Vittorio CraxiIl voto delle consultazioni regionali del 3 e 4 aprile 2005 aveva registrato, nel centro-sud del nostro Paese, un consistente spostamento elettorale dal centrodestra al centrosinistra, con un cambio di maggioranza nelle regioni Lazio, Abruzzo, Puglia e Calabria precedentemente governate dalla Casa delle Libertà. Tutte le consultazioni – suppletive, regionali, amministrative – svoltesi nel centro-sud negli ultimi anni, hanno confermato questo trend, accompagnato da una caduta verticale dei consensi per il partito denominato Forza Italia. La crisi elettorale della Casa delle Libertà nel meridione va interpretata come un segnale inequivocabile di delusione dei cittadini per le politiche economiche e sociali messe in campo da un governo e da una maggioranza fortemente condizionati dalla Lega Nord e, quindi, incapaci di assumere la ‘questione meridionale’ come nodo fondamentale dello sviluppo dell’intero Paese. E’ cresciuto il divario nord – sud, tant’è che è ripreso il processo di emigrazione intellettuale di cervelli che priva le regioni meridionali delle risorse umane indispensabili per lo sviluppo. Le risposte fornite dalla Casa delle Libertà al problema meridionale appaiono deboli e contraddittorie, tutte rivolte alla riconquista di un consenso perduto, ma senza che esse formino un progetto credibile e complessivo.
Inoltre, la rincorsa al modello federale dello Stato imposto dalla Lega Nord è stata percepita dall’elettorato non solo come un attacco all’unità nazionale, ma soprattutto come un rischio per dei diritti essenziali, come la salute e l’istruzione, con il conseguente pericolo di aggravamento degli squilibri nord – sud in settori vitali della società. Occorre che nel Paese si rafforzi la convinzione che l’Italia non cresce perché mantiene inutilizzate e immobili le grandi risorse umane e naturali del Paese. In particolare, se il sud riprendesse a crescere, il Paese registrerebbe una maggiore produzione di reddito ed avrebbe una minore necessità di trasferimenti. Ancora oggi, però, lo scenario dell’area meridionale del paese è quello di un territorio con scarsa qualità dei servizi collettivi, delle infrastrutture e della loro gestione, caratterizzata da una forte disoccupazione intellettuale e femminile e dalla presenza strutturale di una economia sommersa e irregolare. A ciò bisogna aggiungere la ripresa dell’offensiva criminale, che sembra avere come obiettivo il controllo delle istituzioni e dei governi locali, come testimonia l’impressionante escalation degli attentati contro amministratori. L’Europa di Agenda 2000 è alle nostre spalle. L’allargamento a 25 Stati dell’Unione europea ha prodotto un’Europa molto diversa, più grande, dai confini estesi, in cui il divario tra ricchi e poveri è considerevolmente aumentato. Un nuovo sud, costituito dai Paesi dell’est, irrompe sulla scena politica ed economica. Le aree più deboli dei Paesi dell’ovest non si possono più considerare al centro delle politiche di coesione. L’Europa del futuro concentrerà le risorse per ridurre il divario con i Paesi che sono appena entrati e quelli che si accingono ad entrare nell’Unione. Per il meridione d’Italia – per il quale è presente il rischio di un forte ridimensionamento della dotazione finanziaria – è necessario cambiare velocemente strategia, in previsione del progressivo esaurimento dei sostegni comunitari. Da ‘area assistita’, il sud dovrà essere ripensato come ‘area in grado di assistere’ e di essere pertanto protagonista del processo di coesione con i nuovi Paesi membri a cui trasferire competenze e tecnologie. I socialisti europei, nella cui grande famiglia devono ritrovare legittima cittadinanza anche gli esponenti de “i Socialisti”, dovranno accompagnare questo processo, garantendo, intanto, nella fase di transizione e per tutto il periodo 2007 – 2013 alle regioni meridionali italiane il mantenimento delle risorse previste dalle politiche di coesione.


Segretario Nazionale de 'i Socialisti'
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