Serena Di GiovanniAlle ore 3 e 36 minuti del 24 agosto scorso, le lancette dell'orologio del campanile di Amatrice si sono fermate. E, con esse, è venuta meno anche una parte importante di Storia del nostro territorio: crolli e macerie del patrimonio artistico e culturale italiano. Solo ad Amatrice: dal Museo civico alla chiesa di sant'Agostino; la basilica di san Francesco con la storica biblioteca; la Porta romana; la Torre civica; la Porta ascolana. E poi la trecentesca chiesa di Santa Croce e la Torre medioevale di Arquata del Tronto; l'Eremo della Madonna della Stella vicino Spoleto; le crepe del Duomo di Urbino; i danni alla basilica di san Benedetto e le mura di Norcia; i crolli nel monastero di santa Chiara a Camerino e nella chiesa della Collegiata in provincia di Macerata. "Ben 293 beni immobili di valore culturale crollati o gravemente danneggiati nel raggio di 20 km dall'epicentro del terremoto tra Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo", ha dichiarato il ministro per i Beni Culturali, Dario Franceschini, che ha attivato da subito le unità di crisi regionali nelle quattro regioni interessate, in particolare in quella più colpita: il Lazio. Una stima certamente approssimativa e imprecisa, che si va accrescendo giornalmente. Già poche ore dopo il terremoto, il Segretario generale del Mibact, Antonia Pasqua Recchia, aveva avvertito di una 'mappatura dei beni danneggiati' in corso nei paesi confinanti tra l'Abruzzo e l'alto Lazio, nonché il coinvolgimento dei Carabinieri dei Nuclei di tutela del patrimonio culturale nell'evitare ulteriori danni, soprattutto i fenomeni di 'sciacallaggio' per i beni ecclesiastici. All'inizio di settembre, le prime importanti ricognizioni da parte delle squadre tecniche del Mibact (tra cui l'Istituto superiore per la conservazione e il restauro, Iscr), insieme al personale dei Vigili del fuoco e il Dipartimento della Protezione civile con l'assistenza del Comando Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale. Il recupero, in particolare, delle opere custodite nel Museo civico 'Nicola Filotesio' di Amatrice (trasferite nella caserma del Corpo Forestale dello Stato di Cittaducale, in provincia di Rieti) e della copia della Sacra Sindone conservata nella chiesa di San Francesco di Borgo ad Arquata del Tronto (portata presso il Duomo di Ascoli Piceno).
 
L'esigenza di un dibattito critico
Che il Governo abbia prontamente reagito al sisma è un dato di fatto. Che, tuttavia, in tali circostanze, la 'fretta' non sia sempre una 'buona consigliera' è elemento altrettanto assodato. Nelle situazioni di emergenza si tende spesso ad andare 'di corsa', rischiando di appiattire il dibattito sui problemi più grandi (come, nel caso specifico, quello urbanistico), incorrendo in diversi errori. In questo momento, dopo i primi interventi emergenziali, sarebbe opportuno 'fermarsi un attimo' per fare il 'punto' della situazione; avviare dibattiti critici sulle modalità d'intervento; attuare in maniera capillare e organica quei principi di conservazione preventiva e quelle competenze nel settore che tutto il mondo ci invidia. Lo ha sostenuto anche 'Italia Nostra', associazione per la salvaguardia e la conservazione dell'ambiente e del territorio in Italia, la quale ha fatto da subito sentire la sua voce. Rilevando, in un comunicato immediatamente successivo alla grave calamità naturale, la necessità di messa in sicurezza di tutti i beni culturali all'interno di piani preventivi mirati: "Quando il sisma, ancora in corso, avrà esaurito la sua potenza distruttrice, al cordoglio per le vittime e ai soccorsi per salvare vite seguirà il dolore per la distruzione delle memorie più care, dei luoghi della propria storia familiare e comunitaria: monumenti, chiese, il paesaggio urbano amato con le sue antiche case. Proprio per questi motivi, la messa in sicurezza di tutti i beni culturali va potenziata da subito, con l'intervento di esperti competenti. È questo un appello per tutto il nostro Paese e per il mondo".
 
