
Intervista al presidente della commissione Giustizia del Senato della Repubblica in merito alla Legge costituzionale n. 253 del 30 ottobre 2025, di recente promulgazione, che saremo chiamati a confermare in primavera tramite referendum
Nei giorni scorsi, la Corte di Cassazione ha accolto le quattro richieste che alcuni parlamentari, di maggioranza e di opposizione, hanno presentato per poter celebrare il referendum sulla riforma della giustizia. La consultazione si terrà all’inizio della prossima primavera, in base alle tempistiche consentite dalla legge. Il primo firmatario della riforma è il ministro della Giustizia, Carlo Nordio. Ma chi ne ha seguito, passo per passo, il lungo iter parlamentare è stato il senatore Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Palazzo Madama.
Senatore Zanettin, la riforma di modifica del titolo IV della Costituzione, che prevede la separazione delle carriere tra magistrati requirenti e giudicanti, presto sarà posta al vaglio dell’elettorato: perché era così importante questa legge costituzionale per la maggioranza di centrodestra?
“Perché per Forza Italia è il coronamento di un percorso storico: quando Silvio Berlusconi scese in campo, più di trenta anni fa, egli pose proprio la riforma della Giustizia tra i punti fondamentali del programma elettorale dell’intera coalizione di centro-destra. Dopo la riforma del giusto processo, con la separazione delle carriere tra giudice e pubblico ministero, finalmente avremo un giudice terzo e imparziale, equidistante dall’avvocato e dal pubblico ministero. Un po' come si vede nei film americani”.


Come è ormai accertato, il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, nel voler dar forza alle tesi del 'No' alla riforma della giustizia, ha letto dal suo telefonino, ospite in diretta televisiva da Giovanni Floris, un'inesistente intervista di Giovanni Falcone contraria alla separazione delle carriere. Un 'fake' bello e buono, non vagliato, né verificato e poi giustificato dicendo: "Me l'ha girata una persona seria". Questo episodio increscioso accade mentre, da notizie di stampa, si apprende che il dottor Gratteri, nell'esercizio delle sue funzioni e sulla scorta di indizi e prove da lui raccolte, dal febbraio 2017 al settembre 2023 ha ottenuto la carcerazione cautelare (detenzione in carcere prima del processo, ndr) per 1121 persone. Di queste, sempre da notizie di stampa, 423 sono state già assolte. Una parola è poca e due son troppe. Absit iniuria verbis.


Lo scorso 10 novembre, due ragazzi della residenza universitaria Don Bosco, Corrado Piva e Luigi Manca, hanno raccontato la loro esperienza durante la missione in Tanzania, per il 150esimo anniversario della prima missione salesiana. La testimonianza, presentata nello studentato universitario, ha avuto la forma di un’intervista collettiva 'doppia', introdotta da un video sulla prima missione voluta da don Bosco, in Argentina, nel 1875. Il racconto dei due salesiani è stato accompagnato dalle foto degli eventi salienti di quest’ultima. Per prima cosa, Luigi e Corrado hanno spiegato i motivi che li hanno spinti a partecipare alla missione: entrambi hanno affermato di volersi mettere a disposizione del prossimo, in un contesto dove l’aiuto era necessario e di voler riflettere su loro stessi.




