Giuseppe LorinProprio in questi giorni ricorre il ‘centocinquantenario’ dalla morte di Giuseppe Mazzini, uno dei grandi ‘padri laici’ della nostra Patria. Egli fu il principale grande “patriota” - tanto per utilizzare in maniera più ‘calzante’ un termine recentemente abusato - del nostro Paese. Fu tra i primi, infatti, a porsi il problema di una forma di Stato unitario per l’Italia: non una forma monarchica,liberale, ma un’organizzazione democratica, all’interno della quale anche le classi meno abbienti fossero protagoniste nel rendere il nostro Paese uno Stato unito, indipendente e repubblicano. Uno Stato in grado di inserirsi in una più vasta Europa unitaria, costruita su valori democratici e sul rispetto reciproco tra le distinte nazioni. Italia ed Europa furono due punti fondamentali del pensiero di Giuseppe Mazzini per il raggiungimento di una democrazia e una pace stabili. La Patria unita, in quest’ottica, non costituiva un semplice punto d’arrivo, ma una necessità del popolo italiano, subordinata a un più ampio concetto di umanità all’interno del quale si legge il superamento della ‘forma-nazione’ in favore di una federazione fra tutti i popoli europei: unica condizione per eliminare le tensioni internazionali, portare a soluzione le questioni nazionaliste e garantire lo sviluppo, anche economico, dei popoli più poveri d’Europa. La nazione, in quest’ottica, diviene dunque un mezzo - indispensabile e insostituibile, ma pur sempre un ‘mezzo’ - per un più vasto disegno di ‘fratellanza europea’. Mazzini aveva cioè compreso come l’Europa nata dalla pace di Vienna del 1815 non avrebbe retto alle complesse sfide che si affacciavano all’orizzonte della Storia: lo sviluppo economico, le classi emergenti, i problemi dei ceti meno abbienti, l’aspirazione dei popoli ad avere una Patria libera e democratica. Per risolvere tutti questi problemi, secondo il pensatore genovese le nazioni non potevano rimanere sul mero piano della competizione, bensì dovevano cooperare in nome dell’umanità, all’interno della quale ogni singola nazione è una parziale manifestazione. Il pensiero ‘mazziniano’, insomma, anticipò quell’Europa democratica e riformista che guidò gli artefici del ‘Manifesto di Ventotene’, con l’intento di scongiurare alle future generazioni le tragedie della seconda guerra mondiale. Tuttavia, l’Europa tracciata da La Malfa, Spinelli, Terracini, Amendola e altri doveva divenire un luogo di pace nell’interesse comune, per il superamento dei nazionalismi e l’affermazione di una democrazia sociale finalizzata al benessere culturale dei popoli europei. La strada è stata lunga, frenata dalle necessità imposte dalla ‘guerra fredda’ e dalla divisione forzata dell’Europa. Ma tutto ciò non è stato d’impedimento per continuare sulla via della costruzione, della solidarietà e della democrazia quali valori ‘sovranazionali’. Dunque, Giuseppe Mazzini, avvertita l’inadeguatezza della azioni promosse sino ad allora dalla Carboneria, diede vita nel 1831 alla ‘Giovine Italia’: ‘giovine’, in quanto tesa a coinvolgere nell’entusiasmo rivoluzionario i giovani; e ‘Italia’, perché doveva divenire un movimento unitario da estendersi a tutta la penisola. Quindi, la ‘Giovine Italia’ aveva il principale scopo di promuovere l’insurrezione popolare per liberare il nostro Paese dalla dominazione straniera e, contemporaneamente, il compito di educare gli individui alle finalità dell’associazione. I principi erano chiari e costituirono, nel tempo, un modello per diversi movimenti nazionali: 1) gli uomini di una nazione sono uguali e fratelli; 2) la forma repubblicana è la sola che possa garantire un avvenire di eguaglianza sociale; 3) la presenza della monarchia è di ostacolo allo sviluppo del popolo; 4) la sovranità appartiene al popolo; 5) il nuovo Stato deve provvedere all’educazione e alla formazione di una nuova coscienza popolare; 6) sviluppo dell’istruzione; 7) fare dell’Italia una nazione unita, indipendente, libera e sovrana; 8) la forma dello Stato è quella repubblicana a suffragio universale; 9) realizzare un sistema sociale più giusto basato sulla distribuzione delle ricchezze; 10) rinnegare il predominio di una nazione sull’altra e contribuire al pacifico progresso di tutta l’umanità. Pochi principi, ma sufficientemente ‘rivoluzionari’ per indurre diverse monarchie a considerare il Mazzini stesso un pubblico nemico, perseguitandolo sino alla morte. Tra queste, vi era anche il Regno d’Italia dato che, come molti sanno, Giuseppe Mazzini morì ‘esule’ in Patria, a Pisa, nel 1872, ospite nella casa dei Nathan-Rosselli. Nel 1834 fondò la ‘Giovine Europa’. Instancabile rivoluzionario, egli si assegnò il compito di ispirare tutti i movimenti di liberazione europei. Mazzini sosteneva, infatti, che amando la propria Patria, egli “amava tutte le Patrie”. Lo statuto della ‘Giovine Europa’ ricalcava, ovviamente, quello della ‘Giovine Italia’. L’articolo 22 dell’Atto di Fratellanza recitava: “Ogni Associazione nazionale sarà rappresentata da un Comitato centrale nazionale, che dirigerà i suoi lavori per tutto ciò che riguarda la missione speciale e gli interessi della nazione. L’insieme di questi lavori costituirà il primo grado della Giovine Europa e