Ilaria CordìSecondo recenti studi americani e francesi, i tifosi di una qualsiasi squadra soffrono di disturbi alimentari più dei loro parenti e amici non ‘sportivi’. Perché? Forse, a causa di un calcio di rigore sbagliato? Potremmo definirla ‘la maledizione della domenica’. È il giorno in cui tutti i tifosi, occasionali e non, si riuniscono con parenti e amici davanti al televisore o, per una partecipazione più diretta, su seggiolini scomodi da stadio pur di seguire la squadra del cuore. Che sia europeo, americano o del lontano Oriente, il calcio, o il football, rapiscono la mente per un intero pomeriggio. Ma al di là della credenze comuni, per una volta lo sport può far male. Lo conferma uno studio americano, pubblicato su Phychological Science - nota rivista scientifica di psicologia - in cui si afferma che seguire le avvincenti partite del week end porta il sostenitore accanito a ‘rivoluzionare’ il proprio benessere alimentare tenuto in tutta la settimana precedente. La ricerca, effettuata principalmente sui tifosi della NFL - National Football League – americana e durata all’incirca due anni, ha notato come ogni lunedì successivo coloro che soffrono della sconfitta del proprio team cercano una misera consolazione nel junk-food (letteralmente: cibo spazzatura). Ben sappiamo che gli americani non sono così famosi per la loro cultura del cibo, ma durante i fine settimana sportivi mostrano il loro ‘meglio’: patatine, noccioline, burro di arachidi uniti al fumo di interminabili sigarette o a bicchieri pieni di birra e superalcolici. Lo stomaco del tifoso sfegatato deve sostenere una mole di ‘schifezze’ non definibile. Ma al termine di una brutta partita, come sostiene l’analisi dei 726 volontari, il fan calcistico soffre di un disturbo post-traumatico da sconfitta. Tale disturbo creerebbe una certa tipologia di ansia e di stress, che trovano la loro ‘soluzione’ in alimenti pieni di grassi saturi: questa tipologia di alimentazione crea effetti ‘dopanti’ all’interno del corpo, in modo tale che la ‘sofferenza’ della perdita venga assorbita dalla soddisfazione proveniente da tali cibi. Ma la ‘dipendenza’ da sconfitta ha fatto rilevare anche il contrario: coloro che, invece, vedono la propria compagine trionfare su un’altra squadra prediligono un’alimentazione più salutare per mantenere un autocontrollo emulando i propri idoli sportivi.
 
Oltre le Alpi: uno studio francese, condotto dalla scuola di direzione aziendale Insead di Fontainebleau (Parigi), ha voluto dimostrare come si può influenzare le reazioni emotive dell’essere umano durante e post una partita di calcio. L’esperimento ha coinvolto 150 soggetti pronti a seguire 3 intere partite di calcio (Francia-Italia; la sconfitta francese sempre da parte degli italiani; una competizione tra due squadre del campionato belga). Conclusi i 270 minuti i ricercatori sono passati al secondo step, quello che loro chiamano ‘affermazione di sé’, domandando a ogni soggetto di indicare ciò che è importante e prioritario nella loro vita. Infine il terzo step è consistito nella presentazione di 4 tipologie di merendine, da far scegliere a ognuno. In conclusione, lo studio ha riportato che coloro che hanno assistito alla sconfitta della propria nazionale, ma che poi ha partecipato al secondo momento dell’esperimento ha scelto, tra le 4 merendine, quella più sana; al contrario, chi ha seguito la stessa identica partita ma non ha frequentato le sedute ha voluto insistentemente l’unica merendina piena di grassi. Il fine è stato quello di dimostrare come una semplice partita di calcio riesca a modificare le percezioni e le sicurezze di un individuo, dimenticando di come non si tratti soltanto di una mancata affermazione calcistica, bensì di sentirsi psicologicamente realizzato all’interno di un contesto familiare e sociale. 

Stomaco e cervello, una cosa sola: un’altra ricerca, condotta dal team scientifico di Adam Hampschire della facoltà di Medicina dell Hammersmith Camups di Londra, ha dimostrato come le capacità celebrali di 13 ex giocatori del campionato statunitense sono minime in confronto a 60 soggetti sani. La causa è nei troppi traumi che si ricevono nel corso di una partita: gli scossoni aiutano alla formazione di una malattia degenerativa conosciuta come Encefalopatia traumatica cronica (ETC) che rende il cervello simile a quello di un malato di Alzheimer. La conclusione dell’esperimento ha dimostrato come i 13 ex giocatori siano costretti a usare più parti del cervello per compiere una semplice azione che, a lungo andare, porta a un peggioramento dell’intero sistema celebrale. Quindi, fare un’attività fisica regolare aiuterà anche a mantenere uno stile di vita consono e salutare, ma occhio a quali sport si praticano, perché, in fondo, non si è sicuri nemmeno quando si sta seduti sulla propria e comoda poltrona di casa.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio