Giorgio MorinoMilano sembra aver rappresentato, nel corso delle recenti elezioni amministrative, l'unico luogo di 'normalità' politica del Paese. E il nostro pensiero non poteva che tornare agli anni della 'Milano da bere', in cui anche chi non si sentiva in piena sintonia con la maggioranza politica di allora, il 'Pentapartito', ammetteva che la fase a guida socialista aveva generato una 'spinta' positiva importante per la nostra economia interna. Si trattò di una fase di stabilità in cui si riuscirono a 'mimetizzare' una serie di accordi per sconfiggere l'inflazione, abbattere il costo del lavoro e rilanciare la produttività. Ciò accadde, in particolar modo, negli anni del Governo Craxi (1983-'87) e, proprio per questo motivo, abbiamo voluto incontrare, prima delle vacanze estive, Bobo Craxi, figlio del presidente del Consiglio di quell'epoca, ricca di speranze, iniziative e opportunità.

On. Craxi, in molti oggi rimpiangono gli anni di suo padre, quelli della 'Milano da bere': si trattò di una fase particolarmente 'felice' perché fu sconfitto il terrorismo estremista 'nero' e 'rosso', oppure a causa una serie di fattori economici internazionali 'fortunati', che generarono una lunga 'congiuntura' particolarmente positiva?
"Che gli anni '80 del secolo scorso furono quelli di una crescita felice non lo dicono solamente degli impenitenti nostalgici, ma tutti gli indicatori e i parametri economici dell'epoca: è naturale che qualcuno abbia sviluppato qualcosa in più di un rimpianto. L'Italia è il Paese che, in questi ultimi anni, non ha fatto che retrocedere, passo dopo passo, statistica dopo statistica: abbiamo collezionato un certo numero di 'maglie nere'. Visto il trattamento che venne riservato ai socialisti, a Bettino Craxi e, più in generale, alla cosiddetta prima Repubblica, paradossalmente non ci sarebbe che da rallegrarsi per questa situazione. Tuttavia, il nostro senso di responsabilità e l'amore per l'Italia ci inducono a continuare a lottare e a sperare per un possibile cambiamento, che faccia anche 'leva' su quello spirito di collaborazione e di entusiasmo che sembrò aver contagiato gli italiani in quegli anni. Per questa ragione, pur non disconoscendo gli attuali fattori congiunturali, assai dissimili rispetto a quelli dell'epoca, dobbiamo far tesoro di molte esperienze positive e trasmetterle alle nuove generazioni senza rimpianto alcuno, affinché si possa ricreare un clima di positività per superare gli ostacoli e le difficoltà, che non mancano".

Silvio Berlusconi sembra essere uscito dall'ospedale milanese 'San Raffaele' in buone condizioni di salute, anche se è apparso sotto il peso degli anni: è Stefano Parisi, a questo punto, l'uomo 'giusto' per guidare la coalizione dei moderati?
"Berlusconi è uscito di scena qualche anno or sono e sta dimostrando che lui, nella confusione generata dopo la fine della prima Repubblica, ha rappresentato un fattore di stabilità per il Paese, che si avviava verso una forma 'fragile', ma equilibrata, di bipolarismo politico. Ora, attorno a noi c'è una progressiva perdita di peso della democrazia partitica e i fattori d'instabilità si moltiplicano, oltre all'avanzare di classi dirigenti inadatte a fronteggiare le emergenze che investono Regioni e città. Io non partecipo alla gara di chi, anche nel mondo a cui io appartengo, si 'sbraccia' per la futura leadership di Parisi. Beninteso, si tratta di un uomo che conosco e che stimo, poiché possiede una cultura 'tecnocratica' e un dottrinarismo di liberalismo moderno, da cui mi sento molto distante e dal quale dovrebbero sentirsi parimenti tutti i socialisti, anche se non disdegna di ricordare il suo passato 'antico', che però, appunto, è passato. Detto questo, se il campo della destra e dei moderati si riorganizza, esso non potrà che rappresentare un fattore di stabilità democratica, per aiutare a rimettere la democrazia italiana su dei binari accettabili. O, almeno, spero".

La questione referendaria: come mai la data per la celebrazione della consultazione sembra continuamente 'scivolare' in avanti? Il Governo sta cercando di prendere tempo?
"Si sta facendo strada un rifiuto più ampio verso una riforma 'pasticciata', viziata dal tentativo di piegare il sistema verso un'autocrazia alimentata da un sistema elettorale iniquo. Non pare avere particolare successo la propaganda che promuove il 'Sì' come 'leva' per sbarazzarsi dei politici e delle autonomie regionali. E nemmeno appare convincente replicare lo slogan, ormai 'trito e ritrito', del 'nuovo' che va opposto al 'vecchio': la verità è che sullo sfondo appaiono sempre più evidenti le difficoltà del Governo, la sua difficile gestione delle acute emergenze sul piano interno e internazionale, la sua perdita di consenso certificata dalle ultime elezioni amministrative. La divisione del Paese sulla questione delle riforme costituzionali non farà altro che aggravare e 'avvelenare' la situazione. Per questa ragione, cercare di prendere tempo è una tattica 'dilatoria', che si giustifica alla luce di quanto ho appena detto. Non ci sono molte 'carte' da giocare e l'ultimo tentativo Renzi lo vuole affrontare con meno zavorre possibili".

Se cambiasse o riuscisse a modificare la nuova legge elettorale, 'l'Italicum', Renzi riuscirebbe a riaggregare nuove forze a favore del 'Sì' alla riforma?
"Legare il giudizio sulla riforma, che per una sinistra riformista degna di questo nome non può che essere negativo, al cambio della legge elettorale è un 'baratto' che giudico inaccettabile. Sono altresì convinto che una maggioranza parlamentare, per cambiare la legge, allo stato, non esista più. Di questo ne è convintissimo anche Renzi, che infatti non è impegnato a smentire se stesso e fa balenare un ripensamento solo in ragione di un sostegno al 'Sì'. Fanno appelli, vedo, anche ai sindacati di sinistra, ma credo che questi siano destinati ad andare a vuoto".    

Qual è il destino politico della sinistra italiana nel suo complesso? Moriremo tutti 'democristiani'?
"La sinistra che governa segna il passo in molti paesi d'Europa, naturalmente in forma diversa rispetto a quello che scrivono dalle parti di Palazzo Chigi: "Il socialismo europeo non esiste più". Io penso che esso sia ancora in grado di sviluppare la propria vocazione secolare, riqualificando la propria azione e calibrando i propri obiettivi, ridefinendo la propria vocazione europeista e internazionale e sconfiggendo le tendenze burocratiche e tecnocratiche che sono prevalse nelle istituzioni comunitarie, dove i socialisti continuano a essere la forza organizzata maggioritaria. In Italia soffriamo di una 'doppia anomalia': la prima è che la forza erede diretta del socialismo italiano è scomparsa dallo scenario politico e democratico da un ventennio e la sua particolare funzione, che coniugava la tradizione risorgimentale e laica con quella socialdemocratica del movimento operaio, non è stata sostituita che nominalmente. Di fatto, è scomparsa o seminata in diverse direzioni negli schieramenti politici. Tutti si dicono pronti a rivendicare una continuità con i socialisti italiani, ma poi si rivelano ostili e maldisposti a digerire una rinascita politica del Psi in quanto tale. La seconda anomalia è che il leader della sinistra italiana non proviene da una tradizione della sinistra italiana e, questa lacuna di cultura politica, è apparsa via via sempre più evidente. Essere aperti e propugnatori del nuovo, pragmatici sino all'eccesso, ha finito per spingere molti elettori a 'voltare le spalle' alla sinistra, che non può ridisegnare la propria identità e il suo profilo esclusivamente rappresentandosi come esclusiva forza di Governo".

