Vittorio LussanaIl fenomeno del Movimento 5 stelle è il risultato di tutte le riforme promesse e mai realizzate nel corso della seconda Repubblica. Un immobilismo protrattosi per quasi 20 anni, che oltre ad aver causato un evidente caos dovuto a Partiti politici culturalmente indistinti e in grave crisi di identità ha prodotto un ‘vuotismo’ agghiacciante, in termini di idee e di proposte, intorno a cui risulta difficile, oggi, dar torto a Beppe Grillo e ai suoi ragazzi. Alla luce di ciò, ben chiaro appare come sia divenuto necessario un incontro di alto livello con questa forza politica, al fine di cominciare a tracciare un preciso progetto politico di modernizzazione della società italiana. La questione di una riforma dei Partiti politici, per esempio, non riguarda solamente alcuni aspetti di gestione maggiormente trasparenti di una qualsiasi compagine partitica, bensì anche il tema, assai complesso sotto il profilo storico-scientifico, di riferimenti identitari ancorati a radici autentiche, a tradizioni reali del nostro Paese, le quali, per tali motivi, possiedono ricette realmente efficaci per la risoluzione di numerosi problemi sociali e collettivi. Prendiamo il ‘caso’ del Partito democratico: l’esigenza di una forza politica denominata con un simile aggettivo ha posto sin dall’inizio la questione di una democrazia in quanto valore da difendere, come se qualcuno fosse lì a metterla in pericolo. Ma le cose non stanno affatto così: l’unica certezza di questo squinternato Paese risulta essere, infatti, il dato confortante di una stragrande maggioranza di cittadini che sono riusciti, grazie al cielo, a ‘familiarizzare’ con il concetto di democrazia. Persino i ‘postfascisti’, oggi, sono considerabili pienamente approdati sulla sponda del rispetto delle procedure parlamentari, anche se in una lettura ancora intrisa da qualche elemento autoritario e in una chiave interpretativa ‘retorico-reazionaria’. Gli italiani, comunque sia, a parte qualche caso da ‘ricovero’ hanno più o meno tutti accettato la democrazia: che bisogno c’era di un Partito che si caratterizzasse in quanto detentore esclusivo di una simile forma di governo? Questo esempio, a sua volta, spiega molto bene anche il triste destino di Partiti come il ‘vecchio’ Pri: c’è ancora bisogno di difendere la Repubblica? C’è forse qualche membro di casa Savoia pronto a reclamare una restaurazione del Regno d’Italia? Anche il liberalismo, nelle sue svariate gradazioni e formulazioni, declinate ora con il socialismo, ora il cattolicesimo liberaldemocratico, è divenuto un valore politicamente universale. Ha poco senso, pertanto, tentare di ricostruirne una versione di 'parte'. Il comunismo e il fascismo sappiamo tutti la fine che hanno fatto e il discorso si chiude qui: non c’è neanche più da parlarne. Dunque, i valori politicamente più rappresentabili, nonché dotati di un preciso fondamento storico-scientifico, rimangono quelli del laburismo socialista, del laicismo radicale e del moderatismo conservatore, liberale o cattolico a seconda delle sensibilità e tendenze. La funzione di un movimento come quello delle 5 stelle potrebbe, quindi, rivelarsi funzionale al fine di trasformare l’intero sistema partitico italiano, traghettandoci veramente verso la Terza Repubblica. La sua apparizione sul palcoscenico della politica può infatti comportare, come conseguenza della sua possibile azione parlamentare, una serie di chiarimenti importanti, in particolar modo a sinistra. Tutti i vecchi apparati potrebbero vedersi costretti a far spazio a nuove ‘leve’, fino a rendere possibile una riunificazione di tutte le culture progressiste, vecchie e nuove. Ciò non da subito, s’intende, bensì come conseguenza e risultato di un lungo processo riformatore, capace di far nascere un nuovo grande movimento laburista e operaio rappresentativo del mondo del lavoro, delle arti e delle professioni. Il laicismo radicale, per parte sua, potrebbe risultare fondamentale nel rendere possibile una più dinamica alternanza di governo, garantendo in tal modo la fine di una concezione ‘statica’ della 'forma-Partito' italiana, in cui una configurazione generalmente cattolica della nostra mentalità di fondo concepisce una sorta di strana 'imbalsamazione' ideologica di leadership e di apparati, senza riuscire a stimolarne effettivi ricambi interni, di tipo generazionale ma non solo. Che Silvio Berlusconi, ogni qual volta perde una consultazione si ritrovi sempre uno ‘zoccolo duro’ di consensi tale da giustificare comunque la conferma del proprio dominio personale sull’intero mondo conservatore appare, francamente, un dato discutibile. Dunque, l’idea della determinazione giuridica di un limite preciso al numero di ‘mandati’ e di incarichi politici da ricoprire lungo il cursus honorum di ogni singolo esponente appare quanto mai opportuna. Laburisti, radicali ‘liberal’ e conservatori: questo è lo 'schema' di tutte le democrazie occidentali. Ed è quanto mai palese il fatto che, terminata la