Giuseppe LorinVittorio Pavoncello da anni si esprime attraverso i diversi media dell'arte: dalla regia teatrale alla scrittura, sia per il teatro, sia per i romanzi - è dello scorso anno il Premio Capalbio per la Letteratura con la storia di un 'hikikomori', un giovane adolescente che rifiuta il mondo mentre uno tsunami lo devasta - ma anche per la scrittura di saggi e poesie, con la creazione del fermento artistico 'SpamArt'. Il cinema ha visto di recente un suo cortometraggio in concorso al David di Donatello. E poi la pittura, l'incisione e la scultura. Molti dei temi che Vittorio Pavoncello ha trattato in altri ambiti artistici riecheggiano o si ritrovano in queste sculture: la vita di coppia e l'amore, con le sculture dedicate agli amanti e al 'Bacio'; il suo costante impegno politico con la scultura 'No nazi', che ha la 'mano' come forma di 'Arma e preghiera'. 'Colpi di mano' è infatti il titolo della mostra performativa che, dal 5 al 7 giugno 2018, questo artista sottopone al pubblico con l'esposizione di 60 sculture, sia in ceramica, sia in terracotta, nei suggestivi spazi della 'Galleria Angelica' di via di Sant'Agostino n. 11 in Roma. Il tema della violenza, con la scultura 'Violenza e Le grand bleu' contro i maltrattamenti delle donne è il suo dono sociale. 'Colpi di mano', oltre a rappresentare inquietanti 'Tracce umane' lasciate nella creta, sono anche la 'Mano conchiglia' o la 'Mano fiore' e 'Lazzaro' che torna a vivere, oppure 'Prometeo', che ruba il fuoco agli dei per darlo agli esseri umani. Sculture di piccolo formato, che per temi e titoli riportano alla satira di Honoré Daumier come 'Coppia poco simpatica', oppure 'Coppia che litiga per questioni di denaro'. Il 'Colpo di mano' è ciò che ha portato l'uomo a essere quel che è, nel bene e nel male. Il 'colpo di mano' è dunque un'intuizione, un repentino e imprevisto cambiamento, un rovesciamento di situazioni e sentimenti, un gesto con il quale si è dato o si dà forma alla propria vita. E sono molti gli eventi che fanno vibrare i sensi e lo spazio: l'udito, la vista, il tatto, l'olfatto, il gusto, con diverse performance di musica e drammaturgie nuove di danza e teatro. E poi, i filosofi del passato, da Sant'Agostino a Diderot, con una riflessione finale sul modo e le finalità dell'arte oggi, senza trascurare un gustoso brindisi alla vita. Alcuni giornali hanno già trattato le tematiche di questo poliedrico artista, come: 'Voltapagina', con l'articolo a firma Carla Benocci. Altri ancora si sono interessati di Vittorio Pavoncello: Giancarlo Carpi, Henry Focillon, Eloisa Saldari, Stefania Severi, Fiammetta Terlizzi e Michela Zanarella. Dobbiamo inoltre ricordare che le sculture dell'artista sono state realizzate a Roma, nel laboratorio 'Paolelli Ceramiche', punto di riferimento di artisti di fama nazionale e internazionale in cui l'elaborazione delle opere in ceramica, porcellana e terracotta hanno la dovuta assistenza tecnica per la cottura.

Vittorio Pavoncello, ci può esprimere il suo personale concetto di arte nel mondo contemporaneo?
"Non è semplice, perché ogni volta che inizio a riflettere sulla questione mi scappa o, mi si perdoni la citazione: "Mi sfugge di mano". O perché si rifà troppo a un passato grandioso, sia quello classico, sia quello delle avanguardie, o perché la tecnologia contemporanea ha scardinato i parametri consueti, anche quelli più recenti. E per tecnologia non dobbiamo solo intendere tutto ciò che riguarda il video o la visione, ma anche la produzione dei media che l'artista utilizza. Sarebbe difficile immaginare l'affermarsi dell'impressionismo senza la comparsa sul mercato dei tubetti di colori, che permettevano oltre al trasporto 'en plein air', anche la giocosità di una diretta pastosità applicata sulla tela. Ma parlando di ciò, siamo ancora nella ricerca puramente estetica del fare arte. Sempre di più, oggi, l'arte vuole connotarsi per una sua possibilità di fare scandalo, o di essere una voce nel dibattito politico e sociale. Tecnologia, scandalo, politica: mi sembrano questi gli ingredienti della torta dell'arte contemporanea. Ogni tanto qualcuno pensa, facendo propria l'affermazione di Leonardo: "L'arte è una cosa mentale". Ma sono casi molto rari. In un'epoca in cui per scrivere un libro di successo basta ammazzare qualcuno e scrivere le proprie memorie, parlare di arte è quanto mai ridicolo: è molto più facile ammazzare qualcuno che diventare un discreto artista. Se l'arte, oggi, potesse fermare un kamikaze dell'Isis sarebbe felice e si sentirebbe nel pieno della contemporaneità, o se potesse farsi esplodere come un kamikaze sarebbe altrettanto felice. Perché l'arte, oggi, soffre molto del suo non essere nel presente. È giusto che l'arte continui a distruggere, come in un concerto rock, i propri strumenti: i cocci sono di più e si vendono di più".

Una critica all'impegno culturale di questa nostra capitale d'Italia, da più fronti bistrattata?
"Lo ripeto anch'io, per fare ancora più coro e così pensiamo di essere in tanti a pensarla così: abbiamo un patrimonio immenso da far vedere e valorizzare. Solo che dobbiamo anche inventare nuove modalità e strutture, contesti e contenitori espositivi. Tutto questo darebbe impulso al lavoro e alla creatività. Ma sono parole al vento: se pensiamo che in questo governo, che ha faticato a nascere e che ci condanna quasi a essere alla mercé di 'zombies', da qualunque parte politica essi provengano, nei vari 'toto- ministri' o nella scelta dei ministri non è mai comparso il ministro o la ministra della Cultura. Possiamo ben capire, quindi, che l'impostazione è ancora ben lontana dall'essere impostata".
 
La religione e il 'colpo di mano' che diede origine alla vita: qual è la sua personale riflessione?
"Gli artisti, oggi, per essere tali e per fare arte non sanno più a quale santo votarsi: se questa non è pura fede, non saprei come vederla altrimenti. Si spera anche di essere scoperti dopo morti pur di credere in una religione che, con un 'colpo di mano', faccia 'tabula rasa' dei finti e cattivi artisti per glorificare, infine, quelli buoni. Ma per far questo ci vorrebbe un Dio che ama l'arte. Il Dio biblico, invece, per quanto se ne dica o si faccia, creò l'uomo mica per farne un artista, ma perché gli curasse il giardino. Il giardiniere, quindi, è l'uomo".


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio