Vittorio LussanaL’Italia sta marcendo nell’egoismo, nella stupidità, nell’incultura, nel pettegolezzo, nel moralismo, nel conformismo. Essere laici, liberali, socialisti non significa nulla allorquando manca quella forza morale capace di vincere la tentazione di essere partecipi a un mondo che funziona solo apparentemente. Non occorre essere forti per affrontare la povertà di spirito nelle sue forme più ridicole. Ma occorre essere fortissimi per contrastarla in quanto fattore di normalità, come codificazione mondana del fondo brutalmente egoista di una società. Perché tutto questo? Perché l’economia globalizzata non è nient’altro che un potere fondato su uno sviluppo tecnologicamente avanzatissimo. Ciò darà un colpo di spugna definitivo al nazionalismo, al clericalismo e a tutti i vecchi ideali, poiché è in corso una sostituzione di valori e di modelli sulla quale grande peso hanno i mezzi di comunicazione di massa. In primo luogo, la televisione, che non ha saputo reagire, per questioni di mero ‘parassitismo’, al potere politico più visionario e propagandistico, restituendo all’immagine il primato assoluto. La nostra cultura televisiva è riuscita nell’alchimia di sublimare i contenuti con l’estro della forma. Gli slogan sono stati elevati a poesia. E la tensione viene esasperata da violenti polemiche e contrappunti che sembrano fondersi in un abbraccio con immagini insulse e perverse. Che Berlusconi intendesse scatenare le sue abilità comunicative per concepire una politica imperniata sull’uso del marketing, lo si era capito sin dal 1994. Ma il codice che aveva imposto la sua televisione, negli anni ’80 del secolo scorso, edulcorata e assai poco corrispondente alla realtà, è stato addirittura soppiantato da una concezione puramente percettiva della democrazia, della rappresentanza politica, della condivisione dialettica di pareri e contenuti, immergendo il Paese nel ‘vuoto’ dello schematismo generalista fautore di una società immobile, falsa, indifferente, perennemente impegnata a perpetuare se stessa. Una televisione frutto di una cultura ‘statica’ non può esimersi dal raccontare un Paese che non esiste più, si lascia persino sorprendere dai fatti che accadono ogni giorno, perché non riesce ad avere un’ottica interpretativa della realtà che non sia superficialmente rarefatta nel proprio ideologismo omologativo. Il risultato è la stupidità elevata a regola, poiché ci si limita a raccontare una notizia qualsiasi senza approfondire veramente temi e problemi, rifiutandosi di andare alle vere cause generatrici degli avvenimenti, agli atti che hanno determinato i fatti. Riportare verità ufficiali è tipico dei regimi: su questo non ha del tutto torto chi ha accusato l’avvento del ‘berlusconismo’ come una forma di assolutismo, di arretratezza culturale, di scarso spirito di indagine. Il conservatorismo, in quanto concetto politico, non è affatto effimero, non è un estremismo ‘travestito’ da moderazione, non è il tentativo di plasmare una società nell’incultura, nell’indifferentismo, nell’incapacità di analisi. Il conservatorismo è una cultura politica seria, vera, in cui si difendono dei valori e delle tradizioni. Al contrario, la cultura televisiva di questi ultimi 15 anni ha preteso di svuotare ogni cosa, anche quei valori che si credevano culturalmente fondanti, risolvendo qualsiasi questione e qualunque movenza di fondo della società nell’accettazione supìna di ogni contraddizione, di ogni genere di scherno, nella presa in giro come principale metodo e metro di comportamento, nel divertirsi a offrire del mondo un’ottica paradossale, morbosa, distorta. Tutto e tutti possono essere derisi, persino i grandi problemi dell’umanità. Ma non possiamo non riconoscere il presupposto completamente folle di chi è convinto di poter mescolare ogni verità a proprio vantaggio, di chi rimane abituato a concepire la vita come una competizione scorretta, completamente anarchica nel suo credersi al di sopra di ogni regola. Anche in questo si nota l’avvenuto passaggio di regime, niente affatto paragonabile a quello della prima Repubblica. Non si discutono i cardini garantisti dell’ordinamento giudiziario italiano. Ma anche questo genere di problemi non possono essere risolti con accuse generiche, con l’idea, assolutamente ‘piatta’, che chiunque indaghi, magistrato o giornalista che sia, possa esser mosso da un presupposto sospettoso o malevole. La ricerca della verità può infatti giungere a riscontri inaspettati, che possono risultare sconvenienti anche alle ipotesi più ciniche e accidiose. Ma ciò accade soprattutto allorquando la cultura complessiva di una società riesce ad affrancarsi dai pregiudizi, al limite modificando il sistema stesso delle regole, che costringe sia chi indaga, sia chi è indagato, a generici sofismi interpretativi tesi a manipolare sempre e comunque la realtà. Nel sistema giudiziario americano, per esempio, è prevista una cauzione per l’imputato in attesa di giudizio. Ciò garantisce che una persona inquisita non sconti una pena ‘prima’ che venga emessa una sentenza, ma solamente dopo. Qui da