Che si tratti di bambole scucite, trottole rotte o marionette dai fili spezzati, all’ospedale dei giocattoli rotti c’è posto per tutti. E' qui, tra stanze immaginarie e strumenti poetici, che i giocattoli feriti vengono 'curati', perché ogni pezzo torni al suo posto. Il 14, 15 e 16 novembre scorsi, al Teatro San Giustino di Roma, è andato in scena, per la prima volta, con scenografie immersive ‘L’ospedale dei giocattoli rotti’: un ‘Larp’ (live action role playing, ndr) ideato e diretto da Martina Montenegro e portato in scena da una residenza artistica tutta al femminile, con Alessandra Muschella per le scenografie, Elena Bianco per le illustrazioni e Arianna Ferrara Gennari, in arte Echo, per le musiche originali. Insieme hanno costruito un percorso esperienziale che mescola scrittura, arti visive, sound design e teatro immersivo, trasformando il gioco in un viaggio di empatia e rinascita. Nell’ospedale dei giocattoli rotti, ogni partecipante interpreta un personaggio, ma anche se stesso: attraverso una trama aperta e condivisa, si esplorano le ferite interiori, le fragilità e le possibilità di guarigione. Un racconto corale, che ha saputo unire introspezione e partecipazione dentro e fuori la scena. “Abbiamo voluto esplorare il Larp come strumento d’empatia”, spiega Martina Montenegro, “uno spazio in cui, conoscendo noi stessi, impariamo a comprendere meglio gli altri. L’arte può restituire alla fragilità la sua dignità, offrendole un luogo sicuro e condiviso”.

36 anni fa, nel mese di novembre del 1989, veniva abbattuto il muro di Berlino: una costruzione simbolo di un mondo diviso tra l’ovest democratico e l’est comunista. Il politologo atatunitense, Francis Fukuyama, parlò di “fine della Storia”, interpretando i fatti berlinesi come la vittoria delle democrazie liberali e la fine di conflitti ideologici. Dopo mesi di pacifiche proteste, finalmente quella parte della Germania venne liberata e quell’indimenticabile momento rappresentò la spinta per la caduta di altri regimi dittatoriali europei. Da quel giorno, l’Europa si unì al grido di libertà e democrazia: sembrava l’inizio di una forte coesione tra gli Stati-membri, saldati insieme dall’idea di combattere contro ogni forma di oppressione e discriminazione. Pochi anni dopo, il Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) individuò i pilastri dell’Unione europea: la politica estera e di sicurezza comune (Pesc); la cooperazione in materia di giustizia e affari interni (Gai); l’unione economica e monetaria, nonché la trasformazione della Cee (Comunità economica europea) in Ue (Unione europea). Insomma, l’Europa si avviava verso grandi riforme che avrebbero dovuto rafforzare l’unione tra tutti gli Stati-membri. Furono anni lunghi e difficili, che plasmarono la coscienza europea come mai prima di allora. L’illusione di vivere in pace e nella stabilità venne meno dopo soli 12 anni: l'11 settembre 2001, con l’attentato alle Torri gemelle di New York. Questo tragico evento scosse il mondo, provocando uno sconvolgimento geopolitico: la paura del terrorismo e la vulnerabilità degli Stati Uniti portarono a un senso di disorientamento sia in America, sia tra i Paesi alleati.

Durante l’ascolto di 'Layers', il tempo sembra arrestarsi. E' come se il pianoforte di Fabrizio Paterlini parlasse, sommessamente, con la dolce urgenza di chi vuole raccontare ciò che accade mentre accade. Da venerdì 14 novembre, l’album è disponibile in digitale, pubblicato da Memory Recordings (sotto licenza esclusiva a Believe, ndr) e segna un punto di svolta nella carriera del pianista mantovano, che da oltre quindici anni ipnotizza con la sua musica capace di coniugare intimità e vastità, silenzio e respiro. Con 'Layers', questo artista sceglie la via più coraggiosa, quella di abbandonare il controllo. “Per la prima volta “, ha raccontato Paterlini, “non ho scritto le parti degli altri strumenti. Ho voluto che Marco Remondini e Stefano Zeni potessero trovare la loro voce, la loro sensibilità. Era il modo più onesto per raccontare l’interazione dal vivo”. E così, tra pianoforte, violino e violoncello, il disco prende forma in tempo reale, strato dopo strato, come una conversazione fatta di intuizioni, esitazioni e improvvise armonie. Le dieci tracce, da 'Simpler' a 'Nervous', passando per la vertigine lirica di 'Vertical Limit' e la malinconia sospesa di 'Silent Remains', nascono da sessioni di 'live-looping', dove ogni suono si deposita come un velo di luce sopra il precedente.