Giuseppe LorinNei giorni scorsi, abbiamo perso un altro grande scrittore e intellettuale: Pietro Citati. Un saggista e un critico letterario assolutamente degno di tali qualifiche. C’è chi, come il sottoscritto, anche per ragioni semplicemente anagrafiche, lo aveva già letto nel 1970, quando vinse il Premio Viareggio con una biografia su Goethe, oggi appartenente al catalogo Adelphi. E c’è chi lo scoprì quando vinse il Premio Strega 1984, con la sua nota biografia romanzata 'Tolstoj'. Ma a prescindere dalla sua grandezza come scrittore, è la perdita del critico a darci sconforto. In tempi in cui si azzardano ipotesi complottiste senza neanche conoscere il significato dell’espressione ‘peer review’, la scomparsa di un critico di altissimo livello come Citati ci rende più soli. Il suo metodo di giudicare uno scritto, infatti, ha fornito nuovi parametri di riflessione a tutti quanti. Anche in altri campi, come la critica teatrale, quella musicale e, persino, quella cinematografica. Oggi, al contrario, si propongono al lettore autentiche ‘sviolinate a tutta pagina’ a favore di Jovanotti; oppure, dobbiamo sorbirci l’esaltazione acritica dei ‘Maneskin’, che farebbero ottima cosa se cominciassero a domandarsi, dopo il grande successo ottenuto, cosa vorrebbero fare "da grandi"; o addirittura, veniamo costretti ad assistere a festival teatrali connotati da un Premio speciale della critica ‘senza la critica’, perché tutti vogliono farsi i complimenti tra loro. Ebbene, in una fase storica del genere, evidenziare un metodo d’interpretazione non precostituita, mai ideologica e sempre suscettibile di variazione a seconda del tempo e della fase storica in cui si legge un testo qualsiasi – o meglio “si rilegge”, come giustamente ribadito di recente dalla collega Serena Maffìa – sembra quasi di parlare di 'marziani’ dal fruttivendolo. Perché certamente, molte problematiche possono anche apparire noiose, arcadiche o di élite. Ma non si può nemmeno rimanere aggrappati “al livello del tappeto”, come diceva il filosofo partenopeo, Riccardo Pazzaglia, in quegli stessi - e un po' maledetti - anni ’80 del secolo scorso. Citati fu il primo che ci fece comprendere come un’opera potesse contenere infinite sfaccettature e che, proprio tale caratteristica, innalza il livello di un testo letterario. Perché esistono più livelli di giudizio. E possono, dunque, sorgere distinte interpretazioni. Ciò vale persino per una semplice battuta teatrale, che talvolta può comunicare qualcosa di diverso rispetto a quanto il regista o l’autore intendessero rappresentare al pubblico, sia che si tratti di lettori, sia di spettatori. Un testo letterario, così come una sceneggiatura, possono trovare, talvolta, una ‘cadenza’ diversa, rispetto a quella cercata dall’autore. E quest’ultimo è tenuto a prenderne nota, perché esistono diverse tipologie di ironia, tanto per fare un esempio. E' lo stesso discorso racchiuso nella frase di Nanni Moretti, dopo il suo primo exploit con 'Ecce bombo': "Credevo di aver fatto un film doloroso e per pochi, mentre invece vengo a scoprire di aver girato un film comico per tutti...". Il fatto di ritrovarci, oggi, ormai completamente esacerbati da follie ‘monocordi’ e da forme di trascendenza totalmente inattuali potrebbe, finalmente, farci comprendere cosa ci stava dicendo un critico come Pietro Citati. E cioè che il vero autore professionista sa leggere e 'ascoltare' la critica. La quale non si limita unicamente agli elogi o alle stroncature: non è tutto bianco o nero. Eppure, i nostri tempi attuali sono quelli di una regressione: si è tenuti ad applaudire tutti, come quando si fa festa perché la nostra nipotina ha recitato una poesia - continuamente 'imbeccata' dalla madre - al termine del pranzo di Natale. Insomma, siamo divenuti degli infanti, degli immaturi. Più che altro, ci siamo riscoperti tali persino ai più elevati livelli: mesi e mesi a parlare di un virus nato da un incidente di laboratorio lanciandosi accuse reciproche e minacce di terza guerra mondiale, per poi scoprire che anche il Covid 19 era una zoonosi di origine naturale. Rischiare un conflitto planetario o gelide crisi diplomatiche per un’ipotesi non verificata è veramente da 'scemi': inutile 'girarci attorno' innanzi a una simile verità. Il nostro cinismo ci induce ad allontanare le paure accusando gli altri. Come se ogni novità o problema che appare nel mondo avesse sempre una sola e unica causa. La realtà è assai più complessa di come noi la giudichiamo: questo ci ha insegnato Pietro Citati. Inascoltato, ovviamente. Per messianismo ideologico e per scarsa, scarsissima, cultura scientifica.





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