Maria Elena GottarelliDopo 44 giorni di scontri armati, la sera del 9 novembre 2020 il sanguinoso conflitto tra l'Armenia e l'Azerbaijan per il Nagorno Karabakh si è spento con una dichiarazione trilaterale tra Armenia, Russia e Azerbaijan. La guerra, che ha causato diverse migliaia di vittime da entrambe le parti, era scoppiata il 27 settembre scorso, presumibilmente in seguito a un attacco delle forze armate azere. L'accordo risulta vantaggioso per l'Azerbaijan, che si aggiudica una grossa fetta dei territori strategici del Nagorno, tra cui la città di Shusha, fondamentale per i rifornimenti armeni
 
Come si è giunti, da parte armena, alla decisione di firmare la tregua con l'Azerbaijan? Si tratta di una resa o, piuttosto, di una decisione di responsabilità? Decisamente la seconda, a detta dell'ambasciatore armeno in Italia, Sua Eccellenza Tsovinar Hambardzumyan, che durante una videoconferenza per il Master in Giornalismo multimediale e informazione politico-economica della '24ore Business School', rispondendo alle domande del docente, Giangiacomo Calovini e degli studenti, ha lanciato un j'accuse alle politiche europee in Nagorno Karabakh. "Dietro questo conflitto", ha dichiarato la diplomatica, "si nascondono interessi che vanno ben al di là della questione prettamente etnica e territoriale. E non si può non tener conto del ruolo della Turchia e degli effetti che l'intervento massiccio del presidente Erdogan avranno non solo per il Nagorno e per l'Armenia, ma anche per l'Unione europea nel suo complesso". Secondo Tsovinar Hambardzumyan, la decisione armena di firmare la tregua è stata motivata "da senso di responsabilità verso la popolazione e verso le vite umane di cui gli azeri, aiutati dai turchi, si sono dimostrati privi". E affonda: "Non potevamo accettare che si continuassero a bombardare ospedali e scuole, perché per noi le vite umane contano. Non si può dire lo stesso per gli azeri e per i turchi, che non solo hanno iniziato il conflitto, ma si sono anche serviti di armi illegali e di mercenari 'jihadisti' per ottenere i loro scopi". Parole taglienti come lame, che arrivano dritte e rendono inaggirabili alcune domande che, forse, è il caso che tutti noi, cittadini europei ci poniamo. La posta in gioco, a detta dell'intervistata, è altissima: non solo il diritto all'autodeterminazione di un popolo, ma anche - e questo, cinicamente, forse ci interessa di più - la stabilità politica, economica e sociale dell'Unione europea.

Ambasciatore, prima di inoltrarci nelle ragioni che hanno portato il governo armeno alla firma di un accordo che 'de facto' è fortemente svantaggioso per il vostro Paese, ci può dire come definirebbe i 44 giorni di scontro tra le forze azere e armene per il territorio del Nagorno Karabakh?
"Prima di rispondere a questa domanda, mi è d'obbligo una premessa. Dalla firma dell'ultimo cessate il fuoco tra l'Armenia, l'Azerbaijan e il Nagorno-Kharabakh nel 1994, il Nagorno a maggioranza armena si è impegnato nella creazione di uno Stato di diritto, con la costruzione di case, scuole, asili e ospedali. Il Nagorno ha così assunto, di fatto, tutti gli attributi di un Paese indipendente e democratico. Per 26 anni, l'Azerbaigian si è opposto a questa politica, incitando all'odio verso gli armeni e promuovendo sempre una retorica belligerante, con continue minacce di risolvere il conflitto tramite una guerra. Tutte le entrate economiche dell'Azerbaijan, che derivano dal petrolio e dal gas, sono state usate per acquistare armi in vista di un eventuale conflitto. Questa guerra è la continuazione diretta della politica genocida dell'Impero ottomano contro gli armeni del 1915, in cui circa 1 milione e mezzo di armeni furono annientati. Venendo, invece, alla natura dell'attuale conflitto, la mia sensazione è che sia qualitativamente diverso rispetto a quello di 90 anni fa, per via del coinvolgimento diretto della Turchia, che sostiene militarmente l'Azerbaijan. Gli azeri si servono di caccia F16 e di droni turchi 'Bayraktar'. I villaggi del Nagorno hanno subito quotidiani bombardamenti, così come alcuni territori armeni. Inoltre, l'Azerbaijan si serve di armi proibite, come le bombe a grappolo, munizioni al fosforo contro i civili, gli ospedali, gli asili, i centri per la maternità e per l'infanzia. E non è tutto: la Turchia ha reclutato per questa guerra migliaia di terroristi 'jihadisti', assoldati per uccidere gli armeni. Questo fatto è confermato dai servizi segreti di diversi Paesi, tra cui la Francia, gli Stati Uniti, la Russia e l'Iran. Un mercenario catturato ha confermato che gli era stato promesso un pagamento mensile di 2 mila dollari e un compenso di 100 dollari per ogni armeno decapitato. In questo scenario, l'Armenia si trova a combattere da sola contro il terrorismo internazionale e contro truppe enormi. Al netto di tutto ciò, va detto che questo conflitto è profondamente diverso dal passato, perché oggi il vero protagonista, l'attore che prende tutte le decisioni fondamentali, è la Turchia, non l'Azerbaijan. Il popolo del Nagorno Karabakh ha combattuto e sta ancora combattendo non solo per difendere le proprie case e i propri diritti, ma anche per la sicurezza di tutta la regione europea".
 
