Vittorio LussanaLa devastante pandemia di coronavirus scatenatasi nel mondo in questi mesi, si sta avviando verso il suo culmine. Siamo, o dovremmo essere, nei pressi del 'punto d'inversione' dei contagi. Adesso, per tornare alla normalità è necessaria una graduale programmazione di quella che è stata definita: 'Fase 2'. Ciò per una serie di motivi: 1) innanzitutto, abbassare la 'guardia' potrebbe rivelarsi un errore ancora peggiore rispetto a quelli già commessi fino a oggi; 2) dovremmo osservare meglio quel che è capitato agli altri Paesi investiti dal contagio esponenziale qualche mese prima di noi. In particolar modo alla Cina, uscita dalla quarantena solamente dopo 3 lunghissimi mesi; 3) l'Italia sarà comunque costretta a convivere, in qualche modo, con il virus in circolazione e, per far questo, dovrà esser messa nelle condizioni di poterlo gestire mantenendo una serie di cautele, come il distanziamento sociale e una serie di comportamenti igienici costanti: il continuo e ripetuto lavaggio delle mani e la sanificazione degli ambienti di lavoro e di incontro. Siamo, invece, meno preoccupati dalla questione della tracciabilità dei casi positivi: inseguire il dato del contagio non è così importante. A patto che il campionamento statistico dei cosiddetti 'tamponi' possa condurci ugualmente a individuare l'evoluzione e le tendenze della pandemia. Da un punto di vista statistico, qualsiasi sondaggio o ricerca di mercato non necessita di indagini 'a tappeto': si possono ugualmente individuare gli andamenti di un fenomeno qualsiasi, senza dover inseguire il dato 'assoluto'. Quel che dobbiamo sapere è che, ancora per qualche tempo, non potremo fare tutto ciò che facevamo prima: viaggiare, incontrare gli amici, convocare riunioni e tante altre 'ritualità' o prassi. Chi ha 'masticato' almeno un minimo le scienze statistiche, dovrebbe sapere quanto sia errato conteggiare i deceduti in rapporto ai casi risultati positivi: non è questo il tasso di mortalità effettiva della patologia, poiché il numero di vittime che osserviamo oggi deriva dalle tempistiche d'incubazione del virus. In pratica, i decessi di un determinato giorno sono quelli che hanno contratto la malattia nelle due settimane precedenti e dovrebbero esser posti in rapporto matematico con il numero dei contagi del medesimo periodo, ragionando su un arco temporale più ampio rispetto a quello dell'andamento quotidiano. Tali nostre considerazioni derivano dal fatto che, anche se l'età media dei deceduti è alquanto alta (intorno agli 80 anni), quella dei ricoverati è più bassa (60), comprovando come anche le fasce più giovani della popolazione siano comunque a rischio. Ciò dovrebbe condurci verso considerazioni maggiormente improntate alla prudenza, al fine di evitare recrudescenze e nuovi focolai, soprattutto in quella parte del Paese meno attrezzata per fronteggiare, sotto il profilo sanitario, una nuova ondata esponenziale di contagi. Infine, il dato fondamentale da tenere sotto controllo rimane quel 'coefficiente' di misurazione del contagio, che deve assolutamente rimanere al di sotto del rapporto tra 0 e 1. Il Covid-19, infatti, mantiene una specifica pericolosità potenziale nella sua capacità di diffusione 'esponenziale': è questa la caratteristica che lo rende assai più temibile di una banale influenza. Tutto questo ci ha condotti a cercare di individuare una serie di 'cambiamenti' da realizzare il prima possibile, in tutti i settori socioeconomici della nostra società. La sola e unica soluzione che, almeno in questa fase, intravediamo è quella di modificare i nostri comportamenti, il nostro modo di lavorare e di condurre i rapporti sociali. Solamente attraverso nuove 'forme' e nuove modalità potremo tornare verso una 'normalità verosimile' senza correre rischi eccessivi, evitando, al contempo, un tracollo economico eccessivamente profondo. Probabilmente, il Protocollo di sorveglianza previsto dall'Organizzazione mondiale della sanità potrà darci delle indicazioni ulteriori, maggiormente precise relativamente a quel che potremo fare ogni giorno. In ogni caso, a un certo punto dovremo per forza riprendere a vivere, a lavorare e a produrre, con il sostegno dello Stato e una visione 'macroeconomica' ben diversa rispetto a quella precedente la pandemia. Anziché cercare ogni pretesto possibile per attaccare la 'moneta unica', che è soltanto uno strumento e non la 'tara di fondo' del nostro tessuto economico e produttivo, bisognerà comprendere che fare ogni cosa con i 'soldi contati' non consente mai - e sottolineiamo mai - di affrontare adeguatamente le emergenze, né di dirigersi verso un salto di qualità espansiva dello sviluppo, poiché si finisce col misurare con il metro della microeconomia processi, risorse e (mancati) investimenti che, invece, appartengono ai processi macroeconomici di massimizzazione della produzione. L'economia di mercato è anch'essa ricca di incertezze e non può essere lasciata a se stessa, bensì necessita di correzioni continue. La natura, ancora una volta, ce lo ha ricordato. Speriamo vivamente che anche tanti altri ambienti e gruppi di interesse abbiano, finalmente, appreso la 'lezione'.

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(editoriale tratto dalla rivista mensile 'Periodico italiano magazine' n. 55 - aprile 2020)

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giuseppe tarditi - cusano milanino - Mail - sabato 25 aprile 2020 17.33
al punto in cui siamo - calo dei decessi e dei ricoverati in terapia intensiva e dei ricoveri , unici numeri veri su cui costruire trend, credo chela strategia israeliana- proteggere gli anziani e lasciare liberi i giovani (under 40 almeno) sia praticabile. infatti i medici non aggravano i pazienti ed i pazienti non impestano i medici ma i medici curano i pazienti , come deve essere. previa un'analisi sierologica campionaria stratificata per determinare il numero dei negativizzati, se , come credo in lombardia i negativizzati sono almeno due milioni contro gli 80000 ufficiali, con l'aiuto dell'estate , nostro più potente alleato, potremmo raggiungere un numero di positivi del 50-60% minimizzando perdite e sofferenze che in autunno saranno molto peggiori. per cui aprirei le scuole fino ai licei anche poco dopo il 4 maggio, gli stadi riservandoli agli under 40 o under 60, se negativizzati, riducendo la capienza degli stessi verso fine maggio. il tutto con le dovute cautele in termini di protezione per gli addetti ai lavori o il personale necessario. in mancanza di verità scientifiche- la cd. comunità scientifica è un'entità metafisica costruita dal governo come alibi, penso che sia accettabili le scommesse sui 5 punti presupposto della strategia: 1) i negativizzati sono al 99% immuni almeno per un periodo sopra i sei mesi- 1anno2) una % di immuni superiore al 5o-605 può indurre il virus a desistere, amesso che non lo abbia fatto prima3) i contagiati sotto i 40 anni hanno minimi efetti negativi all'90% 4) si possono isolare gli anziani con le dovute cautele 5) l'estate è il nostro più potente alleato. sarebbe un delitto lasciarla passare senza aver ottenuto il max di negativizzati con il min di perdite e sofferenze.


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