Ilaria CordìParliamo di cinema. Pochi giorni fa, l'attore americano Dustin Hoffman ha rilasciato un'intervista al giornale inglese 'The Independent', nella quale ha affermato che la produzione cinematografica attuale è la peggiore degli ultimi 50 anni e che la televisione l'ha ormai superata di gran lunga. Una rivelazione inusuale, fatta da uno dei più grandi attori del panorama 'hollywoodiano', protagonista dei celebri 'Il Laureato' e 'Rain Man'. "E' difficile credere che oggi si possa fare un buon lavoro con pochi soldi. Il cinema ha toccato il fondo. La televisione è al top: ha raggiunto una qualità narrativa e registica di altissimo livello". Il premio Oscar, purtroppo, ha ammesso una triste verità: le pellicole prodotte oggi denotano una sostanziale differenza con quelle più vecchie: il low budget e i tempi di produzione ridotti all'osso portano sul grande schermo film banali, scontati, poco curati, basati su tematiche riproposte fino all'esaurimento (nostro, soprattutto...). Il mercato di quest'anno ha proposto al pubblico 323 pellicole (dati Mojo, box office internazionale che stila una classifica settimanale dei film del panorama americano) con un incasso di 4 miliardi e 859 milioni di dollari, al contrario dei 10,4 miliardi di dollari incassati nella stagione 2013/2014. Un anno, quest'ultimo, che ha regalato agli amanti di cinema titoli come 'Hunger games - Il canto della rivolta' (parte I) di Francis Lawrence - tratto dal libro omonimo di Suzanne Collins - e il continuo di 'Lo Hobbit - La battaglia delle 5 armate' di Peter Jackson, tratto anch'esso dalla trilogia di J.R.R. Tolkien e antecedente a quella del 'Signore degli anelli'. Opere di notevole peso, ma non di grande spessore, poiché la loro realizzazione è stata frutto della messa in scena di best seller letterari o trasposizioni cinematografiche di cartoni animati, come anche 'Maleficent', spin off  del 'flop' disneyano 'La Bella Addormentata', pellicola di Clyde Geronimi del 1959, oppure di fumetti quali 'Capitan America' e 'X-Men' della casa editrice Marvel Comics. Non esistono più prodotti concepiti per il grande schermo, cioè non 'rubacchiati' all'arte di Talìa. E i tempi di 'Casablanca' (1942) capaci di 'lanciare' un giovane come Humphrey Bogart, o il più recente 'Pulp Fiction' (1994) di Quentin Tarantino sembrano essere finiti. Ai botteghini si assiste, invece, a un susseguirsi di film già proposti alle masse attraverso diverse tipologie di mezzi di comunicazione. Ed è questo che sembra potersi leggere tra le righe del discorso di Hoffman: ciò che un tempo veniva fatto per il cinema, al giorno d'oggi viene proposto dal piccolo schermo, la televisione. Un numero sempre più alto di telefilm ha scalzato il primato del  mezzo cinematografico. 50 anni fa, se non anche prima, il grande schermo era il medium di comunicazione preferito di giovani e di donne in cerca di ispirazione  o di distrazione dalle guerre, tra le vaporose pieghe di 'Riccioli d'oro'. E le major americane si configuravano come uniche detentrici di una influenza socio-economico-culturale che si guadagnò l'appellativo di 'quinto potere'. Nel nuovo millennio, invece, si tende a far sempre più affidamento alla crescita dei film da piccolo schermo divisi in puntate o in stagioni, talvolta anche questi ripresi da libri di fama mondiale come 'Game of Thrones - Il trono di spade' prodotto negli Usa da Hbo e tratto da un romanzo del 1996 di George R. R. Martin, oppure inventate dal nulla come 'Breaking Bad' (2008) di Vince Gilligan, oppure ancora 'House of Cards' del 2013, serie televisiva concepita e prodotta da Beau Willimon. Cosa ha portato l'attore statunitense a una così tragica visione del cinema? La prospettiva economica, in primis, che ha cambiato completamente 'rotta': con il modello 'a rete', infatti, le case di produzione, distribuendo gli investimenti, possono far fronte anche a un eventuale flop della pellicola. Dunque, le motivazioni sono da cercare altrove. L'aspetto socio-culturale è di certo cambiato, nel corso di quest'ultimo mezzo secolo. Ma negli ultimi 10 anni si è assistito a un'evoluzione imperniata su 3 profili:
1) i prodotti: a fianco dei tradizionali film, telefilm e 'soap opera' vi è stato un incremento di film-tv, web series, mini serie;
2) i mezzi: lo sviluppo del Web 2.0 permette nuovi metodi di fruizione degli audiovisivi, come lo streaming, Youtube e i download, in concomitanza con l'implementazione di nuove tecnologie, come per esempio il Blu-ray, il cinema in Hd, Dvd e Home Theatre;
3) il target: con l'esplosione di questi nuovi mezzi e prodotti, il pubblico ha la possibilità di scegliere come, quando e che tipo di film vedere, o di non vederlo affatto, dato che oggi il cinema soffre la concorrenza di altre attività d'intrattenimento.
