Antonio Di Giovanni

Ormai da alcuni anni ho cominciato ad osservare un particolare atteggiamento mentale alquanto ‘subdolo’ e sfuggente nella nostra società, in larga misura e sempre più spesso anche nelle relazioni quotidiane, nella dimensione pubblica e privata e anche nella sfera politica, tanto da identificarlo come un vero fenomeno in crescita a vasto raggio. Si tratta di una sorta di ambiguità del pensiero che consente a livello individuale e collettivo di eludere le proprie responsabilità e le proprie scelte. Ovviamente, non intendo parlarne in toni seriosi e scientifici, ma limitarmi ad evidenziare una piccola falla del sistema pensiero. Piccola, ma non per questo innocua, perchè in fondo si tratta di un segnale di carenza morale: il pensiero cosiddetto della malafede o dell’ambiguità come di recente è stato definito dagli psicologi. Come ho già detto, tali mie considerazioni partono da un ‘fermo – immagine’ dell’attuale società teso ad analizzare gli atteggiamenti concettuali di soggetti che sembrano far convivere dentro di sè aspetti fortemente contraddittori del proprio pensiero, senza tuttavia manifestare alcun conflitto o disagio. Tale particolarità si delinea sopratutto in ordine a codici morali, codici etici e ideologie proclamate che sono, però, in netto contrasto con i comportamenti concreti. Tra l’altro, la contraddizione tra il dire e il fare tra l’essere o non essere, che appare spesso vistosa agli occhi di un osservatore esterno, non sembra neppure sfiorare la coscienza di questo tipo di persone: essi ne sono semplicemente inconsapevoli. Voglio precisare con ciò, che non intendo proporre un’astratta condanna per questo tipo di debolezze. Anche perché la maggior parte di esse potrebbero possedere valide spiegazioni o, per lo meno, delle giustificazioni: nessuno può erigersi a giudice senza macchia delle umane miserie. Tuttavia, il mio sconcerto nasce, piuttosto, nel constatare in questi atteggiamenti una sorta di ingenuità mista ad arroganza, che a volte si diffonde all’interno della nostra società come una sfida e che si traduce col proclamare ideali, moralismi e norme di giustizia che, in ultima analisi, vengono continuamente e sostanzialmente disattesi. Questo sta accadendo a livello individuale e collettivo, nel lavoro come nella politica, nell’amicizia come nell’amore, in pratica in tutti quei rapporti di natura sociologica in cui l’essere umano si confronta con un suo simile evitando il conflitto, il senso di colpa, la fatica della coerenza e lasciando altresì convivere dentro di sé molteplici aspetti. In politica, ad esempio, l’ambiguità è divenuta una protezione, una dimensione che, in qualunque situazione, è in grado di giustificare determinate scelte, al fine di nascondere gli aspetti più evidenti delle contraddizioni ed eludere ogni verità interpersonale: una sorta di strana etica 'fai da te' tendente a sconfinare nella patologia. In un quadro sociale di questo genere, questi atteggiamenti subdoli nascondono, seppur minimamente, piccole falle di pensiero non del tutto innocui e in grado di contaminare i legami sociali e le stesse regole di convivenza civile, minando la fiducia tra i singoli come tra i gruppi organizzati, i cittadini e le istituzioni. In sostanza, non vi sono più vittime e carnefici, ma solo ‘vittime di turno’, a seconda di chi in quel momento esercita la propria ambiguità, in un dissimulare lieve, al limite tra coscienza e incoscienza, nel quale l’inganno viene escogitato, in realtà, soprattutto verso se stessi...


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