Arianna De SimoneIn un bosco, un contadino e una persona di città non vedono le stesse cose: la loro percezione del luogo in cui si trovano è completamente differente. Ciò è ancor più valido nell’arte, dove è possibile vedere solo ciò che già si conosce. Nell’arte, infatti, le opere si sottraggono al loro destino di semplice immagine. Ed è per questo motivo che, spesso, per comprendere un’opera non basta guardarla, anche se la osserviamo a lungo. L’arte non è un gioco a ostacoli: siamo noi osservatori a essere viziati dal ‘piattume’ della società dell’immagine, la quale pretende che tutto sia rappresentabile, immediatamente fruibile, facilmente comprensibile. E questo accade non solo nel campo dell’arte, ma anche in tutti gli altri settori della conoscenza: ci sentiamo tutti medici, giudici, allenatori di calcio, attori e maestri di scuola. Invece, non siamo nulla di tutto ciò. E questo abbassa notevolmente la qualità del pensiero critico, che non è affatto ‘omologabile’. Non basta osservare un’opera d’arte con gli occhi, dimenticando che è il cervello l’organo che ci permette di ammirarla. E anche il cuore, la passione e le nostre sensazioni giocano un loro ruolo. Anche se è vero che il gusto artistico è relativo, ci sono alcune caratteristiche delle opere d’arte che possono essere considerate una ‘misura’, al fine di valutare senza troppe approssimazioni la capacità di un artista di comunicare il significato del suo lavoro. Per questo motivo, persino la critica viene da alcuni considerata un’arte a sé stante. Ogni critico utilizza un approccio differente, ma esiste un vero e proprio ‘protocollo’ definito per criticare le opere d’arte. E non è affatto necessario essere un curatore museale o uno storico dell’arte, per valutare criticamente una rassegna o una mostra qualsiasi. Innanzitutto, perché un punto di vista ‘esterno’ risulta quasi sempre più credibile per il suo distacco, che aumenta la razionalità del giudizio, anche quando l’opera è già immediatamente notevole di per sé, oppure ne risulta largamente riconosciuta la validità. In secondo luogo, la critica presa nel suo complesso, includendo cioè anche le recensioni teatrali o letterarie che, per esempio, spesso leggiamo sul presente sito web di approfondimento, seguono alcune ‘coordinate’ che sarebbe sempre bene usare come strumenti, o ‘rudimenti’ fondamentali e che si possono riassumere nei seguenti punti: a) descrizione dell'opera; b) analisi tecnica; c) interpretazione; d) breve storia dell’artista o del periodo in cui egli generò la sua opera; e) appartenenza a un ‘filone culturale’ preciso dell’artista e spiegarne, anche sommariamente, le caratteristiche; f) influenze culturali o artistiche; g) descrizione di alcuni dettagli minimali e di come essi si amalgamano insieme ad altri o nell’opera complessiva. Insomma, anche l’arte è un qualcosa che bisogna saper osservare, per presentarne una critica. Non si tratta del semplice giudizio di chi nella vita non fa nulla di artistico. Criticare – e ciò vale anche negli altri campi – non significa rimanere seduti sulla ‘scala di astrazione’ senza far niente. Anche perché si rischia di scrivere o di affermare sempre le stesse banali fissità, poiché anche la critica corre il pericolo di schematizzarsi diventando ideologia, totalità dottrinaria, in una parola: dogma. Insomma, l’arte rimane un momento di pura soggettività dell’artista. E ogni artista bisogna saperlo ‘leggere’, anche quando non ci piace. Perché bisogna per lo meno sapere di cosa si sta parlando, quando si critica un’opera o un artista qualsiasi. Ed è questa la vera difficoltà della critica, anche se ciò non riguarda, ovviamente, soltanto il nostro Paese, per fortuna.





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