Vittorio LussanaAnche se il 'Rosatellum bis' in quanto modello elettorale potrebbe ancora riservare molte sorprese, soprattutto in sede di costituzione dei Gruppi parlamentari, nel momento in cui scriviamo alcuni elementi appaiono alquanto chiari. Innanzitutto, il Movimento 5 stelle ha fatto il 'pieno' e bisognerà, in qualche modo, riconoscergli questo eccellente risultato. Forse, un'operazione di liste di affiancamento avrebbe potuto completare il quadro della vittoria, avvicinando maggiormente il movimento 'pentastellato' al 40%. Ma si tratta di un ragionamento totalmente ipotetico, che potrebbe 'tornar buono' per il futuro. Il secondo elemento che emerge è la fine, questa volta definitiva, di Silvio Berlusconi, al quale non si poteva chiedere, alla sua ormai veneranda età, di tornare a essere "l'uomo della Provvidenza". Il terzo elemento è la crescita della Lega, che pone tale forza politica alla guida dell'intero centrodestra. Infine, appare evidente la disfatta del Partito democratico, che a nostro parere dovrebbe cominciare a orientarsi, giunti a questo punto, verso una scelta di netta discontinuità, magari andando a sostenere in parlamento, per questioni di responsabilità nazionale, un nuovo Governo guidato da Luigi Di Maio. Ciò significa, ovviamente, che Matteo Renzi non può pretendere di continuare a svolgere il proprio ruolo politico di segretario nazionale come fu invece possibile, nel 2008, per Walter Veltroni, il quale, pur perdendo, era riuscito a ottenere un dato assai più significativo. L'indicazione di un 'renzismo' ormai 'scarico', da noi segnalata più volte e in varie sedi, si è vista nettamente confermata, anche se la coalizione di centrosinistra potrebbe riversare sul Pd un dato del 5% in più: una redistribuzione che, stando ai numeri attuali, in ogni caso marginalizza l'intero centrosinistra al terzo posto della competizione elettorale. Insomma, stando così le cose, ancora una volta il passaggio elettorale ha denotato un'assoluta divisione del popolo italiano in 3 blocchi, anche se questa volta i rapporti di forza sono ben diversi rispetto a quelli del 2013. Tutto ciò ci induce a mantenere le nostre riserve nei confronti di un elettorato che rimane prigioniero di concezioni sostanzialmente 'tardo-ideologiche'. E veniamo ora a spiegare il perché di un simile giudizio: 1) è chiaro che il M5S oggi si presenta come vero e proprio erede del Partito comunista italiano, per lo meno nella sua funzione di contenimento del voto di protesta: un merito non di poco conto; 2) la manovra di 'riposizionamento centrista' del Pd tentata da Matteo Renzi non ha dato i frutti sperati, poiché non si è avuta quella 'frana' tra i ceti cattolico-moderati in cui il neo-senatore fiorentino forse confidava; 3) il magro 14% raccolto da Forza Italia chiude completamente un'intera stagione. E il ritardo di questa forza politica nel voler intraprendere un percorso di rinnovamento interno viene pagato, questa volta, in termini piuttosto salati. Tutto questo rende il quadro politico sostanzialmente un 'rebus'. Per parte nostra, negli ultimi anni si era cercato di consigliare una maggior insistenza, presso il popolo italiano, circa l'esigenza di una governabilità il più possibile univoca e compatta sotto il profilo della visione complessiva. Ma la nostra classe politica, per l'ennesima volta, ha sottovalutato la situazione, decidendo di tirare a 'campare' rinchiudendosi nel proprio 'fortilizio', in attesa di un miracolo 'provvidenzialista'. Ebbene: il miracolo non è avvenuto. E l'attuale situazione risulta ancor più indecifrabile rispetto a quella del 2013. Di questo 'miracolo mancato', la classe politica cosiddetta 'tradizionale' è pienamente responsabile, non avendo voluto rispondere in anticipo alle richieste che provenivano da una larga parte del popolo italiano. Ora, la parola passa al presidente Mattarella: sarà lui a indicarci su quale base interpretare politicamente un simile esito. Ovvero: in una 'chiave 'proporzionalista', premiando cioè il dato del Movimento 5 stelle; oppure maggioritaria, basandosi dunque sui dati di coalizione e sul sorpasso che la Lega è riuscita a effettuare sul movimento guidato, forse troppo a lungo, da Silvio Berlusconi. Il quale è il vero sconfitto di questa consultazione. Insieme, ovviamente, a Matteo Renzi.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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Carlo Cadorna - Frascati - Mail - lunedi 19 marzo 2018 13.29
Tutti i problemi per i vincitori delle elezioni nascono dai rapporti con l'Europa. Basterebbe copiare dal Giappone che ha un debito doppio rispetto al nostro, ma lo sottoscrive interamente all'interno. Il nostro debito estero è di circa mille mld. e nelle banche ne giacciono 2800 di risparmi privati: non credo che sia impossibile, con incentivi morali e finanziari, trovarne mille che sottoscrivano dei titoli di debito. Poi si potrebbe trattare con i tedeschi senza ricatti...
