Serena Di GiovanniBobo Craxi, responsabile esteri del Partito socialista italiano, è strettamente legato alla Tunisia, sia per vicende personali e familiari, sia per la sua Storia di Paese ospitale, aperto, sincero. Da conoscitore profondo del mondo arabo abbiamo dunque pensato a lui per cercare di avere qualche elemento di analisi e di riflessione in più dopo la terribile strage avvenuta nei giorni scorsi presso il museo del Bardo di Tunisi, per mano di un commando terrorista e rivendicato dal nuovo 'moloch' sorto in Medio Oriente: il califfato del 'Daesh', altrimenti detto Isis.

Onorevole Craxi, dati i suoi strettissimi legami con la Tunisia, può dirci, innanzitutto, cosa ha provato durante le ore dell'assalto terroristico al museo del Bardo di Tunisi?
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Ho provato sentimenti di angoscia, di rabbia e, al tempo stesso, una profonda tristezza per la sorte di quelle vite umane. Si sapeva che avrebbero voluto colpire il consolidamento, in Tunisia, di un nuovo quadro politico laico, non connivente con l'estremismo islamico come il precedente governo. Ed è drammatico il fatto che queste 'cellule' terroristiche siano composte da ragazzi colti, di famiglie piccolo-borghesi, precedentemente introdotti anche nel circuito lavorativo. E' in atto una fascinazione ideologica della Jihad che va spezzata. Penso che la Tunisia abbia gli strumenti culturali e le risorse per sconfiggere e debellare il fenomeno, ma ci vorrà del tempo".

Il percorso delle fazioni arabe che si richiamano al Daesh sembra paurosamente simile a quello che precedette l'invasione della Spagna e della Sicilia dell'VIII e IX secolo d. C. da parte dell'islam, o lo sbarco degli anglo-americani del 1943 sulle coste agrigentine di Gela: siamo sicuri di non essere, anche questa volta, il "ventre molle dell'Europa", come disse Winston Churchill?
"Io non ho la sensazione di un avanzamento progressivo. E nel merito della reale capacità offensiva dell'Is, una sigla dietro la quale si mescolano tendenze e gruppi diversi, penso che non sia ancora in condizioni di creare una rete e a dare continuità e coordinazione alle proprie azioni. Tuttavia, l'instabilità politica e le difficoltà materiali hanno intensificato la sensazione che sia possibile un'intensificazione dei 'colpi'. E' perciò necessario fare di più e meglio, nella cooperazione economica e in quella della sicurezza. Si è perso troppo tempo che, comunque, credo si possa recuperare. Purtroppo, sulla scia e a causa di avvenimenti tragici".

Pensare a un intervento militare contro il califfato islamico è una cura peggiore del male, oppure un modo neo-colonialista di affrontare i problemi che riguardano il Medio Oriente?
"Quando il 'cosiddetto occidente' si è mosso, ha creato, purtroppo, le condizioni migliori per un rinsaldamento dell'estremismo islamico. Si sono commessi degli errori politici tragici, le cui conseguenze sono sotto i nostri occhi: errori gravissimi in Irak e una visione superficiale della reale portata democratica delle 'primavere arabe'. Oggi, l'azione di contrasto può essere effettuata a sostegno dei Governi o delle istituzioni politiche che in Libia come in Siria, in Tunisia come nello Yemen, combattono contro l'estremismo fanatico. L'intervento diretto di forze armate, promosso dalle Nazioni Unite andrà effettuato per consolidare le istituzioni libiche quando, penso entro l'anno, si sarà trovato uno sbocco politico all'attuale 'impasse', che divide le istituzioni di Tobruk e Tripoli. Bisogna cominciare, però, a parlare con le medie potenze dell'area, Turchia, Qatar e Arabia Saudita, per impegnarle in una 'soluzione-quadro' di tutto il Mediterraneo. L'obiettivo è quello di realizzare, entro qualche anno, una 'Yalta mediterranea', coinvolgendo gli Stati del sud europeo, la stessa Russia e i Paesi arabi coinvolti nell'area".

Veniamo alle vicende di 'casa nostra': le dimissioni di Maurizio Lupi da ministro delle Infrastrutture e Trasporti sono un primo 'sinistro scricchiolìo' del Governo Renzi?
"Non ritengo che la vicenda, in qualche modo, abbia influito sulla tenuta del quadro politico attuale: altre sono le questioni sulle quali il Governo appare in debito di ossigeno. Lo scandalismo in Italia è dietro ogni angolo. E lo scenario che continua a emergere è quello di una politica fragile, di una burocrazia di Stato potente e di una Magistratura che tende a svolgere il proprio ruolo, a cui è delegata, non disdegnando un certo rinnovato protagonismo".

