Fabrizio FedericiCittadini tedeschi omosessuali sono stati costretti, o indotti, alla castrazione in ambedue le Germanie (quella dell'est e dell'ovest) ben oltre la fine del regime nazista e, almeno, sino al 1969. Ovvero, sino quando il vecchio 'Paragrafo 175', un articolato del Codice penale tedesco del 1871, varato a pochi mesi dall'unificazione bismarckiana e aggravato proprio dai nazisti nel 1935 - per perseguire con la reclusione persino i desideri degli omosessuali - venne finalmente modificato. A fare la scioccante scoperta è stato lo storico Jens Michael Kolata, da anni docente di Tedesco e di Storia e cultura tedesca nel Nordi'Italia. Lo riferisce un articolo del 25 gennaio scorso sul quotidiano germanico 'Stuttgarter Zeitung', ripreso in Italia in occasione della 'Giornata della memoria' da alcune fonti, tra cui 'Prideonline.it', sito vicino al circolo di cultura omosessuale 'Mario Mieli'. Lo studioso era alla ricerca di documenti relativi ai trattamenti sanitari cui erano stati sottoposti uomini omosessuali e bisessuali durante il nazismo, quando si è imbattuto in annotazioni relative alla castrazione 'post 1945' di 'criminali sessuali', insieme a vere e proprie cartelle cliniche custodite negli archivi della fortezza di Hohenasperg, a 20 km da Stoccarda, nel land meridionale del Baden-Württemberg. Una struttura che ancora oggi ospita, come durante gli anni del 'Terzo Reich', l'ospedale centrale del carcere regionale in cui furono eseguiti gli interventi di castrazione scoperti. La prima menzione della castrazione come punizione in Germania, o cosiddetto 'trattamento' per gli omosessuali, emerge durante il regime nazista: Hitler e vari gerarchi come Himmler, con incredibile ipocrisia, data la larga diffusione di omosessualità e bisessualità nelle file naziste (come dimostrato dall'esauriente saggio, elogiato a suo tempo anche da Simon Wiesenthal, dello scomparso giornalista e attivista gay Massimo Consoli dal titolo: 'Homocaust' - Kaos edizioni, 1991)  sostenevano tale pratica come mezzo per preservare e rafforzare la purezza della 'razza ariana'. Essa veniva usata anche contro altri gruppi sociali, inclusi disabili, zingari Rom e Sinti, gli ebrei e i cosiddetti 'asociali', per impedirne la riproduzione e il mescolamento genetico con gli 'ariani'. La castrazione, o quantomeno la sterilizzazione, veniva praticata, a volte, anche con sistemi particolari e persino stravaganti, escogitati con tipico zelo nazista. Il medico e giornalista Luciano Sterpellone, scomparso nel 2016, nel documentato saggio 'Le cavie dei lager' (Mursia - 1978) cita il rocambolesco metodo (ben presto abbandonato, poiché assai poco efficiente) della sterilizzazione mediante convocazione del detenuto negli uffici della direzione del lager, o prigione in questione, seguìta dall'invito a sedersi per colloquio con un funzionario SS davanti a una scrivania, dalla quale venivano erogate massicce dosi di raggi X destinate a colpire - a insaputa del malcapitato - i suoi organi genitali. I nazisti castravano uomini gay e bisessuali per 'curarli' e condurre crudeli esperimenti medici (come quelli, ben noti, del medico danese Vaernet, i quali altro non erano - come per quelli di Josef Mengele - che un'ulteriore, sofisticata, forma di tortura). In alcuni casi, soprattutto nel primo periodo del regime, i nazisti proponevano ai catturati la castrazione proprio come alternativa alla prigione, o ai campi di concentramento. Si ritiene che, in quegli anni, migliaia di persone si siano sottoposte a quella che veniva definita "smachilizzazione volontaria", mentre non c'è ancora accordo, tra gli storici (Consoli e altri) sul numero complessivo di gay sterminati nei lager (le cifre possibili variano dalle 30 mila alle 250 mila persone). Ma tornando alle scoperte di Kolata, le note dello psicologo Nikolaus Heim, che ha seguito fino agli anni '80 del secolo scorso i cittadini tedeschi castrati dai medici di Hohenasperg (ex-Germania ovest) fanno riferimento a 51 uomini complessivamente sottoposti al barbarico 'trattamento' tra il 1963 e il 1978. Proprio in quel quindicennio in cui, finita l'era Adenauer e dopo la storica 'resa dei conti' col marxismo dell'Spd a Bad Godeberg (1959), la Germania ovest s'imponeva all'attenzione del mondo col trionfo dei socialdemocratici di Willy Brandt e il loro lungo governo. E ben oltre la modifica del famigerato 'Paragrafo 175' del Codice penale, intervenuta nel 1969 con la limitazione