Vittorio LussanaIn attesa dell’Italicum, una riforma di legge elettorale che non solo contiene una serie di svarioni contrari al pluralismo, ma che reitera persino alcune obiezioni già espresse, di recente, dalla nostra Corte costituzionale, crediamo si avvicini il momento di un ‘tagliando’ anche per l’esecutivo guidato da Enrico Letta. Sotto il profilo delle consuetudini e della prassi, il passaggio più corretto per rilanciare l’esecutivo e mettere in agenda una serie di obiettivi programmatici e di riforma istituzionale sarebbe quello di operare un vero e proprio cambio della guardia presso alcuni ministeri, passando per una ridefinizione degli equilibri politici dando sostanzialmente il via a un Governo ‘Letta bis’. La delicatezza del momento, tuttavia, impone cautela. Pertanto, si consiglia un avvicendamento ben calcolato, una sorta di ‘mini-rimpasto’ finalizzato soprattutto a riassegnare le deleghe dei sottosegretari di Forza Italia dimessisi negli scorsi mesi e sostituire qualche ministro che ha avuto la ‘sventura’ di incappare in qualche infortunio (la signora Cancellieri), oppure che si è ritrovata ‘impelagata’ in qualche vecchio ‘pasticcio’ del passato (la ministra De Girolamo in Boccia). Ciò al fine di rivedere le priorità programmatiche che questo esecutivo ‘riveduto e corretto’ dovrà darsi per affrontare il 2014 con un ‘piglio’ decisamente diverso rispetto a quello dimostrato sino a oggi, pur con tutte le attenuanti e giustificazioni del caso. Qualche dubbio, in verità, circola anche nei confronti del ministro Saccomanni, che con le imposte sulla casa, a un certo punto, sembrava proprio non riuscire in alcun modo a ‘fare pace’. Tuttavia, se l’attuale titolare del dicastero di via XX settembre potesse fornirci qualche garanzia in più nel merito di un definitivo superamento di tante esitazioni, assicurando altresì una maggior chiarezza di intenti e una visione macroeconomica maggiormente definita, penso che potremmo lasciarlo proseguire nel suo intento di razionalizzazione delle nostre dissestate finanze pubbliche. In sintesi: Saccomanni può restare se riuscirà a convincerci, di qui in avanti, che sarà un altro Saccomanni. In questo modo, mentre il nuovo Segretario del Pd si vedrà impegnato a giocare ai ‘4 cantoni’ con il centrodestra, il Governo potrebbe mettere ordine tra i notevoli problemi economici del Paese. A cominciare da una non superficiale riforma del mercato del lavoro. A nostro parere, questo rimane il punto ‘cardine’, l’impegno principale che un esecutivo di centrosinistra deve assumersi, al fine di proporre un piano di riforme effettive e radicali. L’attuale crisi occupazionale, l’eccessiva tassazione su lavoro e imprese e la rigidità del mercato del lavoro medesimo sono problematiche che non si risolvono semplicemente agendo sulle regole del mercato del lavoro stesso e sulla formazione per creare occupazione e ridurre il gap occupazionale fra giovani e adulti: una maggior ‘flessibilità’ non produce affatto occupazione. E lo svantaggio ‘relativo’ dei giovani rispetto agli adulti, sempre in termini di tassi di disoccupazione, finisce con l’aumentare. Riuscire a stabilizzare il lavoro rappresenta, quindi, una delle esigenze principali: solo un’occupazione di lungo termine può permettere ai giovani di farsi una famiglia o di stabilire piani di vita. La trasformazione di molti contratti a tempo determinato in rapporti di lavoro stabili e a tutele progressive non ‘sposterebbe’ grandi cifre. Occorrono, tuttavia, nuovi strumenti, che aiutino le imprese intenzionate a investire sul lavoro a lungo termine. Inoltre, sul fronte della formazione professionale, si consiglia vivamente di mettere a punto una riforma profonda dei servizi per l’impiego, affinché questi facciano formazione seriamente, in maniera che molte persone che perdono il lavoro anziché essere assistiti con sussidi e cassa integrazione possano essere aiutati a cercare una nuova occupazione secondo criteri professionali più moderni, che corrispondano alle esigenze di ‘avanguardia’ del mercato, rimodulando e riaggiornando le distinte figure professionali facilitandone la ricollocazione, senza più gettare denari dalla ‘finestra’ in favore di ‘clientele’ e ‘conventicole’ che, spesso, svolgono questo ruolo secondo metodi discutibili, oltreché dalla limitata efficacia. La formazione professionale è una cosa serissima, sia per il mondo dei giovani, sia per quello che incontra l’esigenza di dover riqualificare il mondo del lavoro. Sino a quando non si combatterà una vera e propria battaglia ‘globale’ su questo fronte, né l’Italia, né l’Unione europea riusciranno a venire a capo di una disoccupazione eccessiva e poco qualificata. Anche perché, tutte le responsabilità e gli errori commessi in questo settore vengono generalmente ‘scaricati’ proprio sulle politiche di Bruxelles, considerate lontane e ‘burocratizzate’, mentre evidenti risultano le inefficienze e le inadeguatezze nazionali e locali. Ciò appare un elemento essenziale anche ai fini di una corretta impostazione della prossima campagna elettorale per il rinnovo del parlamento europeo: il ‘trucco’ di incolpare l’Unione europea o la sua moneta - l’Euro - per tutto ciò che non è stato fatto nei singoli Stati membri o a livello di enti locali deve finire. Basta con le prese in giro di derivazione demagogica, nazionalista e localista. Se si vuole un’Unione europea politicamente unita ed efficace è giunta l’ora di mettere in campo una serie di risposte preventive e, al contempo, concrete, tese a smascherare le numerose inefficienze nazionali o dei vari enti territoriali e locali.





