Carla De LeoSicurezza, valutazione e gestione del rischio sono temi con cui il personale impegnato nel mondo della cooperazione, sia nell'ambito governativo, sia in quello delle Ong e delle singole organizzazioni umanitarie, deve confrontarsi e organizzarsi. Oggi più che mai, considerata la crescente instabilità politica, sociale e ambientale di molti scenari internazionali, congiunti agli incredibili flussi migratori degli ultimi mesi. Fatti che stanno evidenziando l'urgente bisogno, per migliaia di uomini, donne e bambini, di aiuto e solidarietà. Fondamentale diviene dunque l'azione delle organizzazioni non governative. Ma proprio questa rilevanza "è resa sempre più visibile", ha sottolineato in questi giorni il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, "dal contesto in cui viviamo, che è quello di un mondo caratterizzato da tensione diffusa in numerosi teatri e con caratteristiche relativamente nuove: il confine tra guerra e non guerra, i conflitti congelati, quelli ibridi, il sovrapporsi di tensioni sociali e religiose". Tuttavia, porre in evidenza la crescente richiesta di aiuto e di volontariato, allo stesso tempo rende più complicato il tema della sicurezza. Quindi, se da un lato si è generato il bisogno crescente di un maggior numero di persone impegnate nel volontariato, 'costringendo' il Governo ad aprire le porte della cooperazione a nuovi soggetti della società civile, come testimoniato dall'adozione della nuova legge allo sviluppo (L. n. 125/2014), dall'altro ha messo in luce il problema della sicurezza degli operatori che lavorano in contesti di conflitto e di crisi. Una questione di estrema importanza, se si considera che, accanto a organizzazioni che operano nel settore della cooperazione ormai da diversi decenni, sono nate e continuano a emergere realtà nuove, del tutto prive di esperienza. A muovere migliaia di volontari sono i più sani principi di umanità e di solidarietà, ma è ormai divenuto indispensabile che la loro azione si svolga all'interno di quel delicato equilibrio tra imperativo umanitario, che spinge all'aiuto e alla protezione, e corretta valutazione dei rischi per gli operatori. È giunto il momento di approfondire la cultura dell'emergenza e della valutazione e gestione del rischio, insieme a una maggior assunzione di responsabilità nei confronti di tutti i singoli italiani che si recano all'estero spinti dal desiderio di aiutare il prossimo: istituzioni e Ong devono pertanto lavorare insieme, in un raccordo sempre più stretto rispetto al passato, affinché vengano promossi comportamenti responsabili. È ovvio, purtroppo, che lavorare in situazioni di conflitto comporti dei rischi: tutti abbiamo notizia dei volontari vittime di sequestri o di attentati che, spesso, non hanno fatto più ritorno alle loro case. Ma ciò non deve significare, posto che il rischio non si possa mai escludere, che non debba esser fatto qualcosa per limitarlo. Occorre un piano: va innanzitutto formato adeguatamente il personale, ma occorre anche una cornice di regole che definisca responsabilità e modalità della collaborazione, affinché i rischi vengano drasticamente ridotti. A tal proposito, ci sembra doveroso menzionare l'iniziativa, particolarmente importante, promossa da 'Ouici', che ha deciso di predisporre un 'dossier per la sicurezza' il quale, oltre a rappresentare un codice di autoregolamentazione, conferma come la questione sia considerata prioritaria e attuale. Inoltre, è 'obbligatoria' la collaborazione tra soggetti istituzionali e organizzazioni non governative, in particolar modo sul piano informativo. Tale dossier, presentato nei giorni scorsi presso il ministero degli Esteri, ci ha dato l'occasione per constatare quale sia il supporto del Governo italiano agli operatori e alle organizzazioni non governative che operano nel campo della cooperazione. Ne abbiamo parlato con il Segretario generale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, l'ambasciatore Michele Valensise.

Ambasciatore Valensise, questo nuovo codice di autoregolamentazione redatto dalle Ong è forse un tentativo per catalizzare maggiormente l'attenzione del Governo sul tema della sicurezza del personale volontario?
 "La cooperazione italiana lavora in maniera sistematica e con un raccordo molto stretto con tutti gli operatori del settore della cooperazione. E siamo pienamente consapevoli che gli attori che operano al di fuori della sfera governativa abbiano un ruolo molto importante, come dimostrano le molte iniziative valide e apprezzate di cui sono spesso esecutori. Quindi, abbiamo il dovere di sostenere, nella nostra azione quotidiana, il loro operato. Per quanto concerne il codice di autoregolamentazione è significativo che le Ong si siano date delle regole ben precise su un aspetto che, oggi, diventa sempre più cruciale: quello della sicurezza. Non rappresenta un 'richiamo' al Governo, ma una matura presa di coscienza. Ed è giusto che noi si fornisca tutto l'appoggio necessario a chi si pone, autonomamente e responsabilmente, il problema della sicurezza del proprio personale".