della pena solo a casi particolari, tra cui quello di rapporti omossesuali con minorenni. D'altro canto, la Germania est, nel 1950 era tornata alla vecchia versione della norma, limitandone in seguito il campo al sesso con minori di 18 anni nel 1968, per poi abolirla completamente nel 1988. Tra questi 51, ben 12 avevano la dicitura 'omosessuale' accanto alla tipologia di crimine sessuale. Nelle cartelle del dottor Heim sono inoltre riportate le pesanti conseguenze di questa pratica sulla salute psicofisica delle vittime. Secondo gli esperti, l'evidenza dei dati dimostra, ormai oltre ogni dubbio, che i medici tedeschi continuarono a sottoporre a castrazione gli omosessuali dal 1945 sino al 1969 e oltre, utilizzando le stesse metodologie naziste per imporre loro il trattamento e, persino, lo stesso linguaggio. Sempre il 'Stuttgarter Zeitung' ha portato alla luce anche la testimonianza di un uomo che, nel 1996, chiamò un noto programma radiofonico tedesco raccontando di essere stato sottoposto a castrazione nel 1968. L'uomo, che disse di chiamarsi Gustav, raccontò di essere stato perseguito più volte, nel dopoguerra, per la propria omosessualità, sino a scontare oltre vent'anni di prigione. Dopo l'ultimo arresto, il procuratore lo avrebbe convinto ad accettare la castrazione in cambio della liberazione: per amara ironia della Storia, poco dopo il rilascio di Gustav, il 'Paragrafo 175' venne finalmente corretto. La vicenda raccontata da Gustav combacia perfettamente con le ultime scoperte di Kolata: la Germania non ha ancora finito di fare i 'conti' con la propria Storia. Era già noto che, nel 1945, durante l'agghiacciate scoperta dei campi di concentramento, i prigionieri omosessuali non furono affatto liberati, bensì dovettero scontare le loro pene, sempre in base al 'Paragrafo 175', in normali carceri. Insomma, l'omosessualità, anche in Germania ovest, è rimasta a lungo un argomento tabù, causa di una vera e propria 'morte civile' per chi ne veniva accusato. Come per esempio nel caso dell'assistente del procuratore federale Friz Bauer, 'cacciatore' di Eichmann e di altri criminali nazisti nella Germania del 1960-'61, in cui il 'Paragrafo 175' venne usato - con  documentate accuse di rapporti omosessuali - per colpire, indirettamente, il procuratore, come ricordato nel bel film tedesco del 2016: 'Lo Stato contro Fritz Bauer'. Già l'anno scorso, il ministro federale della Giustizia aveva annunciato l'intenzione di risarcire le vittime delle leggi penali anti-omosessuali, ma sembra che nessuno fosse a conoscenza delle castrazioni. Ora, il gruppo di ricerca sul tema vuole approfondire l'indagine su tutti gli schedari giudiziari e carcerari della Germania, mentre il ministero della Giustizia del Baden-Wurttemberg ha espresso la volontà di chiarire la vicenda sino in fondo. Le norme del 'Paragrafo 175' furono ulteriormente attenuate nel 1973 e, in seguito, completamente abrogate nel 1994 dopo la riunificazione tedesca. Ma intanto, circa 100 mila persone erano stati implicate in procedimenti legali per omosessualità tra il 1945 e il 1969. E circa 50 mila risultano condannati (se non suicidatisi prima, come molti hanno fatto). Una vicenda che fa ulteriormente capire come il nazismo, per tanti aspetti, abbia proiettato le sue 'mostruose ombre' sulla Germania ben oltre le tragiche fiamme della Cancelleria del 1945. Impressionanti, in tal senso, anche le immagini dei campi-dormitorio per operai turchi e italiani, sinistramente ricordanti i lager, con le loro recinzioni in muratura avvolte dal filo spinato, girate nel 1974 dal regista italiano Franco Barberi nel documentatio 'Turkiye', recentemente presentato a Roma, presso l'Archivio audivosivo del movimento operaio e democratico. In ogni caso, queste rivelazioni rientrano in quel più ampio processo di ritrovamento degli 'scheletri nell'armadio' che, negli ultimi anni, sta finalmente avvenendo in tante democrazie. Dall'emergere dei documenti sulle politiche di sterilizzazione forzata degli individui, ritenuti 'asociali' o inadatti alla logica della produttività esasperata, condotte dagli stessi Governi socialdemocratici svedesi dagli anni '30, nel clima di generale ubriacatura per le teorie razziali 'eugenetiche' tipico di quel periodo non solo in Germania, all'indegna istituzione dei 'Collegi Magdalene' nell'Irlanda indipendente, emerse solo nei primi anni '70 del secolo scorso.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio