Mille anni fa i
Rishi, i saggi che potevano vedere oltre le apparenze, si rifugiavano nelle foreste
dell’India alla ricerca di quella che loro chiamavano la
‘verità assoluta’. Cercavano, cioè, una comprensione profonda del
sé e
dell’universo, che gli avrebbe dato l’opportunità di essere il ricettacolo adatto a ricevere e a trasmettere le pratiche che li avrebbe aiutati a trovare
l’illuminazione — il
samadhi - e a ottenere la liberazione dal ciclo delle reincarnazioni — il
samsara. Così, in un luogo
‘spartano’, sicuramente molto meno ricercato dello
studio yogico odierno, ha inizio la pratica dello
yoga, attraverso l’attenta osservazione del mondo esterno e del suo eterno riflesso all’interno di ognuno di noi. Nel corso di questa lunga esplorazione del
sé, l’essere umano scopre nella pratica e nei testi sacri diverse strade percorribili, per individuare le varie possibili risposte individuali al dubbio esistenziale per eccellenza:
“Chi sono e perché sono qui”? Questa indagine viene portata avanti da
pochi, inizialmente, ma nel tempo troverà un gran numero di
seguaci, data la sua rilevanza umana. In pochi secoli, persone da ogni dove iniziano a formarsi per diventare insegnanti di questa
pratica millenaria, lo
yoga, portandola a città e paesini di tutto il mondo. Da questo momento in poi, parte una
nuova ricerca, apparentemente differente dalla precedente, che rispecchia le necessità dei nostri tempi, ma che nel fondo ci riporta sempre alle stesse
inquietudini interiori e
dubbi esistenziali. Lo
yoga, oggi, è praticato spesso per il
benessere fisico, per poi andare più
in profondità nell’ambito mentale e, successivamente, quando si è trovato l’equilibrio nei primi due strati del
sé, si entra nell’aspetto più sottile e
spirituale della pratica. Comprendere tutto questo, specialmente se si pratica
yoga, oggi è importante più che mai, dato che questa ricerca interiore è diventata una attività
ampiamente diffusa: lo si pratica nelle
palestre e nel bel mezzo della
frenesia quotidiana, per trovare, forse, un’ora di
pace interiore. Oppure, seguendo un video su
YouTube di venti minuti tra una pausa e l’altra, per poi ripartire e rientrare nella quotidianità. I
Rishi, ovviamente, non avevano niente di simile ai
social, tra l’altro distrazioni per la mente. Ma oggi, le voci e i canali per avere la possibilità di raggiungere e comunicare con le persone passano attraverso i
mezzi moderni. Non vi è
niente di male in tutto questo. Tuttavia, avere la consapevolezza che la diffusione su grande scala può avere delle
conseguenze — non solo nel mantenere intatta la
tradizione dello yoga, ma anche nella messa in pratica della disciplina stessa, perdendo molti dei suoi
benefici — serve a renderci più
consapevoli, a imparare dai saggi e a scoprire cosa lo
yoga ha da offrirci, rendendoci più critici nel momento di scegliere la nostra pratica e a
non mercificare qualcosa di prezioso per l’umanità intera. Cosa c’è in comune tra lo
yoga che pratichiamo oggi e quello degli
antichi saggi? Probabilmente
poco. Ma questo
non lo svaluta: lo
yoga è nato con l’umanità e, in quanto tale, evolve con essa. Noi cambiamo e lo
yoga, in parte, muta e si adatta a noi, portandosi dietro il nucleo della sua
energia e la
memoria ancestrale dei saggi, che rimane intatta affinché il praticante sincero che si avvicini a questa disciplina possa iniziare, anche senza saperlo, la propria ricerca verso il
sé e la realtà che ci circonda. La prossima volta che distendete il vostro
tappetino, ripensate a questo e cercate di iniziare a costruire quel
‘ponte’ con voi stessi, che vi porterà al
benessere che state cercando. Questo è
yoga.