rappresenterà la Patria”. L’Atto di Fratellanza venne sottoscritto a Berna, in Svizzera, il 15 aprile 1834 tra la Giovine Italia, la Giovine Germania e la Giovine Polonia. E il simbolo prescelto dai rappresentanti per la Giovine Europa fu una foglia di edera. Le nuove idee dell’epoca, Patria e Umanità, costituiranno, come sperava Mazzini, il futuro dell’Europa. Scrisse nei ‘Ricordi autobiografici’ che “l’ordinamento politico europeo doveva necessariamente precedere ogni altro lavoro. E quell’ordinamento non poteva rifarsi che ai popoli: per i popoli che, liberamente affratellati in una fede, credenti tutti in un fine comune, avesse ciascuno una parte definita, una missione speciale nell’impresa. Pensai che il lavoro doveva estendersi tra i popoli che non erano ancora e ci tenevano a essere nazioni. Vi sono in Europa tre famiglie di popoli: l’elleno-latina, la germanica e la slava. L’Italia, la Germania e la Polonia le rappresentavano. La Grecia, santa di ricordi e speranze e chiamata a grandi fati nell’Oriente europeo, è troppo piccola per essere iniziatrice, mentre la Russia dorme un sonno di morte: mancava d’un centro visibile, in cui la vita potesse assumere potenza praticamente direttiva, né a me pareva ch’essa potesse sorgere così presto a coscienza di sé. Il nostro patto d’alleanza doveva, dunque, stringersi dapprima fra i tre popoli iniziatori. La Grecia, la Svizzera, la Romania, i paesi slavi del Mezzogiorno europeo e la Spagna si sarebbero, poco a poco, raggruppati ciascuno intorno al popolo più affine a essi fra i tre. Da questi pensieri nacque l’associazione che chiamammo Giovine Europa”. L’opera di Mazzini continuò e, sempre nel 1834, vide la luce la ‘Giovine Svizzera’, che grande peso avrà nella realizzazione di un diverso assetto interno e nella stesura della nuova Costituzione federale del 1848, che mise fine ai separatismi, alle intromissioni straniere e al vincolo federativo su cui si basa l’attuale nazione elvetica. Successivamente, ma con meno fortuna, organizzò diverse associazioni in Russia, Austria, Inghilterra, Spagna, Francia e Grecia. Ma il fatto che non fosse riuscito a dar vita alle diverse associazioni non significava che le idee non viaggiassero tra i giovani e gli intellettuali di quei Paesi: al contrario, le radici del pensiero ‘mazziniano’ sono rilevabili ovunque e le molte cerimonie che sono state organizzate nel 2004, in occasione del bicentenario della nascita, rappresentarono la visibilità di un pensiero troppo poco conosciuto e apprezzato, particolarmente in Italia. In ogni caso, Giuseppe Mazzini, instancabilmente, continuò la sua azione di proselitismo sino alla morte, offrendo in tutti i campi, da quello politico a quelli sociali e giuridici, concezioni che hanno, attraverso altri uomini, raggiunto la loro compiutezza. Prima di morire promosse il ‘Patto di Fratellanza’ tra le società operaie italiane. In eredità, Giuseppe Mazzini e i giovani di allora ci hanno lasciato non solo le idee e la moralità ispiratrice che dovrebbe guidare ogni azione politica, ma un documento che, dopo cento anni, ispirerà la moderna Repubblica italiana: la Costituzione della Repubblica romana. I compilatori della nuova Carta costituzionale del 1948, infatti, proprio grazie alla lungimiranza giuridica di Giuseppe Mazzini riuscirono a trovare un giusto compromesso tra le diverse anime che mai si sono sopite nel panorama intellettuale italiano: quella cattolica, quella liberale e quella socialista. L’attuale Costituzione italiana ha il pregio di rappresentare il vasto arco della penisola e di offrire ai cittadini una società democratica, basata sui valori di giustizia e solidarietà. Seguendo le indicazioni del popolo italiano, espresse nel referendum del 2 giugno 1946, il nostro Stato è divenuto repubblicano: il sogno di Mazzini e di tutti i giovani appartenenti alla Giovine Italia si era finalmente realizzato. Proprio nella Costituzione della Repubblica romana (1848) affondano le radici e i principi fondamentali della nostra attuale Carta costituzionale: a) la Repubblica è democratica in quanto la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei modi stabiliti dalla Costituzione; b) la Repubblica è uno Stato costituzionale e il popolo esercita la propria sovranità attraverso rappresentanti eletti; c) viene ribadito il principio unitario del territorio; d) viene ribadita la vocazione della Repubblica a elevare il benessere materiale e spirituale dei cittadini. Per concludere queste brevi note su Giuseppe Mazzini, sempre riferendoci alla nostra Carta costituzionale vigente, c'è da sottolineare quanto la filosofia dell’esule faccia parte del nostro patrimonio al quale dobbiamo, forse, più considerazione: “E’ vocazione del nostro Paese voler vivere nella più stretta collaborazione e rispetto reciproco con gli altri Stati, ripudiando la guerra come strumento di offesa alla libertà altrui e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali e la tendenza, pur custodendo gelosamente il patrimonio spirituale del nostro popolo, a inserirsi in più vasti organismi supernazionali, determinando il carattere internazionalista di alcune norme della Costituzione”.





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