Valentina Cirilli"Non credo che vedrò mai una poesia bella come un albero". Come nel celebre verso del poeta Joyce Kilmer sta un 'albero-casa' attaccato al seno di Madre Terra, sopra cui le donne possono tornare a gioire, cantare e ballare: ripristinare una normalità da troppo tempo perduta. È il risultato del lavoro della scenografa Barbara Petrecca per 'L'uomo seme', l'ultimo spettacolo ideato e interpretato da Sonia Bergamasco, andato in scena dal 5 al 10 marzo scorso presso il Teatro Vascello di Roma. Nel suo personale adattamento del manoscritto di Violette Ailhaud, intitolato appunto 'L'uomo seme', una straordinaria Sonia Bergamasco celebra tutta la grandezza di quella potenza femminile talvolta offuscata e dimenticata. Sul palcoscenico, le donne di un villaggio dell'Alta Provenza sono testimoni dell'azione devastante della guerra che, da un giorno all'altro, le ha private della presenza degli uomini. Le donne decidono così di stringere un patto, il solo in grado di poter ristabilire la vita: il seme del primo uomo che comparirà all'orizzonte sarà diviso tra tutte. L'allestimento essenziale e minimale, che fa da sfondo all'intera scena, non rinuncia alla potenza evocativa di visioni archetipiche, primordiali, della natura e della vita dei campi. Quel paesaggio natìo desolato e vinto, filtrato dallo sguardo nostalgico dell'autrice francese che poco più che ottantenne, all'indomani della Prima Guerra Mondiale, decise di imprimere nelle pagine di questo suo manoscritto. L'attenzione dello spettatore non può fare a meno di imprimersi sulla solennità dell'imponente albero posto al centro della scena, che le donne del villaggio, interpretate dal quartetto vocale Faraualla, con il soave canto e la danza, abbracciano e omaggiano come un vero e proprio inno alla vita. I movimenti coreografici delle danzatrici, curati da Elisa Barucchieri, vengono accompagnate dalle percussioni del musicista-performer Rodolfo Rossi. A tratti, l'albero diviene una struttura percorribile: le interpreti si arrampicano e si sdraiano su di esso come fosse un rifugio, un'entità rassicurante e benefica, in seno alla quale ricevere conforto. L'albero diverrà lo specchio di colui in grado di garantire il soddisfacimento di "quel bisogno primario, quel richiamo di vita che ci arriva dall'alba dell'umanità". Raramente si ha la possibilità di condividere e penetrare il processo creativo che accompagna il delicato lavoro di uno scenografo teatrale. Con la passione che la contraddistingue, la scenografa de 'L'uomo seme', Barbara Petrecca, ci guida alla scoperta di come è nata l'ideazione della sua originale scenografia.

Barbara Petrecca, come si e_ svolto il percorso ti che ha portato alla realizzazione dell'allestimento scenico di 'L'uomo seme'?
"La scenografia de 'L'uomo seme' è il risultato di un percorso di lavoro condiviso con la regista, Sonia Bergamasco, la quale aveva sin dall'inizio pensato all'elemento dell'albero come simbolo della nascita, della vita che fiorisce. Vi era, alla base, l'idea di ricreare un ambiente primitivo, essenziale, legato alla rappresentazione realistica della cultura contadina e della crudezza della natura, fulcro del romanzo di Violette Ailhaud. Abbiamo così condotto una ricerca iconografica attraverso le immagini di alberi antichi, che suggestionandoci hanno poi guidato la nostra scelta verso una scultura in legno e ferro realizzata dai bravissimi macchinisti del Teatro 'Franco Parenti'. Siamo arrivati alla realizzazione di una figura dalle linee grafiche pulite, che pur essendo abbondante non sovrasta l'intera scena. L'elemento della trasparenza permette ai giochi di luce e di colore di penetrare l'albero, creando un'atmosfera sospesa, a tratti fiabesca. Questo conferisce un perfetto equilibrio tra la durezza e la povertà dei materiali della costruzione e la dolcezza della narrazione dell'universo femminile di cui la drammaturgia si fa portatrice".

Un albero che sembra fatto per essere vissuto e partecipato dagli interpreti: è così?
"La mia idea di partenza era far sì che la grande scultura fosse una struttura portante e praticabile: un oggetto che potesse essere animato dagli interpreti, sopra il quale potessero salire e scendere. L'albero vive con e grazie alle donne del villaggio. Il fatto che esse lo attraversino, facciano muovere i suoi rami o si distendano su di esso, soprattutto nella parte superiore, gli dà un'autentica pulsione vitale, rendendolo un nido sicuro. Inizialmente, avevo pensato a un grande cesto generoso e accogliente che, per problemi tecnici, non è stato possibile realizzare".

Come è stato lavorare a fianco di Sonia Bergamasco?
"Non è la prima volta che lavoriamo insieme. Sonia è una professionista eccezionale e disciplinata, che riesce a metterti a tuo agio permettendoti di sperimentare e giocare con materiali nuovi e non convenzionali. Non capita spesso di imbattersi in un'artista dotata di un'apertura tale da consentirti di produrre seguendo l'istinto del momento. Abbiamo portato avanti l'allestimento de 'L'uomo seme' confrontandoci l'un l'altra, con i tecnici e il direttore delle luci, Cesare Accetta, cercando sempre, da parte mia, d'interpretare fedelmente le esigenze della regia".




'L'uomo seme'
Racconto di scena ideato e diretto da: Sonia Bergamasco
Tratto da: 'L'uomo seme' di Violette Ailhaud (traduzione di Monica Capuani)
Drammaturgia musicale a cura di: Rodolfo Rossi e del quartetto vocale 'Faraualla'
con: Sonia Bergamasco, Rodolfo Rossi, Loredana Savino, Gabriella Schiavone, Maristella Schiavone, Teresa Vallarella
Scene e costumi: Barbara Petrecca
Luci: Cesare Accetta
Cura del movimento: Elisa Barucchieri
Assistente alla regia: Mariangela Berardi
Costumi realizzati presso la sartoria del Teatro 'Franco Parenti', diretta da Simona Dondoni
Produzione: Teatro 'Franco Parenti' / Sonia Bergamasco

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