cristian - Latiano - Mail - lunedi 12 marzo 2018 0.6
Il Presidente della Repubblica a mio parere non è molto contento di affidare l'incarico a Salvini o a Di Maio, anche se il risultato del voto dovrebbe orientare il Presidente della Repubblica su queste due figure. Il presidente se potesse, darebbe incarico a Gentiloni, figura moderata e con maggiore esperienza, politico più morbido con meno rischi di rottura con l'establishment europeo. Ma scoppierebbe il putiferio perchè ormai sia i grillini che i leghisti avanzano pretese di non poco conto. Difficile quindi andare oltre a queste due figure. Con Salvini Presidente del Consiglio, l'Europa e i rapporti con l'Europa hanno il tempo contato. Con Di Maio è rebus.
Paola - Roma - Mail - martedi 6 marzo 2018 19.40
Ottima e minuziosa analisi: guai per noi. Certamente se votassimo di nuovo non arriveremmo a questo risultato, ma dovremmo dare una mano a una coalizione o a un partito, ma mi chiedo votare quando??? Saremmo ancora in tempo a tener in piedi questo straccio di Italia o sarebbe troppo tardi?
Alba - Fabrica di Roma (VT) - Mail - martedi 6 marzo 2018 18.37
Io aspetto l'assegnazione dei seggi. Solo con quei numeri si può cominciare a parlare di eventuali accordi di programma, per prima cosa nella nomina dei presidenti di Camera e Senato. Mattarella può solo lavorare con i numeri che ci sono, mica con quelli che vorrebbe.
Renato Delfiol - Firenze - Mail - martedi 6 marzo 2018 11.57
Bisogna capire se il Presidente è vincolato dalla legge elettorale a dare il mandato al partito o alla coalizione maggiore. Potrebbe però dare prima un mandato esplorativo a qualche personalità super partes che potrebbe appartenere anche ad un partito minore. Al momento tutti sono arroccati sulle proprie posizioni di intransigenza, ma con queste il governo non si fa e resta solo la strada di nuove elezioni, che darebbero sicuramente un peso ancora maggiore ai 5 stelle. Ho l'impressione che né la destra né la sinistra hanno interesse a battere questa strada. Certamente le dimissioni a tempo di Renzi complicano le cose anche se certamente non fanno che peggiorare il giudizio su di lui dei suoi oppositori. Vedo molto difficile un suo rientrare in campo in un successivo momento, come forse s'immagina. L'esecrato Bersani aveva portato il partito alla quasi vittoria, Renzi ad una schiacciante sconfitta.
Carlo Cadorna - Frascati - Mail - martedi 6 marzo 2018 11.27
La sfida di Renzi potrebbe favorire un'alleanza dei due vincitori per realizzare alcuni punti in comune che vi sono: potrebbero cominciare ad accordarsi sul Presidente del Senato. In politica tutto è possibile: è un errore pensare nella logica dei vecchi schieramenti o, peggio, delle vecchie ideologie.


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