Alessandro LozziE’ parsa a molti una provocazione il numero di Laici.it dedicato all’ipotesi di scissione Ds. Ed in parte lo era. Tuttavia molti autorevoli esponenti sono intervenuti sull’argomento e molti ancora intervengono su questo numero che prosegue la discussione.
E molte sono anche le cose successe in queste settimane a sinistra. Al buon risultato delle amministrative e al pessimo risultato del referendum fa da contraltare la frantumazione del cosiddetto correntone Ds e la proposta di liste unitarie alle Europee. Sono due faccie della stessa medaglia: la sinistra ha perso le elezioni e principalmente alla sinistra spetta il compito di riorganizzare la proposta politica. E qui nasce il dilemma: spostare il baricentro ancora più a sinistra come vorrebbero Bertinotti e Salvi o costruire un vero partito democratico-riformista come propone Salvati? Il cerchio non è quadrabile, a meno di non voler pagare il prezzo di non scegliere e di mantenere lo status quo.
Per quanto ci riguarda Bertinotti, Salvi, ma anche Flores, Moretti, Pancho Pardi et similia facciano un po’ quello che credono e sono capaci di fare, ma a chi si propone il partito democratico come obiettivo politico e la lista unitaria con la margherita alle europee come strumento vorremmo porre alcune domande, anzi solamente due:
1) Il processo di costruzione di una forza politica di difficile realizzazione -anche perché non ha precedenti né tradizione nella storia partitica italiana- che voglia avere respiro e prospettiva, può realisticamente partire da un esperimento elettorale? O piuttosto questa, essendo una proposta ai cittadini, dovrebbe rappresentare il momento terminale di una elaborazione politica e culturale, raggiunta attraverso vari momenti costitutivi e fondanti, anche drammatici, di rielaborazione del passato e di riconsiderazione dei propri errori? Più precisamente si pensa davvero che si possa arrivare al partito democratico per continuità?
2) Per quale recondito motivo non appare nemmeno ipotizzabile un partito democratico che nasca al difuori di una ipotesi di mera fusione fra strutture esisitenti di postcomunisti e posdemocristiani? Cioè al difuori di una riproposizione, in salsa seconda repubblica, di quella sorta di cattocomunismo che Gaber definiva ‘dei più buoni’? Davvero la sinistra italiana non trova nel patrimonio politico nazionale niente di più ‘sdoganante’ del cattolicesimo popolare?
Intanto “panta rei".

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