Silvia MattinaLa piazza romana riserva sempre un'attività teatrale prolifica e diversificata nell'offerta al pubblico. Ecco perché, dopo nove anni, non solo il festival 'Comic off' funziona, ma è una realtà in pieno sviluppo, con ben undici teatri e cinquanta compagnie provenienti da tutto il territorio nazionale. Il Teatro de' Servi ha deciso di inserire nella competizione lo spettacolo dell'attrice protagonista, Veronica Liberale, che con la sceneggiatura teatrale di 'Questa strana voglia di vivere' ha portato in scena, insieme al regista Fabrizio Catarci, la lontana Sicilia degli anni '60 del secolo scorso e non solo. I contorni di questa pièce teatrale sono ben definiti: il viaggio e l'incontro sono il 'fil rouge' della narrazione; l'ambientazione è il treno, tra partenze e arrivi; e a condurre il gioco è uno spiritoso e acuto capotreno. Eppure, la linearità del racconto e la potenza del messaggio risulta limitata da una comicità a tratti un po' timida, da una caratterizzazione dei personaggi poco spregiudicata, protesa più a non tradire le aspettative degli spettatori sui cliché dell'Italietta spaccata in due, tra cultura alta e cultura bassa e tra nord e sud, che a indagare le trame dei rapporti tra le due coppie e l'interiorità dei personaggi stessi. Sulle note di 'Quando, quando, quando' di Tony Renis, l'incompreso Salvatore (Guido Goitre) assapora finalmente il gusto della libertà di esprimere il sentimento d'amore verso un'aspirante attrice (Camilla Bianchini), attraverso il linguaggio musicale. È un rapporto genuino e autentico quello che lega i due giovani, segnato dalla condivisione di emozioni e sofferenze derivanti dal rifiuto: un'unione capace di vincere le differenze di classe e colmare ogni distanza fisica. Lo stesso vale per l'altra coppia: lo scrittore misterioso (Alessandro Moser) e la sicula Maria Cristina (Veronica Liberale) superano la difficoltà di comprendersi a parole con l'energia della loro passione travolgente. La contaminazione linguistica tra lingua ufficiale e sintassi calibrata su quella siciliana, permette di far emergere abitudini, parole italiane obsolete, tratti linguistici tipici dell'oralità, arrivando addirittura a confondersi come i due corpi che si uniscono nell'amore fugace di un viaggio in treno. Tuttavia, la scelta di portare in scena questo 'spaccato' socio-antropologico e culturale risulta efficace, in un periodo storico in cui la memoria traballa sotto i colpi di un 'populismo' sempre più pornografico e la semplicità della vita quotidiana con i suoi sogni e le sue speranze sembra inabissarsi in un lago di sovrastrutture digitali e identità artefatte. Tra la partenza e l'arrivo non ci sono soltanto i cinque personaggi in cerca di una meta fisica e metafisica: ci sono anche Livio Berrutti, Giovanna Ralli, Dino Risi, Marylin Monroe e tutta quella scenografia storica che riempiva le pagine dei quotidiani e della televisione di quegli anni. In mezzo, quindi, c'è la costruzione di una confortante e tenera immagine di un Paese dove, come sosteneva Pirandello "il dialetto è la lingua del sentimento e l'italiano quella della ragione". Ma il finale, come canta Niccolò Fabi, "è di certo più teatrale, così di ogni storia ricordi solo la sua conclusione".


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