Queste sono affermazioni molto forti: cosa intende di preciso? La Turchia minaccia l'Europa attraverso il controllo del Nagorno Karabakh?
"La Turchia è intervenuta nel conflitto usando una retorica suprematista, dicendo sostanzialmente all'Azerbaijan: 'Questo conflitto non potete risolverlo da soli. Noi vi aiuteremo, vi faremo vincere, ma in cambio resteremo sul territorio, porteremo i nostri 'jihadisti' e controlleremo i vostri gasdotti e i vostri oleodotti'. Gli stessi gasdotti e gli stessi oleodotti, preciso, attraverso cui si rifornisce tutta l'Europa. Per questa ragione, in un certo senso, anche l'Europa diventerà ostaggio della Turchia. Con il pretesto di aiutare l'Azerbaijan, Erdogan sta portando avanti il suo progetto 'neo-ottomano'. Vuole espandersi verso est, spazzando via gli armeni e i cristiani. Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, aveva già ammonito la comunità internazionale, dicendo: 'Se non ci aiutate, vi troverete gli 'jihadisti' alle porte di Vienna'. E abbiamo visto tutti cosa è successo la sera del 2 novembre 2020. Questa guerra ha dimostrato che, per gli azeri e i turchi, le risorse energetiche valgono più delle vite umane".

Per quanto riguarda l'espansionismo turco e il ruolo dell'Unione europea, il governo armeno si aspettava un maggiore sostegno da parte dell'Europa in termini non dico militari, ma politico-diplomatici?
"Per molti anni, l'Europa ha adottato una politica di neutralità nei confronti del conflitto del Nagorno Karabakh. Anche quando si sono verificati attacchi unilaterali da parte degli azeri, l'Unione europea ha sempre rivolto inviti a entrambe le parti. Non c'è mai stata una presa di posizione netta contro chi ha violato la pace, nonostante il fatto che tutti sapevano che l'Armenia non aveva nessun interesse a violare lo status quo. Nessuno, in Europa, si è mai chiesto cosa accadeva davvero in Azerbaijan, quando venivano uccisi giornalisti e venivano 'zittiti' coloro che si occupavano di diritti umani. Penso, per esempio, allo scrittore azero Akram Aylisli, arrestato per aver detto la verità sulla questione armena in uno dei suoi libri. Nessuno si è mai posto una semplice domanda: 'Dov'è finito questo scrittore'? In 30 anni, l'Europa non ha mai condannato apertamente l'Azerbaijan per le sue continue aggressioni contro gli armeni, limitandosi sempre a rivolgere appelli a entrambe le parti per mantenere la pace".
 
E l'Italia?
"L'Italia si trova in una situazione particolare, perché ha più interessi economici in Azerbaijan rispetto ad altri Paesi europei. Penso che l'Italia dovrebbe sentirsi forte del suo potere contrattuale nei confronti degli azeri. L'Azerbaijan, infatti, deve trasportare il gas e il petrolio via oleodotti e gasdotti in Europa. Da questo punto di vista, se un giorno l'Italia decidesse di non comprare più gas e petrolio dall'Azerbaijan, quest'ultimo subirebbe un danno gravissimo. L'Italia, quindi, è un cliente fondamentale. Eppure, contro ogni logica di mercato, si sforza in tutti i modi di soddisfare il venditore. In teoria, dovrebbe essere il venditore ad avere paura di perdere l'acquirente, non viceversa. Ricordiamoci che l'economia dell'Azerbaijan dipende esclusivamente dall'esportazione del gas e del petrolio...".

Quindi, sta dicendo che si aspettava di più, da parte dell'Europa e dell'Italia, a sostegno dell'Armenia?
"Mi aspettavo qualcosa di più in sostegno della giustizia".


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Guido Vannini - Firenze - Mail - lunedi 23 novembre 2020 10.30
L'Europa non ha mai superato Monaco 1938: Se non avverrà presto, sarà la sua fine; ma non vedo nessun Churchill all'orizzonte.


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