Alessandro LozziPer effetto dell’immigrazione la società italiana è velocemente diventata diversa sul piano spirituale e religioso. Oggi la questione laica non è più solamente la separazione tra Stato e Chiesa cattolica bensì quella di conciliare l’unità nazionale con il rispetto delle diversità che nascono dalle varie religioni. La posta in gioco è quella di dare alle nuove religioni lo spazio di cui necessitano e di riuscire, nel contempo, a operare l’integrazione lottando contro le strumentalizzazioni politico-religiose. I grandi principi della laicità, oggi più attuali che mai, sono la neutralità dello Stato e ed il pieno diritto alla libertà di coscienza. Ma la neutralità, come ha osservato anche la commissione Stasi (ovvero la “Commissione di riflessione sull’applicazione del principio di laicità nella Repubblica” voluta da Chirac), non può essere un alibi per evitare coinvolgimenti. Lo Stato neutrale deve difendere la libertà di coscienza e impedire che un credo religioso si imponga sugli altri con metodi aggressivi, o tenga in soggezione i propri fedeli. Deve tutelare l’uguaglianza tra i cittadini e la parità fra i sessi. Lo deve fare soprattutto nei luoghi di cui è maggiormente responsabile e che sono per molti aspetti il suo naturale prolungamento: la scuola e gli ospedali pubblici, le Università, la pubblica amministrazione.
All’interno dello Stato moderno si sono insediate alcune feudalità religiose e culturali, prevalentemente islamiche, dirette da nomenklature di professionisti dell’immigrazione cui viene riconosciuto il diritto di governare il loro gregge e privarlo, come accade nel caso delle ragazze mussulmane, di alcuni diritti di cittadinanza. Questo non è tollerabile. E’ semplice quanto saggia la proposta della commissione Stasi, che si propone di adottare anche in Italia, di redigere una carta della laicità che definisca diritti e obblighi degli individui da affiggere in tutti gli uffici pubblici e da distribuire in tutte le occasioni in cui il cittadino incontra lo Stato. Del pari è da accogliere e da incoraggiare il suggerimento di promuovere, ora che è stato abolito l’obbligo della leva, un servizio civile che favorisca il rimescolamento sociale esattamente con la medesima funzione unificante che il servizio di leva obbligatorio ebbe nello Stato unitario italiano.


Articolo tratto dal quotidiano "L'Opinione delle Libertà" del giorno 1 febbraio 2005
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