propria funzione di ‘pungolo’ del sistema, anche il Movimento 5 stelle dovrà, nel giro di qualche lustro, confluire all’interno di un simile modello strutturale. Ma proprio intorno a questo ‘punto’ si è formato un ‘nodo’ sul quale il movimento di Beppe Grillo mantiene una serie di fondate ragioni: al momento, non appare possibile giungere a compromessi con le forze politico-partitiche attualmente in campo. Un intero ‘mondo’ dovrà dunque decidere di togliersi di mezzo, poiché in questo genere di obiettivi non esistono molti margini di trattativa. Tuttavia, esiste anche un grave limite in questo tipo di recriminazione: i nostri Partiti e apparati politici, fortemente burocratizzati quelli progressisti, schiettamente aziendalisti quelli moderati, risultano indubbiamente indeboliti rispetto al passato. Eppure, essi mantengono una propria forza ‘inerziale’ che potrebbe rivelarsi più coriacea di quanto lo stesso Beppe Grillo non abbia previsto. Una rigidità preposta non solo per resistere a possibili pressioni esterne, ma anche verso ogni possibilità di autoriforma e di trasformazione strutturale dell’intero ordinamento giuridico del Paese. Questo è un dato su cui chiedo al M5S di riflettere con maggiore attenzione, poiché potrebbe relegare questa forza politica verso una marginalizzazione alla fin fine inconcludente sotto il profilo politico-realizzativo. Il patrimonio elettorale raggiunto dovrà essere investito, prima o poi e in qualche modo. Anche perché, in politica il fattore ‘tempo’ non sempre è ‘galantuomo’. Nel momento in cui gli italiani dovessero accorgersi che la loro adesione al progetto ‘grillino’ possa risultare non più di tanto funzionale alla realizzazione di un disegno di società più dinamica e moderna, ciò non darebbe solamente nuovo ‘respiro’ alle forze politiche tradizionali, ma ucciderebbe definitivamente ogni speranza che la politica stessa possa resuscitare in quanto metodo per risvegliare il Paese dal proprio ‘coma profondo’, ovvero per riuscire ad aggredire con efficacia i problemi dei cittadini. Ciò rappresenterebbe, insomma, un gravissimo errore, devastante per il popolo italiano, poiché significherebbe la fine di ogni speranza di cambiamento, la conferma di un’italianità ‘malandrinesca’ e ‘arruffona’, il naufragio definitivo verso quelle forme di dissimulazione utilitaristica e di autentica ‘allergia’ verso ogni genere di legalità che da sempre rendono impossibile la corretta gestione di un problema qualsiasi senza passare attraverso discutibili accordi di basso profilo. Anche Beppe Grillo e il suo movimento stanno rischiando molto. Sulla ‘pelle’ degli italiani, oltretutto. La ‘posta’ in gioco è assai elevata, molto più di quanto non si creda o ritenga. Ed è per questo motivo che ritengo necessario che il Movimento 5 stelle si decida a partecipare, in qualche maniera e secondo le modalità che riterrà più opportune, ai processi di trasformazione necessari per il nostro Paese. Altrimenti, la morale conclusiva sarà una soltanto: quella di aver ‘giocato con il fuoco’ di questioni che non erano - e che non sono affatto - uno scherzo. Giunti a quel punto, ci sarà veramente ben poco da ridere.




Direttore responsabile di www.laici.it e di www.periodicoitalianomagazine.it
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Alice - Roma - Mail - mercoledi 17 aprile 2013 11.31
Ho paura che "quel punto" sia già in arrivo. Bell'articolo.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 16 aprile 2013 11.34
RISPOSTA A SIMONA: gentilissima lettrice, non basta dare voce ai cittadini: serve di più, mi dispiace. Per esempio, una vera cultura di Governo. E fare di tutta un'erba un fascio nel giudicare significa veramente giocare con la pelle dei cittadini, nonostante io condivida molte delle ragioni del M5S. Si è ancora in tempo per trovare una soluzione, se solo lo si volesse. Se invece ci si limiterà semplicemente a 'rigirare' le 'frittate' degli altri, si farà un pessimo servizio al Paese e ai cittadini, che se ne ricorderanno...
VL
Simona - Palermo - Mail - martedi 16 aprile 2013 11.3
Io non credo che il movimento 5 stelle stia rischiando molto o che gioca sulla pelle degli Italani...chi ha giocato sulla nostra pelle e continua a giocare sono le forze politiche con il"cursus honorem di ogni singolo esponente "...lo "zoccolo duro" che i partiti hanno trovato conferma ...la debolezza e la grave crisi di identità....prodotta da un"vuotismo agghiacciante"...non so se possiedono ricette efficaci per la risoluzione dei problemi creati dai partiti ancora esistenti ...ma sono riusciti a dare voce ai cittadini....
Cristina - Milano - Mail - lunedi 15 aprile 2013 16.9
Condivido tutto! Mentre tutti loro perdono tempo prezioso il Paese e' sempre più in crisi. Magari se si "scollassero" dalle poltrone e ascoltassero i cittadini per strada si potrebbero illuminare d'immenso e trovare soluzioni immediate ad un tracollo generale e preoccupante...


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