L'importanza della Carta del rischio e del restauro preventivo
Un 'piano', dunque, da affidare alla 'Carta del rischio', il sistema informativo territoriale di supporto scientifico e amministrativo agli Enti statali e territoriali preposti alla tutela del patrimonio, elaborato e realizzato negli anni '90 dall'allora Istituto centrale per il restauro (oggi Iscr). La 'Carta', che ha concretizzato il concetto di 'restauro preventivo', formulato già alla metà del secolo scorso dallo storico dell'arte e teorico del restauro, Cesare Brandi, si struttura in una serie di 'banche-dati' (alfanumeriche e cartografiche) in grado di elaborare informazioni sui potenziali fattori di rischio che investono il patrimonio culturale. Esse tengono in considerazione due fattori, in particolare: la 'Vulnerabilità individuale (V)', ossia una funzione che indica il livello di esposizione di un dato bene all'aggressione dei fattori territoriali ambientali; la 'Pericolosità territoriale (P)', ossia una funzione che indica il livello di potenziale aggressività di una determinata area, indipendentemente dalla presenza o meno dei beni. Vi è da precisare, tuttavia, che attualmente i dati inseriti nel sistema sono stati acquisiti in tempi e modalità diverse, secondo i vari progetti che si sono succeduti nel corso degli anni. E che tale eterogeneità e disparità delle 'fonti di acquisizione' rende difficile una certificazione capillare e omogenea di tutti i beni presenti sul territorio italiano. Data, però, la validità di tale strumento per la prevenzione dei rischi e dei danni, il potenziamento delle sue caratteristiche e possibilità dovrebbe costituire una priorità da affrontare nell'immediato e sulla quale investire. Presupponendo, ovviamente, dei provvedimenti edilizi preventivi per evitare distruzioni tanto gravi come quelle di Accumoli e Amatrice.
 
No alla logica delle 'New towns'
Sempre 'Italia Nostra' ha inoltre contestato l'idea di applicare, nelle zone colpite, la logica delle 'New towns' come quelle edificate a L'Aquila. Si tratta, infatti, di nuovi agglomerati urbani più o meno limitrofi alla città vecchia, che concorrono a ulteriori 'distorsioni deturpative' del paesaggio circostante. Tale appello sarebbe stato condiviso anche dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi e dal senatore Renzo Piano, architetto di fama mondiale.
 
Le Soprintendenze, queste sconosciute
Sull'argomento 'terremoto' e l'assenza di programmazioni a lungo termine che coinvolgano direttamente le Soprintendenze statali si è fatto sentire, in questi giorni, il giornalista e scrittore Vittorio Emiliani. Quest'ultimo ha evidenziato, in particolare, l'incombente minaccia di riproporre, oggi, la sciagurata gestione post-terremoto del duo 'Bertolaso-Berlusconi', i quali , dopo il terremoto abruzzese del 2009, esclusero le Soprintendenze dalla ricostruzione 'dopo-sisma'. Secondo Emiliani "alla prima riunione convocata da Renzi per 'Casa Italia' hanno sentito tutti - dalle Regioni giù, giù fino a Legambiente (non altre associazioni non meno combattive e attrezzate) - ma non le Soprintendenze, un tempo 'competenti', non il Mibact", mentre sono stati proposti i nomi di 'archistar' e 'grandi tecnici'. Soprintendenze che hanno 'fatto molto bene' sia in Friuli nel 1976, sia in Umbria e nelle Marche dopo i terremoti del 1979 e del 1997, la cui esclusione dalle pratiche di restauro e salvaguardia del territorio innesca processi preoccupanti, impedendo di fatto 'un'azione strategica istituzionale' che preveda l'applicazione di piani organici di 'conservazione preventiva' e 'programmata' nelle zone a 'rischio sismico'.


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