Vittorio LussanaLe nostre forze 'populiste', in particolar modo Movimento 5 stelle e Lega, generalmente ritengono che l'attuale assetto dell'Unione europea sia quello di una élite di burocrati assai distante dai problemi concreti dei cittadini. Le cose non stanno affatto così: in Europa è in corso, da tempo, una vera e propria guerra tra razionalismo scientista e irrazionalismo ideologico. Un conflitto nel quale anche il razionalismo, purtroppo, non è esente da errori e valutazioni sbagliate. Molti errori sono stati commessi, soprattutto, dalle forze popolari e conservatrici, le quali hanno perseguito un'idea di 'austerity' basata su una 'topica' che in pochi conoscono. Nel maggio del 2010, sulla rivista 'American Economic Review' venne pubblicato il saggio di Carmen Rheinhart e Kenneth Rogoff dal titolo: 'La crescita ai tempi del debito'. Un testo di politica economica che ha ispirato tutte le teorie di 'austerity' che, negli anni successivi, sono state imposte ai Paesi più indebitati. Quella ricerca dimostrava una correlazione negativa tra crescita e debito pubblico, soprattutto quando il secondo superava la soglia del 90% del prodotto interno lordo. Sulla base di tale assunto, l'allora presidente della Commissione europea, Josè Barroso e quello agli Affari economici, il finlandese Olli Rehn, si affrettarono a dichiarare che, per uscire dalla recessione economica, fosse necessario abbattere il debito, definire il 'fiscal compact' e imporre l'obbligo di pareggio di bilancio pubblico per legge (l'Italia lo inserì addirittura in Costituzione). Il Fondo monetario internazionale e la Banca centrale europea fecero propria tale teoria. Ma soltanto qualche anno dopo, il giovane studioso Thomas Herndon (un neolaureato, ndr) rivelò che i risultati della ricerca di Reinhart e Rogoff contenevano errori imbarazzanti. A cominciare da un codice sbagliato sul foglio di 'Excel' utilizzato per archiviare, catalogare e selezionare i dati. Un errore divenuto noto col nome di 'Excelgate' e che, una volta corretto, produsse risultati praticamente opposti: il tasso di crescita dei Paesi ad alto debito passava da un -0,1% a un +2,2%. Da quel momento in poi, si è cominciato a parlare di "austerità espansiva". Un ossimoro che, in realtà, risultava funzionale a occultare ai piani bassi della 'politique politicienne', cioè quella dei nostri 'talk show', un errore di archiviazione che aveva falsato tutte le stime di crescita. Le quali, infatti, si sono verificate in pochissima parte. In seguito, venne formulata la teoria delle "politiche di riforme strutturali". Un'idea, quest'ultima, utilizzata dalle forze popolari, moderate e conservatrici, per comprimere, innanzitutto, il mercato del lavoro. Ed ecco come si è giunti al 'Jobs Act' di Matteo Renzi. Si è trattato di errori che hanno dimostrato, per l'ennesima volta, non un problema di élités finanziarie avide e ingiuste, ma quello di una classe intellettuale arruginita e invecchiata, letteralmente 'uccellata' da un giovane neolaureato nato nel 1985. Un problema di 'rimbambiti al potere', insomma, in cui quasi tutti si corre dietro, senza verifiche e controlli, alle teorie economiche espresse da chi viene reputato autorevole per puro 'feudalesimo intellettuale'. Tutto ciò ha seminato un 'vento' destinato a trasformarsi in una 'tempesta', poiché ha finito col dare 'fiato' al populismi delle destre nazionaliste, benché sin dai tempi del cosiddetto 'Excelgate' fossero i laburisti e i socialisti europei quelli che invocavano l'utilizzo della spesa pubblica e maggiori investimenti in infrastrutture, secondo i dettami del più normale dei 'keynesismi' sviluppisti. In ogni caso, il Movimento 5 stelle è giunto solo oggi nel merito di tale dibattito e non certo per sua colpa. Ma anche in questo caso, esso tende ad avanzare a tentoni, come un sonnambulo che inciampa e sbatte la testa da tutte le parti, in una sorta di sindrome del 'pipistrello impazzito'. In pratica, esso finisce col sostenere posizioni marginali o di minoranza, puntando a obiettivi 'rousseauiani' di maggioranza. Un errore che rischia di trasformarlo in una 'meteora' della politica. Il M5S, inoltre, tende a drenare voti a sinistra per portarli in dono alle destre. Ovvero, proprio a quelle forze che hanno condiviso, in passato, gli errori di cui sopra. La mancanza di iniziativa politica del mondo socialdemocratico internazionale, infine, completa un 'quadro' complessivo che, sebbene di crisi, non sarebbe così negativo, se non risultasse peggiorato dall'inazione proprio delle forze riformiste e di progresso. Quando questo equivoco si rivelerà tale, molte nubi verranno spazzate via. Ma ciò non toglie che, anche sul fronte razionalista, liberaldemocratico e progressista, siano stati commessi degli errori evidenti: si è esaltata a lungo la signora Merkel, per esempio, quando gli effetti della crescita economica tedesca erano dovuti, in larga parte, alle riforme del socialdemocratico Gerhard Schroder. Il mondo laburista e socialista europeo deve comprendere come uscire dall'enigma che esso stesso ha generato e che si è andato a incastrare all'interno di un equivoco ancora più grande. Quello di chi ha finito col riesumare un vero e proprio cadavere: un sovranismo dannoso e 'sfascista', che oggi cerca di 'scalzare' il mondo popolare e moderato. Il quale, a sua volta, merita pienamente di essere defenestrato.

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Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista 'Periodico italiano magazine' n. 45 - gennaio/febbraio 2019)

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