Il Psi di Nencini rischia l'inglobamento da parte del Pd 'renziano', oppure risulta semplicemente 'impaludato' nella maggioranza che sostiene il Governo?
"Bisogna rilanciare una convincente riaggregazione socialista e 'traguardare' l'obiettivo di una sfida elettorale che veda i socialisti offrire una propria prospettiva all'elettorato e alla sinistra del Paese, che contrasti, attraverso politiche efficaci, il deterioramento istituzionale e l'arretramento economico, che si rivolga alle giovani generazioni con un linguaggio improntato alla serietà e non alla facile e spicciola demagogia. Quanto si sta facendo, sino a oggi non va in questa direzione. Perché ciò possa accadere è evidente che debba essere sconfitta l'idea che il Psi diventi una 'sottomarca' del Pd di Lotti. E mi pare che Nencini non abbia fatto nulla per evitare questa tragica prospettiva. Registro positivamente il fatto che, sulla legge elettorale, dopo averla solennemente votata in due rami del parlamento, si sia fatto un passo indietro e se ne chieda il cambiamento. Penso che dopo il voto referendario, che vede i socialisti del Psi vistosamente divisi, sarà necessario riprendere un cammino unitario e stabilire, in un'assise congressuale straordinaria, il da farsi. Qualsiasi cosa accada, è evidente che siamo entrati in una fase politica nazionale e internazionale completamente diversa e che il nostro compito è quello di tentare il rilancio di una grande tradizione democratica del nostro Paese. Nella battaglia per il 'No' si stanno riavvicinando molti socialisti che sperano di poter ricostruire una 'casa comune': mi auguro si riesca a contribuire alla sua realizzazione".

Quale potrebbe essere, in futuro, il ruolo del Movimento 5 stelle? Sarà possibile instaurare una collaborazione di Governo con i 'grillini'?
"Il movimento si è contraddistinto per la sua chiara ed evidente funzione anti-sistema e per il carattere dirompente della sua iniziativa politica. Ora è alle prese con l'esame più difficile, che è quello di dotarsi anche di una cultura di governo e di promuovere delle nuove classi dirigenti per il Paese: insomma, un movimento che si 'istituzionalizza', come da classico manuale di sociologia. Quando si trasformerà - e si tratta di una trasformazione già in atto - in una forza politica dai tratti innovativi ma analoga alle altre già presenti nel Paese, l'incantesimo finirà e la 'bella addormentata' da risvegliare saranno i milioni di elettori che si renderanno conto che il credito a loro concesso è stato mal riposto. Attendiamo con pazienza quel giorno, che non tarderà ad arrivare. Per il resto, le collaborazioni con movimenti di questa natura possono essere effettuati per un periodo limitato e per obiettivi parziali. Loro, d'altronde, come 'Podemos' in Spagna, la destra in Francia e lo stesso Donald Trump, nella foga 'anti-sistema' segnalano che c'è un malessere da rappresentare e un sistema da riformare. Tuttavia, non sono loro la medicina adatta".

Passiamo alla politica estera: qual è il suo giudizio intorno all'atteggiamento dei Paesi arabi nei confronti del terrorismo di matrice islamica? A suo parere è corretto, oppure c'è qualche ambiguità?
"Molti Paesi arabi, che hanno una natura pacifica e che hanno sviluppato verso l'occidente un positivo atteggiamento di cooperazione e interscambio, sono sinceramente preoccupati di questa 'escalation' e della ramificazione delle contiguità di cui possono godere i gruppi armati terroristici e anche i cosiddetti gruppi composti da 'cellule solitarie'. Altri Paesi, seppur non ufficialmente, appaiono protagonisti di questa 'strategia della tensione', ma l'impressione che si è avuta più di recente è che l'azione di sostegno, alla fine, sia 'scappata di mano' pure a loro. L'ambiguità può essere attribuita al mondo religioso musulmano nel suo complesso, assai lento a reagire contro chi commette i crimini in nome della loro religione: l'assenza di una gerarchia interna complica maledettamente le cose, anche se diverse 'scuole coraniche' stanno moltiplicando i loro sforzi, affinché siano date delle letture 'sacre' il loro reale significato e non la distorsione che viene praticata sistematicamente".

