Antonio Di GiovanniIl Prodotto interno lordo (Pil) è il parametro che indica il ‘passo’ del Paese. In questa fase, esso sta evidenziando una crescita che tende al ‘blocco’: il mercato del lavoro è debole e i consumi ristagnano. E’ uno scenario negativo, quello disegnato dall'analisi mensile del Centro Studi di Confindustria: “La crescita  sarà quasi nulla nel terzo trimestre, dopo che nel secondo si è avuto un aumento dell'1,6% della produzione industriale, concentrato nella prima parte del periodo, che ha originato una temporanea accelerazione del Pil”, si legge nel documento redatto dall’importante centro di analisi socioeconomiche. Gli indicatori qualitativi sono in corale arretramento: le piccole e medie imprese hanno rilevato, in giugno, ordini calanti nel manifatturiero (47,5, minimo da 20 mesi, da 51,1) e nel terziario (47,4, da 50,1). L’associazione di viale dell’Astronomia spiega che all’orizzonte si profilano: “Debolezza della domanda interna, minor forza di quella estera, ripercussioni dalle violente turbolenze finanziarie globali e stretta sui conti pubblici. Per l'Italia, quindi, gli indicatori puntano a una nuova e prolungata fase di variazioni del Pil che saranno molto difficilmente superiori all’1% annuo”.  Il mercato del lavoro e quello dei consumi rimane debole.  Confindustria, infatti,  ricorda come “a maggio il tasso di disoccupazione sia salito all’8,1% (+0,1 su Aprile) e al 28,9% (+0,4) tra i giovani sotto i 25 anni”, mentre a giugno la percentuale di imprese che si attendeva una riduzione del numero di addetti nei successivi tre mesi (17,5%) è tornata a essere superiore a quella di quante prevedevano un incremento (16,0%): un deterioramento che ricalca quello delle previsioni delle aziende sulle condizioni economiche in cui operano. Non a caso”, spiega il Centro Studi di Confindustria, “i consumi risentono delle difficoltà occupazionali e della dinamica dei prezzi al consumo come, ad esempio, vendite al dettaglio e immatricolazioni di auto, che hanno avuto un profilo piatto e la domanda interna, rispetto all’offerta, ristagna. Sul fronte dell’export a maggio le esportazioni italiane sono rimaste ferme del +0,1% in valore su aprile, dopo il +5,4% messo a segno da dicembre ad aprile (dati ovviamente destagionalizzati). Rispetto ai mesi precedenti, le vendite nei mercati fuori Ue sono arretrate (-1,0%) e quelle verso l’Ue sono salite (+1,0%). L'export è aumentato dall'inizio della ripresa a un ritmo mensile superiore a quello tedesco: +1,6% contro +1,5%. Tuttavia, resta del 4,0% sotto il picco pre-recessione (aprile 2008), mentre le esportazioni tedesche in maggio erano del 7,7%, sopra il massimo precedente la crisi. La maggiore durata della caduta (minimo toccato nell’agosto 2009; in Germania nel maggio 2009) e la sua superiore intensità (-31,9% contro il -24,9% tedesco) spiegano il ritardo nella chiusura del gap. Le prospettive, quindi, nonostante la manovra finanziaria, sono negative per i prossimi mesi. Il saldo dei giudizi delle imprese manifatturiere italiane sugli ordini dall’estero è in netta flessione: -17,4 in giugno, da -10,1 in aprile. Le richieste di autorizzazione di cig a giugno sono diminuite del 20,1% su maggio, più del doppio di quanto spiegato da fattori stagionali. Tuttavia, il bacino di lavoro assorbito dalla cassa integrazione sfiora le 340 mila unità, livelli analoghi a quelli dell’autunno 2010. Il ricorso a questo ammortizzatore è particolarmente ampio nei settori dove la produzione è ferma molto al di sotto dei livelli pre-recessione”. Si amplia, inoltre, il disavanzo commerciale con i Paesi fuori dall’Unione europea, passato da -1,4 miliardi di giugno 2010 a -1,5 miliardi dello stesso mese del 2011. Lo comunica l’Istat, diffondendo la stima preliminare del commercio estero con i Paesi fuori dai confini dell’Ue. A giugno, le esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue risultano stabili rispetto al mese precedente, mentre le importazioni calano del 2,2%. Nell'ultimo trimestre (aprile-giugno) la dinamica è positiva, rispetto al trimestre precedente, per le esportazioni (+1,6%) e negativa per le importazioni (-0,5%). La crescita tendenziale, invece, si mantiene su tassi positivi, pressoché simili, per importazioni (+8,1%) ed esportazioni (+7,8%), ma risulta in marcato rallentamento rispetto ai mesi precedenti. Non si può quindi parlare di ripresa economica. E nemmeno di misure atte a frenare il fenomeno di recessione. Così come non si può certo affermare che si possa effettivamente dar luogo a tutto ciò. Sembra evidente, da parte dei politici, la voglia di mantenere la situazione cosi com’è per continuare a ‘campare alla giornata’, piuttosto che proporre, finalmente, una nuova riforma fiscale che garantisca al povero e al ricco la stessa dignità  di vita, seppur economicamente diversa.


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