Peccato, inoltre, che Hoffman abbia dato questo giudizio solo analizzando il panorama americano: se avesse allungato il proprio sguardo 'oltreoceano', magari verso la sua amata Italia - ricordiamo che anni fa Hoffman fu testimonial di una campagna di promozione turistica della regione Marche - avrebbe notato come lo 'star system' italiano non sia più nella sua forma migliore. Se da sempre la produzione americana ha cannibalizzato il 'Made in Italy', ciò è avvenuto a causa del fatto che le aziende cinematografiche nostrane non possono usufruire di un budget elevato. E gli ultimi 11 anni hanno visto per ben 6 volte un film americano in cima alle classifiche dei 'box offices' italiani - di cui 2 cartoni - contro le 5 in cui la leadership è stata 'nostrana' (e in 3 casi si è trattato di 'cinepanettoni'...). In Italia, insomma, la situazione si è fatta ancor più critica: sebbene il cinema sia considerato un mezzo di diffusione di massa e di cultura e nonostante sia tutelato da normative specifiche, come per esempio la Legge per il cinema (Decreto legislativo del 22 Gennaio 2004 n. 28), la situazione sembra essere diventata veramente problematica. Il cinema è in crisi. Ed è per questo che il 7 luglio scorso è stato presentato in Senato un nuovo disegno di legge in materia di 'Riassetto e valorizzazione delle attività cinematografiche e audiovisive', proposto e sostenuto dalla senatrice del Partito democratico, Rosa Maria Di Giorgi, dal senatore Sergio Zavoli, dall'onorevole Lorenza Bonaccorsi, responsabile Cultura nella segreteria nazionale del Pd, nonché sostenuto dal regista Francesco Martinotti e dal moderatore Cristiano Davoli. Il progetto di legge, presentato lo scorso 14 luglio anche alla Camera, propone 5 principi fondamentali per la 'rinascita' di un settore oggi divenuto troppo frammentario e fondato sulla creatività del singolo: dalla nascita di un Centro nazionale del cinema e delle espressioni audiovisive, passando per un'evoluzione dei mercati e delle politiche europee, arrivando a un adattamento dei cambiamenti tecnologici. La proposta è ispirata al modello francese: nel Paese d'oltralpe, infatti, si investono 700 milioni e si producono film da 16 miliardi di incassi. Tutto grazie al 'prelievo di scopo', ovvero a un meccanismo di determinazione delle risorse per il cinema e l'audiovisivo che passa attraverso l'assegnazione all'organismo centrale di una quota degli utili realizzati da chi guadagna con la diffusione del prodotto attraverso i mezzi suddetti. Il settore italiano, perciò, ha bisogno di andare oltre la 'Legge Fortuna' degli anni '60 del secolo scorso e mettersi al pari dei Paesi dell'Eurozona. Alla luce di tutto questo, Dustin Hoffman dovrebbe mettersi le mani nei capelli? Noi pensiamo di sì.


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