Siamo certi di non avere anche noi, al nostro interno, qualche 'lupo solitario' in grado di sorprendere i nostri apparati di sicurezza?
"Ho dichiarato, qualche settimana fa, che il rischio che vedo più reale è determinato dal fatto che l'assedio e, ora, il bombardamento di Sirte obblighi molti 'legionari' dello Stato islamico alla fuga, mescolandosi fra i profughi africani che approdano sulle nostre coste. Per questo motivo, la vigilanza va aumentata. Quando si parla di apparati di sicurezza bisogna comprendere che ci sono fattori di imprevedibilità che possono sempre sfuggire, specie quando gli obiettivi prescelti possono apparire imprevedibili. Non era il caso di Nizza, ma lo erano certamente quelli di Parigi. Tanto più lo Stato islamico apparirà indebolito da un'offensiva militare robusta, tanto più il tentativo di mettere in campo delle azioni dimostrative sarà effettuato. L'Italia, partecipando attivamente alle offensive militari, perde di fatto il proprio 'status' di neutralità, anche se resta una delle nazioni meno invise al mondo arabo, per ragioni storiche, politiche e culturali".

Perché Erdogan, il presidente turco, accusa la Ue e persino gli Stati Uniti di stare dalla parte dei terroristi e dei 'golpisti'? Cosa intende dire? C'è forse qualcuno che fa il 'doppio giuoco'?
"Si sono mosse diverse 'mani' nel tentativo di rovesciare Erdogan: è naturale che settori non ufficiali o coperti dell'occidente abbiano prima incoraggiato e poi abbandonato i generali 'golpisti'. L'Unione europea fa così fatica a esprimere una posizione comune sulle questioni di politica estera e di difesa che difficilmente è in condizione di mettere in piedi complotti ai danni di altri Paesi sovrani".

C'è una 'manina' occidentale dietro il tentato 'golpe' in Turchia?
"E' difficile coltivare l'illusione di poter controllare un Paese con il 'pugno di ferro' senza che le aree 'compresse' non ricerchino tutte le alleanze possibili per denunciare lo stato di cose. Ma in occidente, tutti coloro che si oppongono e rimangono allibiti dall'escalation autoritaria di Erdogan continuano a pensare che sia possibile ricondurlo alla ragione, praticando e predicando la democrazia. Purtroppo, l'uomo è 'ferito' da queste ultime settimane e sta sciorinando il peggior linguaggio dispotico. Penso che l'ultima cosa da fare sia quella di predisporre delle rappresaglie, come invece vedo che qualcuno sta pensando di fare qui da noi criminalizzando il figlio, o come è accaduto in Germania cercando di impedire le manifestazioni in suo favore. La tensione con la Turchia non porterà nulla di buono: bisogna ripristinare le forme del dialogo contestando a Erdogan ciò che va contestato, ma sviluppando un'azione positiva verso la sua opposizione, che ha giustamente condannato il 'golpe' militare".


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Cristian - Latiano (BR) - Mail - lunedi 8 agosto 2016 8.45
Spero davvero che l'Italia possa ritornare sui suoi passi, nel senso che riesca a fare tesoro degli errori commessi in passato, facendo ammenda delle condanne inflitte a chi non avrebbe dovuto infliggere, che hanno lasciato rotolare il Paese in una pericolosa scarpata. E' necessario riflettere su quello che è accaduto e cercare di ritrovare la via dello sviluppo, della moderazione, della pace sociale.
giuseppe - salerno - Mail - lunedi 8 agosto 2016 1.58
comincio a ritenere che gli anni ottanta siano stati i migliori . E condivido che vada ricosruito indipendentemente dal PD e da Forza Italia una riaggregazione del "socialismo europeo" che dovrebbe recuperare anche a sinistra del Pd e dentro il Pd.


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