Vittorio LussanaLo avevamo già scritto ai tempi dell’approvazione della legge ‘Bossi-Fini’: il tema dell’immigrazione andava regolamentato in altre forme, senza ottusità di sorta, tenendo presenti le esigenze demografiche di un popolo come quello italiano, altrimenti destinato all’estinzione. Si trattava e si tratta di un fenomeno epocale, derivante non soltanto dal fallimento delle politiche neocolonialiste seguite alla decolonizzazione - che nel sud del mondo hanno spesso ‘vomitato’ leader autoritari - ma da un incredibile ladrocinio multisecolare che ha giustificato l’arricchimento di una parte del pianeta a scapito dell’altra. Nel corso di tale processo storico, anche lo sforzo di molte organizzazioni internazionali è quasi sempre risultato inadeguato: la situazione di oggi è frutto di politiche imperialiste, di dominazioni secolari, di economie ‘paternaliste’, dell’appropriazione di risorse agricole e minerarie, di traffici illeciti e scambi ineguali, della proliferazione di ‘burocrazie della fame’ e ‘terzomondismi’ mondani o ‘modaioli’. Politiche demagogiche e slogan pazzeschi, in questi ultimi decenni, se ne sono sentiti anche qui da noi, in un’Italia che, per tradizione storica, ha popolato l’intero globo terrestre poiché incapace di offrire una speranza di vita a milioni e milioni di cittadini. Proprio noi che abbiamo subìto umiliazioni inenarrabili, come raccontato dallo splendido film di Franco Brusati: ‘Pane e cioccolata’. Una pellicola degli anni ’70 del secolo scorso, periodo in cui il nostro Paese appariva ancora stracolmo di squilibri e problemi. A quei tempi, produrre un film molto duro e significativo sulla nostra realtà di migranti non fece più di tanto notizia, poiché dipinse una verità data per scontata ormai da secoli. E’ questo il destino dei capolavori profetici: essere troppo in anticipo nel cogliere alcuni elementi che, invece, sarebbero risultati preziosi per osservare dall’interno il fenomeno migratorio. Tornando alle sofferenze del popolo italiano, come non ricordare, inoltre, i milioni di contadini e sottoproletari che sin dalla fine del XIX secolo sono partiti verso altri Paesi e continenti, alla ricerca di un lavoro e di un futuro per i propri figli? Ognuna delle nostre famiglie, se si cerca bene, ha un parente emigrato negli Stati Uniti o in Brasile, in Argentina o in Germania, in Svizzera o in Belgio. Per più di un secolo, proprio gli italiani sono stati il popolo migrante per antonomasia. Noi che, oggi, ci ritroviamo impegnati in una terrificante ‘conta dell’orrore’ tra centinaia di corpi nudi, riversi sulla banchina del porto di Lampedusa. Manca, da sempre, una normativa efficace sul diritto di asilo. E ci siamo, invece, ‘arroccati’ sul versante psicologico più labile e timoroso: quello della repressione, dei respingimenti, della clandestinità in quanto reato. Un principio, quest’ultimo, che ha reso i pescatori siciliani e i marinai della marina mercantile dei vigliacchi e che pretendeva, in origine, di trasformare persino i nostri medici in delatori. Potremmo sottoporre un elenco lunghissimo di idee e progetti che, in questi ultimi due decenni, abbiamo proposto, avvertendo chiunque di come si stesse affrontando la questione per il verso sbagliato. Ma le cose sono sempre andate da sé: noi eravamo dei ‘laicisti’, dei ‘mangiapreti’, gente che dorme con il ‘mitra’ sotto al cuscino. Intorno al tema della migrazione, in questi ultimi 20 anni sono state dette tali e tante di quelle assurdità