Roberto LabateCol passare degli anni, l'uccisione di Pier Paolo Pasolini ha assunto i contorni del mito letterario: l'omicidio di un acutissimo osservatore e acclamato scrittore e regista, inserito in un contesto storico che è quello italiano, ma ovviamente anche internazionale. Proprio in quel periodo, infatti, sono state molte le uccisioni di intellettuali scomodi, giornalisti, sindacalisti e uomini di sinistra da parte di forze nascoste della reazione, che combattevano una sorta di guerra, occulta o palese, contro il comunismo e l'Unione Sovietica, quando non si è trattato di autentici genocidi o uccisioni di massa, come quelle compiute dalle dittature latino-americane ispirate dalla Cia e dal famoso 'Piano Condor', elaborato dalla presidenza Nixon e dal segretario di Stato, Henry Kissinger. Un piano che doveva combattere il diffondersi del comunismo nell'America del sud e in tutto il mondo. Secondo molti osservatori, tale piano prosegue tutt'oggi, con la messa in stato di accusa del presidente Lula in Brasile e la sua destituzione, la cacciata del presidente Evo Morales eletto democraticamente nella sua Bolivia, a causa di una crisi economica dovuta allo strangolamento da parte della superpotenza americana. Parlare di queste cose è parlare di oggi, tanto per capirci e per cercare di comprendere le ragioni di quello che succede in molte parti del mondo. Come sappiamo, dopo tanti luoghi comuni e opere che hanno cercato di dare un contributo di verità, inchieste di validissimi colleghi, documentari, film e ricostruzioni, emerge piuttosto chiaramente che la morte di Pasolini non fu causata dal solo 'ragazzo di vita', allora diciassettenne, Pino Pelosi. Cosa che, va detto, ha egli stesso confermato anni dopo. E cioè che, sul luogo dell'omicidio, a Ostia, erano arrivate altre persone; che Pasolini fu estratto dalla propria auto a viva forza; che fu picchiato a morte; e che, probabilmente, venne investito per errore, mentre i suoi torturatori stavano fuggendo dal luogo del misfatto. Pelosi era stato pesantemente minacciato e aveva parlato solo dopo la morte dei suoi genitori e della sua famiglia, proponendo le sue rivelazioni, corroborate da varie testimonianze e documentari come quello dello stesso Sergio Citti, amico di Pasolini, che raccolse le testimonianze degli abitanti delle baracche del posto, i quali confermarono la presenza di svariate persone, alcune delle quali con accento siciliano, a picchiarlo e a infierire su di lui per circa mezz'ora. In ogni caso, quel delitto atroce, il delitto di un poeta civile e di uno scrittore 'scomodo', va anch'esso inserito in un contesto che, ovviamente, diventa sempre più ampio. Pochi mesi prima, Pasolini aveva concluso una sua prestigiosa collaborazione con il 'Corriere della Sera', dove si era occupato delle stragi di Stato, proponendo delle ipotesi verosimili. E sempre per il 'Corsera' aveva scritto il famoso articolo in cui invocava un processo per la classe dirigente di allora e per vari uomini della Democrazia cristiana che gestivano un potere corrotto, spesso attraverso legami con i servizi e coi militari infeudati dalla Loggia massonica P2 di Gelli e Cefis: un organismo segreto, che operava con finalità autoritarie per combattere le sinistre in favore della politica della superpotenza americana. Proprio di recente, è stato pubblicato un nuovo libro sulla questione: 'Pasolini: un omicidio politico' (Castelvecchi Editore) in cui è stata riportata, per la prima volta, la corrispondenza - che sapevamo esistere - fra Pier Paolo Pasolini e Giovanni Ventura, imputato insieme a Franco Freda della strage di piazza Fontana. Da quest'ultimo lavoro, emerge un Pasolini sotto osservazione dei servizi segreti da anni: un'ipotesi comprovata da numerosi rapporti dei servizi, che spiavano e controllavano l'attività dello scrittore e del gruppo 'Lotta Continua'. La cosa impressionante è che fu proprio Ventura a scrivere a Pasolini, dopo il famoso articolo sul 'Corriere' in cui il poeta friulano reclamava 'Il processo' per la classe politica italiana di allora. E Ventura conveniva su questo punto, proponendo anche i nomi dei vari democristiani legati ai servizi o strumento degli americani. Il fatto che Ventura, in seguito accertato come responsabile, insieme a Freda e al gruppo di estrema destra 'Ordine Nuovo', della strage di piazza Fontana abbia scritto a Pasolini è ovviamente quel che si dice una 'pistola fumante' di enorme portata. Così come importanti sono anche le ricostruzioni di Lo Bianco e Rizza in 'Profondo Nero', edito da Chiarelettere, in cui si traccia il legame fra il famoso incidente aereo, probabilmente provocato, che causò la morte del presidente dell'Eni, Enrico Mattei, colpevole di interferire pesantemente nei piani delle multinazionali petrolifere e del suo rivale e successore, Eugenio Cefis. Tra l'attentato aereo del 1962, la scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, che indagava sul caso e l'omicidio dello stesso Pasolini sembra esserci un preciso 'filo rosso' di collegamento, come confermato anche dai giornalisti Fasanella e Lussana. Ovviamente, non va dimenticato che tali fatti s'inseriscono in un contesto internazionale in cui in tutto il mondo avvenivano omicidi del genere: sanguinose dittature militari avevano rovesciato governi eletti democraticamente in Cile, Argentina, Brasile, Uruguay e perfino in Europa, in Grecia, in Spagna e nel Portogallo di Salazar. Gli scrittori argentini Soriano e Cortazar raccontano dei loro esili in Francia, a Parigi, mentre nel loro Paese veniva instaurata una vergognosa e subdola dittatura, che fece massacrare, uccidere o far scomparire prigionieri e 'desaparecidos' a neanche 500 metri dallo stadio dove si stavano giocando le partite dei mondiali del 1978, voluti dalla dittatura militare per scopi puramente propagandistici e che vennero visti da un mondo inconsapevole, per molti versi, di quello che stava succedendo: delle sparizioni e dei voli della morte con cui venivano fatti sparire i corpi degli imprigionati, affinché non fossero mai più ritrovati. La verità su Pasolini e intorno a quegli anni, anche nei giorni del recentissimo cinquantenario della strage di piazza Fontana, avanza. Avanza sempre ed è lì: basta leggerla e tirarla fuori.


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