Ma in che modo il Governo può contribuire al rafforzamento di questa sicurezza e dove dovrà limitare il suo intervento, affinché non venga compromessa l'efficacia delle operazioni?
"Noi stiamo facendo la nostra parte in maniera molto convinta. E non da oggi. Oggi, abbiamo sicuramente una ragione in più per essere maggiormente rigorosi, prudenti e attenti a queste dinamiche. Un lavoro che svolgiamo, all'inizio, attraverso una capillare informazione sulle zone a rischio. Informazioni che noi assumiamo, valutiamo e, successivamente, condividiamo con tutti i possibili soggetti interessati. E credo che già condividere le informazioni sulle zone di rischio del mondo rappresenti un progresso importante. Ma c'è anche un'azione di intesa con le organizzazioni non governative sul piano della responsabilizzazione, che dobbiamo assolutamente fare: ogni gruppo, ogni soggetto, ogni istituzione deve assumere delle scelte in maniera responsabile. Con questo non intendo dire che quando, per esempio, si presenta la necessità di inviare dei volontari o degli uomini in una determinata zona di crisi, noi non lo dobbiamo fare: noi non ci tiriamo indietro, ma dobbiamo agire in maniera informata e responsabile. E ci stiamo riuscendo: siamo bene avviati sulla strada di una collaborazione molto fluida e continua con tutti gli operatori della cooperazione".

L'operato dei nostri volontari all'estero è una ricchezza di cui l'Italia dovrebbe essere orgogliosa, oppure soprattutto un rischio?
"Io ritengo che l'apporto del mondo del volontariato sia di grande qualità e di grande utilità, per lo sviluppo dei Paesi con i quali ci confrontiamo. E ciò costituisce una ricchezza per l'Italia, sia in termini di esperienze, sia di rapporto e di incontro con delle realtà diverse. Per cui, ritengo che il volontariato, così come tutto il mondo della cooperazione, rappresenti una risorsa positiva, da incoraggiare e sostenere. Ma, ripeto: è necessario muoversi in maniera cosciente e responsabile".

Il dossier e l'azione delle Ong può rappresentare un valido aiuto e un orientamento anche per quei soggetti non appartenenti al mondo del volontariato, ma che lavorano comunque in contesti 'difficili'?
"Certamente: il lavoro delle organizzazioni non governative è importante, innanzitutto in termini di 'best practice'. E il dossier sulla sicurezza fa sicuramente capire come il tema sia affrontato in maniera sempre più seria - il paradigma con cui affrontare queste spesso nuove situazioni e tematiche non può non essere fondato su criteri di consapevolezza, dei rischi fisici e delle minacce - ma mette anche in evidenza un altro aspetto, che credo possa essere di aiuto a tutti, cioè l'analisi e la specificità delle iniziative, che non possono non tener conto dei contesti sociali, economici, politici e militari dei 'teatri' in cui si opera. Bisogna incentivare la cooperazione - e la coerenza delle politiche di sviluppo è infatti confluita nella nuova legge per la cooperazione allo sviluppo - ma le emergenze, come il governo sa già bene, non possono essere affrontate con la 'bacchetta magica' o con soluzioni populistiche. Le tensioni possono essere governate con maggior attenzione alle cause di origine dei fenomeni. Sono convinto, quindi, che il risultato ottenuto possa essere sicuramente utile, in quanto possibile modello di autoregolamentazione, alle associazioni meno strutturate, ma anche alle imprese, ai giornalisti e agli altri soggetti che lavorano in contesti difficili".

Il dossier sicurezza
L'esperienza delle Ong nelle aree di crisi e di conflitto negli ultimi 25 anni è cresciuta e si è adeguata costantemente ai contesti e alle situazioni, divenute più difficili. Da tempo, molte organizzazioni hanno adottato codici di sicurezza che vincolano il proprio personale e puntano a gestire i rischi. L'osservanza dei codici e una maggiore attenzione non possono da soli assicurare l'incolumità, ma rappresentano gli strumenti più validi per tutelare la sicurezza degli operatori. Il dossier è frutto del lavoro congiunto tra Ong e Unità di crisi della Farnesina e s'intitola: 'Suggerimenti per la gestione dei rischi e la sicurezza degli operatori delle organizzazioni di cooperazione e solidarietà internazionale'. Esso condensa, in alcuni brevi capitoli, informazioni utili a fornire una visione d'insieme delle problematiche relative alla sicurezza in contesti potenzialmente pericolosi e suggerisce comportamenti e regole da adottare. Il tema della sicurezza rimanda all'insieme di momenti, situazioni, relazioni e comportamenti che vanno tenuti presenti e valutati, al fine di mettere in atto tutte le misure necessarie alla salvaguardia della propria vita e integrità, come di quella delle persone con cui e per cui si opera, dei beni propri e di quelli necessari al proprio lavoro. Le tre reti delle Ong - AOI, CINI, LINK 2007 - intendono proporre alcuni principi per una collaborazione in materia di sicurezza tra le Ong/organizzazioni della società civile e le istituzioni del Maeci. A tali principi potranno aderire le singole Ong e le altre organizzazioni della società civile impegnate in interventi solidaristici e di cooperazione all'estero con assenso formale tramite il sito www.dovesiamonelmondo.it - sezione per le Ong/Osc di cooperazione internazionale.


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Roberto - Roma - Mail - lunedi 21 settembre 2015 10.17
Servizio molto interessante : esiste un mondo che fa tantissimo per il prossimo e pochi lo sanno o lo riconoscono. Ecco perché siamo convinti di essere un popolo egoista, delle persone che rischiano la vita per aiutare i paesi poveri non se ne parla mai, se non quando li sequestrano o gli succede qualchje cosa. Lodevole parlarne.


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