da riportarci alla mente la nota novella di Giovanni Verga del 1878, intitolata ‘Rosso malpelo’, in cui il protagonista, sfruttato e maltrattato da tutti, sfogava ogni frustrazione sul proprio somaro. Allo stesso modo, paure, insoddisfazioni e odio sociale di svariate e putribonde provenienze sono state letteralmente scaricate sui disperati del mondo. Sì, certo: molti italiani, soprattutto al nord, hanno lavorato duramente e, oggi, possiedono quattro soldi e tutto il diritto di vivere una meritata serenità. Ma il denaro e la ricchezza vanno anche gestiti con equilibrio e signorilità: non sono cose per tutti. Intorno a ciò, mi sono spesso ritrovato d’accordo con gli amici liberali e la loro visione ‘elitaria’: la gente deve guadagnare il ‘giusto’, poiché lasciare che tutti si arricchiscano significa soprattutto far avanzare socialmente dei piccolo borghesi irresponsabili, facilmente preda dei propri deliri di onnipotenza, inconsapevoli di danneggiare se stessi e il prossimo. Ma il nostro sviluppo economico è stato così forzatamente accelerato e carico di squilibri che i piccolo borghesi, a un certo punto, hanno addirittura preteso di mettersi a far politica. Venne loro sottolineato come il fenomeno migratorio non fosse, più di tanto, arrestabile. Furono avvertiti del fatto che l’introduzione del reato di clandestinità ci avrebbe posti al di fuori del diritto internazionale. Niente da fare: una folle ventata di ignoranza ‘destroide’, puramente propagandista e supponente, si era letteralmente impossessata della mente dei più, rendendoli ciechi, incapaci di comprendere come la ricerca di capri espiatori fosse solamente il segnale sociologico più evidente di una paura pericolosamente strumentalizzabile. Inutile a dirsi: gli italiani comprendono determinate cose solo allorquando ci ‘sbattono’ il ‘muso’. Non possiedono alcuna educazione alla lungimiranza, alla pazienza, a una visione programmatica della vita sociale e collettiva. Un popolo di piccolo borghesi che non provoca neanche la semplice disistima o il più profondo disprezzo, ma un qualcosa di più e di meno, di cui stiamo ancora cercando l’effettiva definizione. Come la mia indegnamente omonima direttrice della ‘Padania’, la quale ha recentemente denunciato, dalle colonne del proprio ‘chiamiamolo’ giornale, una sorta di razzismo ‘alla rovescia’ nei confronti della popolazione stanziale del nord’Italia. Giungendo, a suo modo, assai vicina alla verità, ovvero alla nostra proposta di ‘divorare’ il razzismo in quanto ‘razza ideologica’, che ha sollevato problemi e questioni solo per moltiplicarle e aggravarle a scopi puramente elettorali. Lo tenga bene a mente, la collega Lussana: i laici non sono razzisti. Sono ‘cannibali’.



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Marina - Roma - Mail - venerdi 11 ottobre 2013 7.55
Anche i laici "mangiano i bambini" allora... Complimenti per questo articolo. La stimo per il coraggio dimostrato.
Vittorio Lussana - Rome/Milano/Bergamo - Mail - venerdi 11 ottobre 2013 7.51
RISPOSTA AL SIG. MARIO: la ringrazio vivamente per il suo commento che, indirettamente, conferma tutte le tesi esposte nel mio brano circa le condizioni di degradazione antropologica di questo Paese. Cordialità. VL
mario - ravenna - Mail - martedi 8 ottobre 2013 0.5
Sig.ra Cristina mi trova molto in accordo con lei. Purtroppo molti intellettuali in Italia si trovano a dover fare i conti con la propria formazione iper-teoretica perdendo il contatto con la realtà.
