Carlo PatrignaniQuel che stiamo vivendo, lo sfascio del 'sistema Paese' messo a nudo dalla crisi finanziaria irrisolta che non risparmia la fragile Unione europea, è la mancanza a sinistra di un 'pensiero nuovo', di un riformismo come progetto: insomma manca la cultura riformatrice che preparò e realizzò nei primi anni '60 il centro-sinistra, l'unica stagione riformatrice del Paese. Riforme come la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la scuola media unificata, l'idea di uno Statuto dei lavoratori e il metodo della programmazione economica, cambiarono il Paese: introdussero maggiori libertà e migliorarono le condizioni di vita della gente. "E' una verità inoppugnabile affiorata più volte negli ultimi vent'anni: quella del centro-sinistra è stata l'unica stagione riformatrice del Paese ed essa fu possibile per la preparazione culturale di grande ampiezza e qualità che coinvolse i grandi partiti della sinistra", rimarca lo storico Guido Crainz autore di 'Il Paese reale' (Donzelli editore). E i protagonisti furono: Riccardo Lombardi, Giuseppe Di Vittorio, Fernando Santi, Bruno Trentin, Pasquale Saraceno, cui si aggiunsero Antonio Giolitti e Ugo La Malfa. Preparazione culturale distante anni luce dalla miseria del dibattito culturale di oggi. Furono gli anni del 'boom economico' e del compromesso tra capitalismo e democrazia. Poi il crollo negli anni '70 e il progressivo disfacimento degli anni '80, segnati dall'omicidio di Aldo Moro da parte delle Br. Negli anni '70 prolifera una classe politica fatta da partiti famelici di potere, di spesa pubblica fuori controllo, di corruzione e scandali, la P2 di Gelli. Accanto al terrorismo, spuntano però grandi conquiste sociali e civili: divorzio, aborto, statuto dei lavoratori, regioni, riforma sanitaria. Manca un progetto riformatore come substrato culturale. La chance è nelle mani del Pci che si mostra incapace e/o impossibilitato ad orientare le ansie di un cambiamento radicale: Enrico Berlinguer punta al compromesso storico, al consociativismo, invece che l'alternativa socialista e al programma comune delle sinistre come proponeva Lombardi. Poi gli '80 e il pentapartito di Bettino Craxi. "Prima c'era lo spartiacque tra centro-sinistra e centro-destra: negli anni '80 con il pentapartito il Psi fa saltare definitivamente quello spartiacque", osserva Crainz. Il Paese si trova davanti a un mutamento epocale: sparisce la classe operaia, le grandi fabbriche si ridimensionano, cresce il peso delle piccole imprese e del terziario. Cambiano i valori. La militanza politica va in soffitta. Irrompe il consumismo sfrenato. Fanno il loro ingresso le tv private, la pubblicità e Silvio Berlusconi. E restano i problemi di sempre: corruzione, mafia, un ceto politico ipertrofico, una burocrazia parassitaria che frema qualsiasi progetto riformatore, debito pubblico e disoccupazione. Negli anni '90 domina l'individualismo edonistico che sotterra la cultura. Ormai il terreno è fertile per Berlusconi che nel '94 stravince le elezioni per l'incapacità della sinistra di offrire quella che Antonio Giolitti chiamava "un'alternativa credibile, affidabile, praticabile" nonostante il gigantesco conflitto di interessi. E oggi? "Il voto dice chiaramente che è intollerabile per chiunque l'impoverimento insieme alla palese ingiustizia dei privilegi di una casta politica priva d'idee e progetti", nota Crainz. Ecco da dove viene il 'boom' di voti per Beppe Grillo che insieme al 'non voto' ha dato visibilità allo sfascio del Paese. E allora, come si augura Crainz, "può essere utile un esame impietoso del percorso che ci ha portato fin qui".




(articolo tratto dal blog www.huffingtonpost.it)
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