Chiara ScattoneIo mi vaccino, tu ti vaccini, lei si vaccina, lui si vaccina. Potrebbe sembrare uno sciocco e inutile 'tormentone'. Al contrario, l'uso del verbo vaccinarsi, negli ultimi anni sta si sta riscoprendo in negativo: io non mi vaccino. Perché? Ne parlammo già altre volte su questa testata: famiglie e genitori hanno smesso di vaccinare i propri bambini quando, diversi anni fa, si diffuse la voce di un ex medico inglese, Andrew Jeremy Wakefield, che aveva dimostrato, con dati poi rivelatisi falsi, una diretta correlazione tra il vaccino trivalente (morbillo, parotite e rosolia) e l'autismo. Una pura idiozìa scientifica. Ma si sa: è assai più facile scatenare un 'incendio', piuttosto che spegnerlo. Così, il falso mito, sconfessato da tutta la comunità scientifica internazionale, della diretta correlazione tra i vaccini e lo scatenarsi dell'autismo è divenuto un 'leit motiv' tra i genitori di tutto il mondo occidentalizzato. Questa nuova fobìa per una patologia, quale l'autismo, di cui si ignorano ancora oggi le vere cause scatenanti (prdisposizione genetica? Ambientale? Anzianità dei genitori al momento del concepimento?), ha generato una reazione di rifiuto tale alle vaccinazioni, da parte di molti genitori in tutte le regioni italiane, da aver provocato un aumento considerevole di malattie come il morbillo - in tutto il 2016, i casi segnalati furono 844, mentre solo in questo primo scorcio del 2017 se sono registrati già 700, con un incremento, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, superiore al 230% - che stanno mettendo a serio rischio la salute pubblica. Dopo il morbillo, i dubbi e le attenzioni mediatiche si sono spostate sul vaccino contro il papilloma virus, grazie anche a una discutibile inchiesta condotta da 'Report' nelle settimane scorse. Il papilloma virus fa male? O meglio, come si è domandato 'Report': i vaccini anti-Hpv che vengono somministrati alle ragazzine, sono sicuri? Qualche dubbio sulla sicurezza nasce, soprattutto, se nel corso dei 23 minuti di inchiesta in prima serata si dà voce ad alcune ragazze appena vaccinate, le quali affermano: "Mi hanno riempita di cortisone, di morfina in vena". E, subito dopo, un medico modenese conferma: "Il 60% delle ragazze vaccinate presenta reazioni avverse". Un'inchiesta giornalistica che si è posta, come obiettivo, quello di dar voce a coloro che hanno incontrato intolleranza fisica al vaccino e che non sono state prese in considerazione dalle autorità sanitarie nazionali e internazionali, dovrebbe al contempo provare a contestualizzare statisticamente queste stesse voci, senza restare sul vago facendo intendere che esso sia dannoso perché "chissà cosa ti mettono in vena, forse morfina o cortisone". Analizzando meglio i dati, si poteva comprendere che i vaccini anti-Hpv hanno dimostrato un'efficacia clinica vicina al 98% nel ridurre le lesioni precancerose del collo dell'utero per i tipi Hpv 16 e 18, responsabili, nel 70% dei casi, dei cancri di Hpv che, in Italia, sono circa 6500 l'anno. Inoltre, l'Hpv è il diretto responsabile dei tumori vulvovaginali e anali, nonché dei tumori a genesi virale di alcuni tipi di cancro della testa e del collo, in particolare di quelli dell'orofaringe che coinvolgono le tonsille o la base della lingua. Il ministero della Salute, per il 2016 si aspettava, per tali tipi di tumori del 'collo-testa', un'incidenza pari a circa 9 mila 300 casi, di cui 7 mila 100 tra gli uomini e 2 mila 200 tra le donne: numeri inquietanti. Il vaccino anti-Hpv funziona e la sua efficacia non è in alcun modo messa in dubbio. Anzi, il vaccino è il solo strumento per prevenire e combattere l'insorgenza del tumore del collo dell'utero. Sempre il ministero della Salute, nel febbraio 2017 ha pubblicato i dati sulle coperture vaccinali aggiornati al 2015, che mostrano, come per altri vaccini, un calo nella somministrazione del 3% circa, con una percentuale del 4% in meno di ragazze che completano il ciclo vaccinale in tutto il Paese. Se il dubbio sulla sicurezza del vaccino permane, affidiamoci ai dati statistici e non al 'sentiment'. Tutti i vaccini possono provocare, entro le 36 ore dalla somministrazione, delle reazioni avverse considerate lievi e, dunque, già documentate dai 'bugiardini' vaccinali. Irritazioni cutanee locali, così come picchi febbrili, sono ampliamente documentati e conosciuti e non rappresentano criticità tali da essere segnalate ulteriormente. Tutti quelli che si sono sottoposti a vaccinazioni, di qualsiasi genere, possono confermarlo. E chi vi scrive è stata la prima ad aver osservato il fenomeno sia sui propri due figli, sia in se stessa, dopo il vaccino anti-meningococco. Tuttavia, come dimostrano i dati della farmaco-vigilanza statunitense (Vaers), in 5 milioni di dosi distribuite del vaccino anti-Hpv non si sono mai rilevati segnali di allarme. E sarebbe questo il dato da dichiarare e da sottolineare: il vaccino anti-Hpv è sicuro ed efficace, poiché previene e protegge contro l'insorgenza dei tumori della cervice e di quelli vulvovaginali e anali. Tutto il resto è allarmismo, inutile e dannoso per l'intera società. Per cui, io mi vaccino e tu?


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