noi, invece, avviene esattamente il contrario: si possono subire provvedimenti restrittivi in attesa di un processo, per poi ritrovarsi facilmente scarcerati in seguito, spesso anche se giudicati colpevoli di un delitto. Il sistema è dunque falsamente garantista, poiché, in realtà, rimane inquisitorio così com’era stato impostato dal fascismo. Ma anche il sistema difensivo, quegli stessi studi legali che si occupano di assistere coloro che sono accusati di un reato, si sono adeguati all’impronta generalista del sistema italiano, specializzandosi nel tatticismo, nella ricerca del cavillo giuridico, nel ‘temporeggiamento’ opportunistico, nell’aggiramento manipolatorio delle norme. E’ una concezione ‘statica’, inattiva e inattuale della giustizia, quella che vige nel nostro Paese. E ciò vale tanto sul fronte accusatorio, quanto su quello della difesa civile e penale, che ci ha abituato tutti ad accettare, per pura pigrizia mentale, il malfunzionamento dell’ordinamento, anche se sappiamo tutti che esso è falsato, manipolato a piacimento da ciascuno dei soggetti in causa. Ciò sottolinea l’irresponsabilità di fondo di una società che finge di preoccuparsi della condizione giovanile o dei nuovi problemi migratori che stanno investendo l'intero mondo, poiché ognuno di noi, in realtà, rimane impegnato soprattutto a nascondere le proprie ‘magagne’ e inettitudini, a difendersi dalle manchevolezze senza mai voler ammettere un errore, anche se si trattasse solo di mera sottovalutazione, di pura superficialità. Perché siamo, appunto, immersi ogni giorno nella superficialità, in quel suo abbraccio rassicurante che ci insegna a vivere in fuga dalla realtà portandoci a ragionare sull’altrove, a sognare vite facili, basate su scorciatoie che subordinano ogni questione attraverso minimizzazioni rassicuranti. Culturalmente, questo rimane un modo di respingere la realtà, non di affrontarla, come quel famoso parroco di ‘manzoniana’ memoria che preferiva spostare con il piede quei sassi che incontrava sul proprio sentiero al fine di evitarli, invece di scavalcarli. Ma un Paese di don Abbondio, con una cultura vuota di ogni sostanzialità, una televisione per ‘allocchi’ e un sistema di regole ormai inesistente, in cui vale tutto e il contrario di tutto, a un certo punto non potrà non rendersi conto, anche semplicemente per inerzia, che non può continuare a credere di poter affrontare ogni cosa mediante stucchevoli ‘giri di valzer’: qualcosa dovrà pur esser preso di ‘petto’, prima o poi. Sempreché non si voglia diventare definitivamente gli ‘zimbelli’ dell’Europa e del mondo.


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maurizio - italia - Mail - giovedi 16 giugno 2011 14.15
l sig. Paolo si riferiva al mio intervento. A quanto pare l'articolo di oggi di Veneziani sul Giornale conferma l'empas in cui riversa l'italia. L'italia "vomitevole". Tutto conferma come dal 92 a oggi, per quanto l'intervento finale dica il contrario, non si è ancora placato e risolto l'attrito ideologico. Quello sempre e comnque che parte dall'inizio del 900 perpetuandosi oltre la seconda guerra mondiale. I luoghi comuni citati dal sig. Paolo sono diventate fin troppo vere anche se estrapolate dalle pagine di Topolino.
Sfido chiunque però a non pensare diversamente! Se dalla tv senti dire erroneamente la sequenzialità mussolini, craxi e berlusconi scagli la prima pietra chi è senza peccato! TUtti accumunati come ladri e assassini ( ricordo di pietro paragonare berlusconi a hitler!) Una contrapposizione poco sana e poco veritiera visto che anche Mussolini è stato uno dei più grandi falliti assassini dell'europa totalitaria.
Comunismo e fascismo, dx e sx, conservatori e progressisti, laici e cattolici, gay e eterosessuali, ladri e onesti, nuclearisti e ambientalisti. Tutto nello stesso minestrone. Che sia il bipolarismo a portare tutto questo? Nulla di più facile nella malsana contrapposizione del gioco politico, fazioso e sporco, che invece di dare sturmenti costruttivi usa le armi della gioiosa euforia distruttiva. Vogliamo negare lo spietato giustizialismo delle tv di sx che ha sempre usato l'accanimento mediatico su craxi e adesso su berlusconi? la contrapposizione dell'onesto e disonesto, il ladro onesto e chi ha rubato ladrando sono sofismi che fanno comprendere il luogo comune che muove le anime arrabbiate alla ricerca di una ideologica pulizia etnica.
Faccio appello a voi scrittori che ciò che dite, con legittimi finissimi intellettualismi e nozioni storiche spesso non appropriate, ha in se il gene, involontario o meno, della condanna a priori, nella ricerca del capro espiatorio per dare ragione a questa "Iatalia vomitevole". Non è forse questa contrapposizione acida che porta a non distinguere più i riquadri delle storie di topolino con quella della realtà? Vedo solo che per prendere la bastiglia berlusconiana nell'ideologia marxista non fa differenza quali mezzi vengono usati per raggiungere il risultato. Vi avverto che stiamo ormai dentro a una curva di uno stadio. Tutt'altro ambiente del bouleterium greco dove si discuteva della Polis.
