Arianna De SimoneIl 'Gruppo Danza Oggi', fondato da Patrizia Salvatori ben 45 anni fa, è un vero e proprio vanto italiano all'estero: fin dal 1987 esporta il ‘Made in Italy’ culturale in tutto il mondo, dalla Finlandia alla Svizzera, dalla Germania alla Corea del sud, passando per Malta, Egitto, Grecia, Cipro e Portogallo. L'ultimo successo internazionale è targato 2022, con l'importante presenza all’Expo di Dubai e con il progetto ‘Beauty in the beauty’, che noi di Laici.it abbiamo potuto ammirare il 4 e il 5 febbraio scorso presso il Teatro Furio Camillo di Roma. Ed è di bellezza, danza, televisione, ma anche delle nuove ‘call’ lanciate da Gdo, che abbiamo voluto parlare con la fondatrice del gruppo, Patrizia Salvatori, che ci ha gentilmente concesso questa intervista.

Patrizia Salvatori, il 'Gruppo Danza Oggi' punta molto sulle nuove generazioni e i loro linguaggi: quali pensa sia il genere che più li rappresenta?
“Di solito il cambiamento è nel Dna del mondo giovanile, ma le condizioni attuali lo ‘sfamano’ con elementi poco utili alla loro crescita e negano il cibo dell’anima, che è indispensabile. Creare opportunità è un modo di ‘fare qualcosa’: se un giovane sente di doversi mettere in gioco, l’innovazione e la crescita di tutti noi sarà più vicina”.

Il 'Gruppo Danza Oggi' ha una grande storia, in ambito internazionale: quanto e come è stato influenzato dalle esperienze all'estero?
“Direi moltissimo: io sono nata all’estero perché mia madre, laureatasi a Cambridge, venne inviata come interprete presso il Tribunale di occupazione in Africa. Ho sempre ritenuto essenziale il rapporto con il mondo oltre confine, per crescere e tornare arricchiti. Appena abbiamo potuto, siamo riusciti a partire con tutta la compagnia nel 1987: fu una grande emozione. Io, tra allestimento e prove, non vidi praticamente nulla della Finlandia, ma quella esperienza aprì tanti percorsi. Da allora, abbiamo potuto organizzare tanti viaggi d’impegno sociale sul territorio, laboratori e residenze creative che sono diventati crogiuoli di culture, idiomi, creatività. Ogni volta si torna esausti, ma sazi di bellezza: il riposo dura poco e, appena possibile, si riparte. Sicuramente, questa predisposizione, accanto alla capacità di operare in rete senza non avere timore dell’altro, anzi cercando di far integrare aspetti e percorsi delle altre culture, diventano un ‘must’, una sorta di ‘manuale Cencelli’ che ci assicura di vivere ogni esperienza come una crescita professionale. Si ingegna e si impara: è questo il bello. Ritengo formativo il confronto-incontro con le altre culture, che nel campo artistico è indispensabile per aprire la testa e il cuore. Si fatica ma si cresce ogni volta”.

Per il 2023 avete annunciato nuove ‘call’ per danzatori: cosa state cercando e come funzionano i criteri di selezione?
“Per noi è fondamentale offrire nuove opportunità: l’idea è quella di sollecitare creatività e autostima nei giovani, ma non il narcisismo, che aiuta poco. Poi, se lungo la strada troveremo qualcosa di particolare, accadrà come per la proposta ‘Equilibrio’ di Ilenja Rossi, che ci ha fortemente interessati con tutto il suo lavoro, consentendoci di fare un'importante tournée in Corea, oltre a tanti momenti anche in Italia. Per la selezione del video-concept motivazionale, moltissimo conta il confronto col pubblico, soprattutto a teatro”.

Cosa ne pensate dei programmi televisivi che parlano e mostrano la danza accendendo anche dei dibattiti in merito, come per esempio il talent di Canale 5, ‘Amici’?
“Tutto ciò che porta interesse a questo nostro mondo dovrebbe essere salutato con favore e plauso. Siamo meno d’accordo sulle modalità del dibattito e del giudizio, basate sulla logica del pianto e della mortificazione da una parte, dell’incensatura e dell'autoesaltazione dall'altra. Sicuramente, tutto ciò produce audience, ma non cura l’anima, come l’arte deve fare. Il processo di crescita di un artista è più lungo di un talent e a me, in particolare, piacerebbe fosse messo in evidenza e approfondito maggiormente questo aspetto: il corpo ci mette di più di quanto possano richiedere altre logiche televisive”.





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