E il Segretario del suo Partito, Riccardo Nencini? Cosa dovrebbe fare? Dovrebbe dimettersi anche lui dalla carica di viceministro alle Infrastrutture?
"Non vedo alcuna ragione per la quale dovrebbe lasciare la sua responsabilità al Governo, nonostante l'assalto mediatico al ministero prosegua in grande stile. Anzi, l'uso che si sta facendo di queste intercettazioni telefoniche è spregiudicato e inaccettabile. Io espressi, a tempo debito, un'altra considerazione: ritenevo inopportuno assommare il ruolo di Segretario di Partito e di viceministro, tra l'altro in un dicastero come quello. E, sul punto, non ho cambiato opinione. Ma non mi pare questo il momento di infierire in un particolare momento di difficoltà. Il problema del Psi è aperto da tempo e dobbiamo avviarci verso una stagione congressuale di chiarimento e di chiusura di questa stagione, che giudico negativamente".
 
Ci perdoni la domanda maliziosa: non varrebbe la 'pena', a questo punto, promuovere Nencini al rango di ministro, magari con la "sponsorizzazione" dello stesso Renzi? Al limite, anche per affidare ad altri il compito di rilanciare il Psi sulla scena politica nazionale...
"il Psi può rilanciare la sua iniziativa così come deve farlo il resto della sinistra italiana, allontanandosi cioè da quelle pratiche di trasformismo e di conformismo che appaiono, ormai, prevalenti. I socialisti sono vivi e presenti nella società italiana. Ed è evidente che il Psi, nel suo immobilismo e nel suo appiattimento governativo, non li rappresenta né intende rappresentarli. In tal senso, è necessario dare un segno di discontinuità e di consapevolezza. Nencini, alle innumerevoli sollecitazioni di aprire una discussione larga, aperta, inclusiva e critica sull'attuale fase che sta vivendo non soltanto il socialismo italiano ma la sinistra nel suo insieme, si trincera dietro una maggioranza virtuale che non è una maggioranza politica reale. Anzi, non rappresenta alcuna politica se non quella di 'vivacchiare' a ridosso del Governo Renzi. Ora questa fase è entrata in crisi. E non vedo all'orizzonte un'alternativa realistica tranne il reiterato inconsistente patto federativo unilaterale col Pd e un'inesistente creazione di un'area laica fatta di 'cespugli' residuali delle 'anticamere' del 'renzismo'. Renzi non ha alternative reali, né nel Paese, né nella sinistra. Ma questo non deve consentirgli di pensare di essere 'l'alfa e l'omega' della politica italiana. E scommettere solo sulla sua 'stella', tralasciando la marcia della ricostruzione dell'area socialista, si sta rivelando una scelta destinata al fallimento".

In molti ambienti burocratici, istituzionali e professionali del nostro Paese sembra stia 'covando' una profonda questione generazionale: è così, secondo lei?
"C'è una frattura generazionale, senza dubbio. Il ventennio che sta alle nostre spalle ha lasciato solo macerie: morali, economiche e culturali. La società 'liquida' ha prevalso e trovano nuovamente spazio, nelle coscienze, i sentimenti più egoistici contrastati dai grandi valori universali consolatori contenuti dalle religioni. E' una sconfitta per tutti coloro che ritenevano che le conquiste del secolo 'breve', in termini di benessere, pace e prosperità, sarebbero state durature. Ci siamo accorti che così non è. Dalla 'barca' della globalizzazione stanno tutti fuggendo: i più fortunati hanno trovato da vendere le loro scialuppe, altri si stanno tuffando direttamente in mare, esattamente come i clandestini che qualcuno vorrebbe respingere o ignorare. Per questo i giovani hanno più fretta: sentono che il tempo sta ormai per scadere ed imprimono alla loro ascesa sociale un'accelerazione che sta sfociando nel conflitto".

Quando si tornerà a votare? Nella tarda estate di quest'anno oppure nella primavera del 2016? E con quale legge elettorale?
"E' una domanda alla quale non so dare risposta. Mi sento solo di dire che questa legge elettorale è il frutto di una visione viziata della democrazia, di un'interpretazione superficiale di ciò che sono le forze politiche e del desiderio di partecipazione del popolo italiano. Fare il sindaco di Firenze e illudersi di poter essere il 'Sindaco d'Italia' è una malformazione culturale che credo verrà respinta e contrastata. Inizia una fase nuova, lo ripeto. E in questa fase nuova, le culture politiche che hanno delle radici reali nel nostro Paese possono esercitare una funzione essenziale. La sinistra democratica non può farsi 'scippare' il tema del pluralismo dalla destra. Avanti di questo passo, saranno la Chiesa e Berlusconi a sollevare il rischio di una tendenza autoritaria delle leggi elettorali. Per questo, è necessario che la sinistra socialista e riformista faccia sentire la propria voce".



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