Vittorio LussanaI linguaggi della nostra attualità sono, per definizione, puramente comunicativi. E i luoghi in cui essi vengono prodotti sono quelli dove la scienza viene applicata secondo i canoni del puro pragmatismo, ovvero non mediati da considerazioni di carattere identitario, filosofico, teologico, culturale o valoriale. Sono ormai divenuti numerosissimi, in ogni ambiente professionale, quei 'tecnici' che si esprimono attraverso un 'gergo' strettamente specialistico, non a caso assai ricco di 'inglesismi' e 'forestierismi'. Una 'lingua' per 'iniziati', che possiede una funzione strettamente comunicativa in quanto canone tendente a espandersi verso l'esterno, poiché chi lo produce intende instaurare un rapporto sempre più diretto e assoluto con coloro i quali sono destinati a consumarlo. Ora, nel vecchio mondo 'umanistico', il quale contemplava persino la rivolta nei confronti del capitalismo della prima rivoluzione industriale, le religioni hanno sempre avuto la possibilità di intervenire e reprimere ogni ideale di cambiamento, contraddicendo brutalmente le volontà anche solo formalmente democratiche e liberali dello Stato. Il meccanismo era semplice: alcuni organi - la magistratura e la polizia - assumevano una funzione conservatrice o reazionaria e, in quanto tali, ponevano i loro strumenti al servizio delle culture più radicate all'interno di una singola comunità statale. In pratica, per interi millenni, tra Stato e religione è sempre esistito un 'doppio legame' in malafede: le autorità ecclesiastiche, di qualsiasi fede o credenza fossero rappresentanti, accettavano lo Stato, concedendo a esso il proprio consenso e appoggio, senza il quale il potere statuale non avrebbe potuto instaurarsi o sussistere. Questo antico 'patto' con le credenze religiose in quanto strumenti di controllo sociale non è mai stato altro che un mascheramento della sostanziale illiberalità e antidemocraticità dello Stato, il quale 'scaricava' la funzione illiberale e antidemocratica proprio sulle religioni, accettandole, anch'esso in malafede, come superiori istituzioni 'spirituali'. Le religioni, insomma, a un certo punto della loro Storia hanno stretto un 'patto col diavolo'. L'antico potere monarchico e feudale era addirittura compatibile, se non proprio equivalente, a quello spirituale e religioso. Tanto per fare un esempio, persino il fascismo in quanto momento politico regressivo risultò un qualcosa di oggettivamente meno diabolico, poiché non 'minava' la Chiesa cattolica al proprio interno. Esso era solamente una falsa ideologia. E il Concordato stipulato negli anni '30 del secolo scorso non fu tanto un sacrilegio allora, bensì lo è divenuto oggi, poiché la nuova 'tecnocrazia' ormai ha circondato le religioni, limitandole e contenendole. Ciò significa che l'avvento di una nuova civiltà tecnocratica, avviata a trasformarsi in una vera e propria democrazia 'cibernetica', non sarà soltanto l'ennesima 'macchia' nella Storia delle religioni, bensì un errore storico che tutte le fedi e credenze del pianeta pagheranno con il declino definitivo. Nella loro cieca ansia di stabilizzazione e fissazione eterna della propria funzione istituzionale e spirituale, le culture religiose non hanno mai compreso pienamente come la rivoluzione tecnologica in atto rappresenti, essa stessa, un 'nuovo spirito', assai più competitivo rispetto a quello fideistico, poiché fatti salvi gli aspetti clericali 'formali', nella sostanza finisce col sostituirsi a esse, fornendo all'umanità una visione totale ed esclusiva. È vero: le tre principali fedi monoteiste più diffuse del pianeta, ancora oggi annoverano molti vecchi fedeli nei vari apparati di potere degli Stati. Ma essi sono, per l'appunto, 'vecchi', mentre il futuro già oggi appartiene a una giovane 'tecnocrazia', che non ha più alcun bisogno degli strumenti classici del potere e, a dirla tutta, non sa neanche cosa farsene di Dio e altre 'ubbie' affini. Ubbie le quali appartengono, ormai, a un mondo del passato, poiché costituiscono un impedimento alla nuova fase di rivoluzione tecnologica prevista. Il nuovo potere della tecnologia necessita di consumatori plasmati da uno spirito totalmente pragmatico ed edonistico: un universo tecnocratico, appunto, pienamente materiale e terreno, in cui dovrà svolgersi il nuovo 'ciclo' della produzione e del consumo. Per le religioni non c'è più spazio: le battaglie che ancora si combattono in loro nome o per mezzo di esse sono destinate semplicemente ad accelerare la dissoluzione naturale e definitiva di quasi tutte le credenze 'cumulative' di provenienza orientale. Lo sviluppo tecnologico in atto è infatti dotato di un'intensità assolutamente nuova, maturata a lungo durante gli ultimi decenni, il quale, nella sua laconicità di fenomeno, ci spiega come i nuovi produttori, i nuovi consumatori e le future oligarchie 'tecnocratiche' siano destinate a diventare completamente laiche, ovvero di una laicità che non potrà più essere misurata attraverso le religioni. La laicità è un valore nato nell'entropìa della globalizzazione, in cui la fede sta deperendo come autorità e forma di potere, sopravvivendo solo ed esclusivamente in quanto 'mantello' ideologico tendente a nascondere dualismi barbarici, contraddizioni tribali e dogmatismi inutili. La nuova tecnocrazia laica non rappresenterà semplicemente un nuovo mondo, in cui ogni fede dovrà essere ridimensionata a ciò che essa rappresenta realmente, bensì sarà portatrice di interessi positivi, che prevedono anche la possibilità di ideologizzare, quindi di rendere pienamente espressivo, il proprio linguaggio: quello, appunto, del mondo tecnologico più avanzato. Lo 'spirito' di tale 'narrazione' non si limiterà a forme di apodissi, ovvero a formulare osservazioni tendenti a fissare la propria espressività attraverso i canoni della semplice comunicazione. Esso sarà un qualcosa di più e di diverso: una vera e propria mutazione valoriale e spirituale della società, che punirà le religioni proprio per aver stretto, in passato, un 'patto col diavolo'.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
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Roberto - Roma - Mail - martedi 29 dicembre 2015 19.13
Un mondo totalmente appiattito sul pragmatismo secondo me sarà un mondo ben triste...
Alba - Fabrica di Roma (Vt) - Mail - martedi 29 dicembre 2015 0.2
Ma sappiamo bene che il diavolo non esiste, perché se esistesse si guarderebbe bene dallo stringere patti con qualsiasi religione
Massimo - Roma - Mail - lunedi 28 dicembre 2015 19.16
Le religioni hanno sempre "benedetto" e mai avversato sistemi di potere infatti non ingerenti nei confeonti della religione, o di più poteri che usavano la religione a fini rafforzativi e di franchigia. Per questo la chiesa scomunicava il marxismo e si "acquietava" invece con altre ideologie. Non dimentichiamoci che fino agli anni sessanta, ad un comunista era "vietato" l'ingresso nelle chiese e parrocchie, mentre invece un ex fascista o nazista anche se si era personalmente macchiato di nefandezze, aveva diritto ai sacramenti se non portato addirittura come esempio di rettitudine civile dal prete e dal parroco!!


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