Un piccolo articolo per una grande verità, ma sono i "balletti" delle cifre quel che personalmente mi hanno sconvolto. Si è creata appositamente una sfasatura tra i dati reali degli sbarchi e la percezione della cittadinanza, fomentando la paura. Il problema è l'impostazione dell'informazione, che non può continuare a presentarsi divisa in "parrocchie". La politica è semplicemente a corto di idee costruttive, e perciò tende a manipolare e a "gonfiare" notizie che sono già manipolate in partenza.
Cristina - Milano - Mail - mercoledi 4 ottobre 2017 12.54
Grazie, direttore.


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