Marcello ValeriForse a molti è sfuggito il monologo di Stefano Massini a 'Piazzapulita', la trasmissione de 'La7' condotta da Corrado Formigli. E chi lo ha ascoltato, oggi lo sta giudicando un semplice insulto 'general generico' contro ignoti. Ma si tratta di ignoti che tali non sono. Si tratta, infatti, di coloro che giudicano tutto ciò che è cultura, memoria e impegno con un giudizio inappellabile: "Retorica". Ogni cosa proveniente dagli altri, o che più semplicemente non piace sentirsi dire, è 'retorica': chissà come mai. Il tentativo è quello di delegittimare chi la pensa diversamente, attraverso un giudizio totalmente parziale, dunque antistorico. Si rimuovono, cioè, tutti quei contenuti culturali che presuppongono una profonda autocritica e la formulazione di nuovi princìpi da condividere. Il 'sovranismo' di casa nostra è solo l'ennesimo camuffamento della vecchia retorica fascista, che soffoca il sano nazionalismo attraverso un determinismo trascendente e assoluto, che confida nel passare dei decenni affinché ci si dimentichi di un passato assai scomodo. Ma la Storia è composta proprio da scomodità e 'interstizi'. Alcune opinioni revisioniste, nei casi più autorevoli, hanno effettivamente sollevato la questione di un bilancio più corretto ed equilibrato del 'ventennio ruggente'. Ma nel far questo, hanno rivalutato, in realtà, l'impostazione socialista e rivoluzionaria di Benito Mussolini, che in effetti detestava i fascisti, cioé coloro che lo avevano condotto al potere e a lungo sostenuto. L'operazione di reinquadramento storico, nei casi come quello di Renzo De Felice, risulta supportata da una ricca documentazione e da elementi assai distinti tra loro: non si limita ad affermare che il fascismo, come fenomeno storico, sia stato un metodo genericamente accettabile per la modernizzazione italiana almeno fino al 1938, cioè l'anno delle leggi razziali e dell'alleanza con Hitler. Inoltre, il lavoro di approfondimento storiografico di questi ultimi decenni è divenuto ancora più complesso. E se venisse effettivamente approfondito anche da chi riduce il fenomeno a pochi errori contingenti, verrebbe anch'esso definito 'retorico'. In realtà, si giudica come retorico tutto ciò che risulta articolato, che prevede una produzione di prove e documenti poco adatti alla provocazione. Mentre invece, la retorica è esattamente l'opposto: si tratta di una vera e propria 'arte' che possiede figure linguistiche e distinzioni filosofiche ben precise. La retorica è quell'arte della divulgazione, che trova la propria autolegittimazione nel fornire un giudizio di sintesi nei confronti di fatti e fenomeni. Insomma, essa è un'operazione critica, non di rigetto, che deriva da una concezione spirituale, non da un semplice meccanismo da utilizzare brutalmente, quando ci torna comodo. Come ben chiarito dallo stesso Stefano Massini, essa si riduce a un giudizio sommario. Ma giudicare la Storia a proprio uso e consumo è un esercizio che può costare caro, perché quando si perde la memoria, oppure la si sostituisce con qualcosa di cinico, falso o inopportuno, si sta solamente affermando che si è pronti all'autoisolamento e all'oblio. Insomma, l'irriducibilismo di chi afferma che la celebrazione di una festa come quella del 25 aprile sarebbe un mero esercizio di 'retorica' esprime solamente un tentativo di manomissione della Storia stessa. La quale, non si lascia manomettere facilmente. E spesso e volentieri, presenta il proprio 'conto'. Il 25 aprile ai tempi del coronavirus non può sbrigativamente diventare una giornata riconducibile a un semplice epiteto, come quello utilizzato da Stefano Massini per concludere il proprio monologo a 'Piazzapulita'. La Festa della Liberazione merita una rivisitazione effettiva, non un giudizio assoluto: questo è senz'altro vero. Ma il modo migliore per interpretare il 25 aprile ce lo sta fornendo proprio la lunga quarantena che abbiamo dovuto affrontare in questi mesi: quello del 'distanziamento sociale'. Chi non riconosce alcun valore a questa giornata, o la giudica una festa divisiva, dev'essere trattato esattamente come un virus, affinché venga isolato, combattuto e definitivamente debellato.


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