Vittorio LussanaIn Italia, i governi possono cadere persino a causa di uno starnuto. Anche quando sono sostenuti da ampie maggioranze e sono dotati, tecnicamente, della fiducia parlamentare. Ha ragione, in fondo, Giorgia Meloni: “Cambiando l’ordine degli addendi, il risultato non cambia”. E questa volta, non possiamo darle torto, poiché ha colto il punto centrale della questione. Per l’ennesima volta, ci siamo ritrovati di fronte a delle ‘scaramucce’, al consueto gioco a distruggere, anziché a costruire. Ormai da decenni, gli italiani attendono dalla nostra classe politica “un qualcosa di completamente diverso” per dirla con i Monty Python, andando regolarmente incontro a profonde delusioni. E ciò a causa di un ceto politico antropologicamente devastato. Quel che veramente dispiace è il non riuscire minimamente a far comprendere come il clamoroso tracollo, avvenuto in Italia con l’avvento della cosiddetta ‘seconda Repubblica’, abbia definitivamente travolto tutte le nostre tradizioni culturali, valoriali e democratiche in grado di rielaborare e proporre progetti innovativi, ispirati da una visione precisa di società. Cosa suggerisce, oggi, la formazione politica guidata dal professor Giuseppe Conte, con i suoi 9 punti? Quali sono i suoi riferimenti? Un ambientalismo rozzo, che confonde un inceneritore con un termovalorizzatore? Un mondo del lavoro di ‘freelance’, in cui ogni cosa potrà esser fatta da remoto senza più orari, regole e controlli? Insomma, cosa intende proporre, oggi, il Movimento 5 stelle? L’impressione rimane quella di una ‘falange spocchiosa’ di piccolo borghesi, sempre pronti a scagliare giudizi e sentenze contro tutto e contro tutti. E’ esattamente questo il modo per distruggere le istituzioni e le procedure parlamentari: con l’antipolitica dei ‘giustizialisti’; con la maldestra supponenza di chi si dimostra incapace di elaborare un nuovo ‘linguaggio dei segni’; con l’arroganza di chi si è, già da tempo, gettato alle spalle ogni etica del lavoro e della produttività, al fine di inseguire forme di reddito totalmente sganciate dalle prestazioni. E appare clamoroso come non ci si accorga che, all’interno di un simile ‘populismo’, la questione di costruire una società più equa e più giusta non rappresenti più il risarcimento dell’abnegazione lavorativa o della devoluzione di sé, bensì il regno di un egualitarismo ‘formale’ (“Uno vale uno”, ndr), dominato dalle legge delle aspettative crescenti e dal dogma della rigidità delle retribuzioni verso il basso. Un’antipolitica che mescola ideologismi ‘pararivoluzionari’ con forme di adesione ai feticci più clamorosi della società globalizzata, assiomi operaisti con prestiti culturali di tutt’altro segno, che conducono a un ‘ribellismo’ puramente edonistico, che assume come proprio caposaldo teorico una richiesta esclusiva e forzata, dunque non meritocratica, di nuovi redditi monetari. In buona sostanza, il Movimento 5 stelle oggi è divenuto parte integrante di quel sistema, formalista e classista, che ha sempre rappresentato l’esatto opposto di una solida ‘politica dei redditi’ saldamente agganciata all’offerta di lavoro. Un’incultura ‘piagnona’, specularmente in linea con un ‘sovranismo all’amatriciana’, incapace di comprendere che nei sistemi economici basati sulla circolazione di una moneta ‘forte’ è la determinazione del prezzo delle merci il fulcro centrale dei mercati. Così abbiamo, da una parte, una domanda che genera inflazione e, dall’altra, un’offerta che, privata della possibilità di svalutare la moneta, non è più in grado neanche di difendere i propri extra-profitti differenziando la produzione, al fine di produrre nuova occupazione. L’unico ‘escamotage’ che conoscevano era basato sulla vecchia e debole ‘liretta’, la quale ha sempre prodotto soprattutto ‘export’, fregandosene altamente della disoccupazione interna, se non attraverso incentivi, aiuti e sovvenzioni statali. Alla fine “paga Pantalone”: questa è la morale di fondo. Una quantità che appiattisce totalmente la qualità, in un Paese potenzialmente in grado di regolamentare nuovi mercati – a cominciare da quello della ‘canapa light’: un settore a cui, semplicemente, non si vuol dare 'sbocco' – stracolmo di eccellenze storiche, artistiche e culturali non appena si fa un buco per la strada per costruire una metropolitana. Vi era un tempo in cui tutti erano in lotta contro le ideologie; oggi, il dato che emerge è semplicemente la paura delle idee. Le quali giungono di continuo, travolgendo sia le destre, sia le sinistre, fino a trasformare i secoli in decenni. Ma a prescindere da questo, è il dato antropologico a preoccupare, poiché il dominio delle barriere d’entrata e l’incapacità di volgere a nostro favore le innovazioni tecnologiche, al fine di produrre nuova occupazione, genera un distacco abissale tra la politica e la società. Ancora oggi, non risulta compreso l’episodio ‘fantozziano’ de ‘La corazzata Potemkin’: si ride per la battuta finale e per i 92 minuti di applausi, senza comprendere il significato di una classe dirigente che assume il dato critico per divertirsi ad imporlo, con dirigismo burocratico, a dipendenti e sottoposti, fingendosi illuminati e progressisti. Poco conta che si tratti di un film sul massacro di Odessa e la fallita rivoluzione russa del 1905: il dato storico-culturale non serve a nessuno. E’ lì, davanti agli occhi di tutti, ma si fa finta di non vederlo. Non è affatto vero che i diritti civili abbiano sostituito quelli sociali: i diritti civili sono gli unici che ancora reggono il confronto con le destre conservatrici e ‘revanchiste’. Il vero problema, invece, è il rifiuto dell’analisi sociale, che rallenta l’introduzione delle innovazioni digitali e la creazione di nuove forme di occupazione. Le ‘influencer’ alla Chiara Ferragni non nascono da sole. E sul punto preciso, esse hanno pienamente ragione: stare sui social è diventato un lavoro. Ma anche in queste cose, i nostri politici sono sempre gli stessi, poiché malati di propagandismo, a destra come a sinistra. E in tutto questo, gli italiani non trovano più alcun riferimento, poiché vedono solamente ipocrisia e invidia sociale da un lato; cinismo e sterilità morale dall’altro. E in mezzo non c’è nulla.




Direttore responsabile di www.laici.it

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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 19 luglio 2022 13.32
RISPOSTA AL SIG. CARLO CADORNA: gentilissimo, sono d'accordo sul punto da lei sollevato. Riguardo a internet, la mia non era, ovviamente, una nomination all'Oscar in favore di Chiara Ferragni: per i giovani, internet può essere un'ottima 'palestra', tutto qua. Intanto fanno qualcosa e provano a guadagnare qualche 'soldino' in autonomia. La libertà di intrapresa, come vede, insegna sempre qualcosa. Il pensiero di Adam Smith è senz'altro incompleto, ma il presupposto di principio è buono: almeno imparano a far qualcosa e cominciano a segnarsi le prime coordinate di professionalità. Poi, se son bravi, emergono lo stesso. Con tanti saluti alla nostra classe politica di imbelli. Cordiali saluti. VL
Carlo Cadorna - Frascati - Italia - Mail - lunedi 18 luglio 2022 10.54
A mio avviso il tutto non è altro che la conseguenza della mancanza di una legge sui partiti che li obblighi a "selezionare e formare" la classe dirigente partendo dal basso. Internet (lo scrive Ulrich Beck) seleziona una classe mediocre.


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