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Cristina - Milao - Mail - martedi 28 gennaio 2014 15.30
Veramente interessante. Concordo su tutto e mi domando come mai un'analisi così dettagliata e, anche, potenzialmente risolutiva venga esplicata da un giornalista e non da un presunto politichese. Forse le poltrone "conquistate" senza arte nè parte intossicano i neuroni? La sua preparazione socio-politica non dovrebbe essere una prerogativa dei nostri "illustri" gerenti?
Forse questa volta condivido anche la sua idea del rimpasto: non siamo pronti ad un voto ragionevole. Temo che ci sarebbero molti voti di protesta, dettati dall'esasperazione, che peggiorerebbero la situazione, se possibile.
Mi domando chi gestirebbe il rimpasto e mi assale il terrore...
Michele - Civitavecchia (Roma) - Mail - martedi 28 gennaio 2014 8.20
Siamo talmente flessibili, oramai, che al posto della spina dorsale abbiamo il flessibile della doccia. Concordo con l'analisi: parlare di formazione e di rilancio del lavoro non ha senso se non si riorganizza la formazione, oggi elefantiaca ed iper burocratizzata, con tratti cesaro papisti.
Renato Traquandi - Arezzo Italia - Mail Web Site - domenica 26 gennaio 2014 22.50

Anche Matteo Renzi, l'ultimo della lista a provarci, oltre la probabile buona volontà, non possiede risorse necessarie al reale cambiamento del quale il belpaese ha bisogno. E' una mascalzonata antidemocratica la forzatura della soglia di sbarramento e la mancanza di preferenze da offrire agli elettori. Non è scritto da nessuna parte che solo nei grossi numeri alberghino buone idee; a volte una sola persona può avere quella necessaria a risolvere la situzione. Da tempo vado dicendo che l'unica, vera soluzione resta quella di separare il potere legislativo da quello esecutivo. Nella Camera che deve legiferare è ottimo ed opportuno che TUTTE le componenti debbano essere rappresentate, dunque elezioni con metodo proporzionale, senza sbarramento alcuno. Il potere esecutivo, invece, lo esercita il Capo dello Stato, per il mandato stabilto, con elezione diretta popolare e metodo maggioritario. Anche in magistratura è opportuno, poi, dividere il settore investigativo da quello giudicante. Il primo dovrà avere il controllo diretto del Governo; il secondo quello della Camera.


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