Così molti professori universitari vivono “ancora” oggi in un limbo esente dalla quotidianità (nonostante la baronia dovrebbe essere ormai un ricordo della prima repubblica e quindi estinta), dove facile si perdono in grovigli di ragionamenti rapidamente lontani dal punto di vista del cittadino (lecito e sacrosanto), semplice, comune con denominatore pragmatico. Così moltissimi giornalisti…non trovano più il riscontro con spazio e tempo alterando i contatti umani dalla continua autocelebrazione di essere portatori della verità, quella unica verità perchè scritta letta e mai vissuta se non nei propri pensieri manoscritti. Per questi motivi quando si trovano in questi contesti dove il cittadino ogni giorno combatte per la propria sopravvivenza e lamenta una propria lecita insofferenza per un sistema mal gestito come quello dell’immigrazione, ecco subito arrivare, come un treno rapido, il dito all’insù del sapiente buonismo che cela la paura del principio dell’autoritarismo confuso con l’autorevolezza di uno Stato. Sappiamo come è nata la sensibilità per “l’extracomunitario” non certo per fini caritatevoli ma per fini prettamente elettorali in tempi alquanto molto sospetti fine anni ottanta, per poi confondersi e non trovare più controllo contaminando a macchia di leopardo verso il buonismo da quattro soldi che oggi conosciamo dei più dannosi e che hanno e fanno questi danni che oggi piangiamo… Una confusione del pensiero laico che capitola guarda caso nelle fauci legittime della caritatevole cattolicità. Ma su Sigr Lusanna! Non è il tempo di smettere di confondere l’insofferenza del cittadino con il razzismo? Siamo in accordo con il principio della carità..ma “noi emigranti” non certo avevamo sussidi dallo stato ospitante e giammai quella arroganza di richiedere di coprire il crocifisso o di richiedere più privilegi nelle graduatorie degli asili o case popolare…o violentare le nostre donne o addirittura ucciderle mentre si prestava soccorso…e forse farebbe bene a farsi un giro agli sportelli di chi riceve i tanti immigrati che sbarcano in Italia. Si informi cosa pensano dello Stato Italiano e cosa si aspettano dalla Stato Italiano gli immigranti! Certamente come dice Lei non sono tutti uguali..esistoni i buoni e i cattivi…ma come mai da noi arrivano e sono arrivati sempre più cattivi che buoni? Chi li ha fatti entrare?…Ma scusi ! l’estinzione del popolo italiano..che???? quando?...Il buon padre di famiglia si prende cura dei propri figli, per farli crescere e dargli un futuro migliore e sempre alla ricerca della verità che è sempre quella della vita. Quando uno stato si prostra a rendere i propri figli sterili (predicando contro l’eterosessualità) allora sono in accordo con lei che è meglio lasciare spazio a chi ha ancora nelle proprie tavole della leggi (e dovermmo questo imparare dagli extracomunitari) i principi basilari della vita che è la procreazione. Non è la Bossi Fini il problema….sono quei tanti intellettuali che si credono tali perché casta ricca e sempre accorta a difendere i propri privilegi.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - lunedi 7 ottobre 2013 17.57
RISPOSTA A CRISTINA: gentilissima lettrice, non capisco la sua distinzione tra clandestini che delinquono e italiani onesti. Non credo, infatti, che i primi siano tutti dei delinquenti e che i secondi siano tutti onesti e mi sembra un modo piuttosto strano di giudicare un dramma come quello di Lampedusa, in cui sono morti anche tanti giovani e addirittura dei bambini. Se dovessimo ragionare secondo questo modo assai esogeno di giudicare la gente, allora potremmo risolvere anche i problemi degli italiani onesti gettandoli a mare, poiché non si vede come mai si debba abbandonare in mare i primi e aiutare i secondi: le persone in difficoltà, se le si vuole aiutare le si aiuta, a prescindere dalla nazionalità o dai giudizi morali. Oppure, con maggiore coerenza, si ammetta che alla questione non siamo più di tanto interessati. La gente è uguale, tutto sommato, in ogni Paese, a prescindere dalle usanze, dalle culture e dalle religioni: c'è il bello e il brutto ovunque, i criminali e le persone oneste, i buoni e i cattivi. Tuttavia, distinguere la gente in questo modo è come dividere la lavagna del mondo in due categorie, secondo un ragionamento assai banale, che oltretutto lede ogni convenzione e ogni carta internazionale sui Diritti dell'uomo. Diritti che dovrebbero essere al di sopra di ogni distinzione e giudizio. Altrimenti non si è liberali, ma dei semplici giustizieri. Senza neanche averne alcun titolo...
Cristina - Milano - Mail - lunedi 7 ottobre 2013 17.39
Sono contraria a qualsiasi forma di razzismo e condivido il suo pensiero. Tuttavia, a prescindere dagli ultimi accadimenti di Lampedusa, in italia si sta dando, senza alcun controllo, ospitalità a clandestini che per vivere delinquono. Vengono donati soldi e case ai nomadi che contravvengono a ogni legge italiana.
Nel frattempo milioni di italiani onesti si trovano in difficoltà finanziarie senza riuscire ad arrivare a fine mese.
C'è una sostanziale differenza tra i nostri emigranti italiani nel dopoguerra e l'immigrazione odierna, totalmente fuori controllo e pericolosa. Non sono razzista ma molto adirata come cittadina italiana!!


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