Da una parte chi attacca con ferocia brutale autodefinendosi dalla parte giusta: delgi onesti, magistratura, quelli di sinistra. Dall'altra chi si difende dalla ferocia dell'attaco, accusati di ladrocini, corruzione illiberali, alla stregua di hitler.
Siamo proprio sicuri che stiamo andando nelle direzione giusta?
Vittorio Lussana - Roma - Mail - giovedi 16 giugno 2011 1.15
RISPOSTA AL SIG. PAOLO: credo che lei si sia confuso e abbia scritto un commento destinato ad altro brano. Non saprei, dunque, cosa risponderle, poiché mi appare palesemente un punto di vista riferibile addirittura ad altro autore. Cordialmente. VL
paolo - Italia - Mail - mercoledi 15 giugno 2011 23.36
"coraggioso imprenditore?"
Dio mio, come ci siamo ridotti.
Il coraggio sta da altre parti, nei magistrati che hanno pagato con la propria vita la lotta alle mafie invece di andarci a braccetto, ad esempio; non in chi ha fatto del ladrocinio il proprio fattore critico di successo.
Per tua info, nella Prima Repubblica il coraggioso imprenditore ci ha sguazzato in tutti i modi possibili e immaginabili, arricchendosi a dismisura rubando dovunque potesse, grazie all'appoggio (retribuito) di chi aveva la medesima idea di politica che così bene ha poi impersonato lui nella cosiddetta seconda repubblica, che è peggio della prima anche e soprattutto grazie al taglio che è riuscito a darvi il coraggioso imprenditore.
Ti ricordo che un certo signor Craxi ha permesso al tuo coraggioso imprenditore di arricchirsi vertiginosamente come costruttore segnalandogli e facendogli comprare terreni non edificabili a 10 lire che poi magicamente diventavano tutti buoni per costruirci case e ne valevano di colpo 100.000.
Di cosa stiamo parlando?.....
Qua la questione non è sinistra o destra, comunismo o fascismo: bisogna decidere se stare dalla parte di chi ruba nei supermercati o di chi li ha costruiti rubando.
maurizio - italia - Mail - mercoledi 15 giugno 2011 12.24
Il qualunquismo critico lo intendo allo stesso modo in cui si intende quando si parla del populismo berlusconiano.
Trovare nel berlusconismo e nelle sue televisioni il gene del malessere di questa società è assolutamente qualunquismo critico. La scuola non è stata distrutta dal berlusconismo, tantomeno i valori sociali e la qualità dell'istruzione che sono l'eredità precedente alla scesa in campo del coraggioso imprenditore. Chi si ricordasse prima dell'avvento delle tv berlusconiane non c'era tanto da scegliere nel palinsesto delle frequenze. Troppo facile scaricare le proprie responsabilità all'ultimo venuto. La prima Repubblica ha costruito ricchezza per la propria generazione fregandosene del futuro delle altre, ladrando, abbassando la cultura e il livello del rispetto i qualsiasi istituzione democratica. Aiutata dal'idoelogia antimeritocratica e populista del comunismo. Ma qui chi vuol intendere intenda. Fino a prova contraria oggi siamo arrivati a quello che le radici marxiste hanno sapientemente ramificato fino a soffocare il paese. Siamo arrivati a gioire per la regressione economica e sociale tramite la bufala del referendum. Si gioisce al ritorno a breve di un nuovo medioevo. Poco importa se l'incoerenza è diventata valore fondante dell'opportunismo spicciolo a scapito dei valori di coerenza e lealtà. Dimenticarsi le instabilità dei governi e immobilismo legislativo della prima Repubblica è sport alquanto in voga per trovare la strada per riappropiarsi del potere della piazza attraverso i conflitti televisivi e della carta stampata. Trovo alquanto pericoloso che rispettabili intellettuali non aiutino ad abbassare i toni. Anzi. Sembra che la partita si giochi proprio sulla comunicazione visto che c'è la parte che attacca e quella che si deve sempre difendere. Dico io ! se il popolo accetta di seguire la strada del sucicidio anche questo fa parte della democrazia. Ma io non ci sto!
Regina - Fano(PU) Italia - Mail - mercoledi 15 giugno 2011 9.9
Bellissima analisi! Occorre sottolineare che il circolo vizioso di superficialità ed apparenza è sostenuto dall'Istituzione scolastica: oggi si mandano avanti, promuovendoli a pieni voti, ragazzi che appena appena riescono ad interloquire con l'insegnante, che studiano solo quello che vogliono, che non conoscono che cosa sia la critica e l'approfondimento. Tutto questo perché la massa è promossa, anche se manca dei più elementari requisiti: parecchi ragazzi sono alle Superiori, senza saper leggere nè scrivere! Quale esempio avranno auto dagli insegnanti? Non lamentiamoci se, poi,ci ritroviamo una società sbandata e pressappochista!


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