Michela Diamanti
Dopo un lungo periodo di declino della biodiversità presente sul nostro pianeta, oggi in Europa si sta assistendo a una crescita del numero di esemplari di specie magnifiche, oggetto di indagine da parte dei naturalisti. Specie quali il lupo grigio, l’orso bruno, l’alce, il castoro, la lontra e l’aquila dalla coda bianca dimostrano quanto la fauna selvatica sia ‘resiliente’, capace di riprendersi dopo che per alcune di esse si è rasentata l’estinzione. Lo sottolineano gli studiosi della Zoological Society of London, che insieme a Bird Life International e European Bird Census Council ha pubblicato, a fine settembre, il rapporto 'Wildlife Comeback in Europe', commissionato da 'Rewilding Europe' (organizzazione no profit creata nel 2011 in Olanda, ndr), in versione aggiornata e ampliata rispetto al precedente rapporto del 2013. Il nuovo report ha registrato i cambiamenti positivi che, negli ultimi 40 anni, si sono avuti nel numero e nella distribuzione di 50 specie selvatiche. In particolare, di 24 specie di mammiferi, 25 di uccelli e una di rettili. Specie scelte come oggetto di indagine perché, da un lato, appaiono più carismatiche di altre; dall’altro, perché hanno registrato un andamento estremamente positivo grazie, soprattutto, a rigorosi programmi di protezione, alle attività di recupero e reintroduzione delle specie e al miglioramento degli habitat. Azioni che si sono rivelate essenziali per il recupero e la convivenza della fauna selvatica e la salute stessa del nostro pianeta. Tuttavia, circa un milione di specie continuano a rimanere a rischio estinzione. Se molte di queste hanno mostrato un recupero, negli ultimi 40 anni, alle spalle hanno “secoli di declino, quindi nessuna di loro ha raggiunto i numeri che avrebbe avuto in precedenza”, secondo quanto afferma Louise McRae, giovane ricercatrice della Zoological Cociety of London e coautrice del rapporto, secondo la quale la convivenza con specie come i carnivori rimane ancora una sfida. “Il lupo grigio”, spiega la McRea, “è stato il più veloce a tornare tra i carnivori. Per secoli, questa specie è stata presa di mira dall’uomo, soprattutto durante gli anni ’70 del secolo scorso, quando erano rimasti solo pochi esemplari in alcune zone dell’Europa meridionale e nord-orientale”. Oggi, i numeri sono aumentati del 1800%. E si arrivano a contare circa 17 mila esemplari in tutta l’Europa continentale. E ancora: dal 1960 a oggi, possiamo apprezzare un incremento del 44% delle popolazioni di orsi bruni, “sebbene la persecuzione sia ancora un grosso rischio e i conflitti 'uomo-orso' continuino”, specifica la giovane ricercatrice. Accanto a loro, 12 mila e 500 coppie di aquile bianche, quelle con la coda bianca presenti in gran parte qui da noi, in Europa, segnalano un aumento del loro numero del 445%, avvenuto tra il 1970 e il 2018 grazie, principalmente, alla protezione legale e al divieto di pesticidi dannosi. Tra gli erbivori, il castoro euroasiatico sta segnalando uno dei ritorni più significativi. Nel secolo scorso ne erano rimasti solo 1200 esemplari, a causa della caccia alla sua pelliccia e alla sua carne. Eppure, il castoro ha registrato un aumento nel numero di esemplari del 16000% dal 1960 a oggi. Fra le popolazioni di uccelli, i ripopolamenti di maggiore successo riguardano l’oca facciabianca, il grifone eurasiatico e l’airone bianco maggiore, avvenuti in Francia, Spagna e Germania, mentre si contano 800 coppie di avvoltoio barbuto che registra, dal 1991, un incremento del numero di esemplari del 120%. Il rapporto 'Wildlife Comeback in Europe' evidenzia non solo quali siano le specie che registrano un miglior recupero, ma anche le principali cause alla base del ripopolamento: la protezione legale, introdotta dalla normativa comunitaria; una miglior gestione delle specie; cambiamenti nell’uso e sfruttamento del territorio: sono questi gli strumenti più efficaci, accanto all’allargamento e alla connessione di aree protette e all’aumento della qualità degli habitat. La riduzione dello sfruttamento dei suoli a fini agricoli ha permesso, inoltre, a diversi habitat di recuperare la loro fisionomia originaria, aumentando così il territorio a disposizione di molte specie animali. Le quali, a loro volta, hanno potuto giovarsi di una migliore regolamentazione dell’attività venatoria e dell’adozione di rigorosi programmi di protezione, accanto a un incremento dell’attività di prevenzione e repressione del bracconaggio. L’Unione europea ha già approvato da tempo un preciso corpo di regole e prassi in tema di salvaguardia della biodiversità, idoneo a orientare e finanziare gli Stati membri nell’adozione di azioni coordinate. Ricordiamo, in particolare: la direttiva 79/409/EEC sulla conservazione degli uccelli selvatici e la direttiva 92/43/EEC sulla conservazione degli habitat  naturali e della fauna e flora selvatica. Gli autori del rapporto sottolineano, infine, l’importanza di una nuova proposta di direttiva, che si inneschi sulla legislazione esistente e che è stata presentata dalla Commissione europea lo scorso giugno, nell’ambito della strategia dell’Unione europea sulla biodiversità per il 2030. La proposta punta a fissare obiettivi e obblighi di ripristini per un’ampia gamma di ecosistemi terrestri e marini, indirizzando le azioni che gli Stati membri dovranno intraprendere entro il 2030. Il 'processo di restauro' comporterà iniziative come: il ‘rewilding’ (consistente nel rendere più selvagge alcune zone, piantare alberi, rinverdire le città, ndr); il contrasto al declino delle popolazioni di impollinatori; il dimezzamento dell’uso di pesticidi e molto altro. Ove fosse adottata, la nuova direttiva fornirebbe un significativo contributo agli sforzi per contrastare il declino della biodiversità e il degrado climatico, ponendo i Paesi europei in prima linea in campo ambientale mentre, a livello globale, si dovranno attendere le conclusioni della conferenza degli Stati aderenti alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla biodiversità (COP15), che si terrà il prossimo dicembre a Montreal (Canada). Oggi, mentre i singoli Paesi si sforzano per raggiungere i loro obiettivi a favore della biodiversità e del clima, si aprono interessanti opportunità per rivitalizzare gli ecosistemi, fornendo alle persone un’ampia gamma di benefici culturali e sanitari. Opportunità che assegnano un ruolo importante a tutti, dai professionisti del rewilding agli operatori economici, per finire con i cittadini comuni.





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