Marcello TamascoA sipario chiuso, due voci nel buio. Lui: “Sei sicura che non ti faccio male?”. Lei: “Spingi, spingi, ci vuol ben altro per farmi male”. Comincia così la commedia brillante ‘Torno presto papà’, scritta e diretta da Luca Franco e portata in scena il 1 e il 2 di ottobre dalla compagnia ‘I mercanti di stelle’ presso il teatro ‘Nino Manfredi’ di Ostia Lido. Uno scoppiettante cast di attori, di pluriennale esperienza, compie l’impresa di presentare in allegria uno spaccato della nostra società con le sue piccole meschinità e i suoi tanti aspetti ‘tragicomici’, attraverso la cruda realtà di un gruppetto di anziani ospiti di un ospizio. Il regista, sorvolando tra le debolezze umane quali la solitudine e il bigottismo, l’ipocrisia e la libidine meschina, la trasgressione e il pettegolezzo morboso, trascina il pubblico dalla vena melanconica a una pura e spumeggiante comicità. Divertentissima la scena, accompagnata da un’allegra musica ‘country’, in cui Concetta e Totò s’incontrano per fare sesso. La luce si accende e si spegne a ripetizione sopra i due attori in pose scherzose, quasi a realizzare, allegri e colorati, i fotogrammi di un film. Concetta, la vecchietta romana interpretata da Elena Giambi Bonacci, rappresenta l’individualismo e la perdita dei valori della nostra società in decadenza portati all’eccesso, che privano le persone di qualunque punto di riferimento rendendole estremamente insoddisfatte. Emblematica è la frase di questa vecchietta fissata col sesso: “Non voglio che mi tratti bene: voglio altro”! Salvatore, detto Totò, è un ‘vecchietto’ affetto da meteorismo intestinale, interpretato da Marco Russo, che rappresenta la solitudine ma anche quel pizzico di speranza che rimane nell’attuale società, lo slancio di chi vive ancora di buoni sentimenti, ma attende invano considerazione in famiglia e nel sociale: “Dovete amare i vostri figli, anche se con voi si comportano male”. Filomena, interpretata da Silvia Giovanrosa, rappresenta l’ipocrisia e il bigottismo delle persone che desiderando un qualcosa che non possono confessare a sé stesse e che si trincerano in ogni istante dietro alla religione: “Madonna benedetta! Io e mio marito solo a luce spenta e senza contatto fisico”! Teresa, la vecchietta incontinente interpretata da Stefania Perelli, è il simbolo delle debolezze della persona umana schiava dei propri bisogni. Vive costantemente portandosi dietro un ‘bauletto’ che considera elemento depositario di tutta la sua vita. Alla domanda: “Cosa vorresti venisse scritto sulla sua tomba?”, risponde con un buffissimo: “Quanto me rode er culo”!!! Le vecchiette Maria e Dora, la prima interpretata da Claudia Cianfarani, la seconda da Monica Falconi, rappresentano l’alienazione della nostra società, colma di individui ‘fuori di testa’ che vivono col fastidio di stare in mezzo al prossimo e sordi nei confronti degli altri. Maria, a voce stridula, dice sempre verso gli altri: “Mamma mia, che facce brutte”, mentre Dora, la vecchietta sorda che scuote sempre la testa, quando le chiedono da quanto tempo non esercita ‘attività’, risponde con un candido: “E’ vero: è quasi ora de ‘magnà’…”! Quest’ultima è la metafora di chi non pratica l’ascolto e vive in una dimensione a sé stante, isolandosi dal resto del mondo. Alfredo, il vecchietto che prende il farmaco ‘blu’ per stare su col morale, interpretato da Daniele Locci, è un essere libidinoso e meschino. Rappresenta l’altro lato delle piccole miserie quotidiane, in base alle quali un uomo finge di essere fedele a sua moglie mentre cerca di soddisfare per ogni dove e senza ritegno il proprio piacere. Alfredo chiede a Totò: “Hai mai provato ad allungare le mani qui dentro”? Randy, l’avvenente infermiera dall’accento francese interpretata da Valentina Lori, assieme a Jenny, l’infermiera dall’accento romagnolo ben rappresentata da Claudia Sparavigna, nel loro muoversi nervosamente sul palco alludono senza filtri alla vacuità di un vivere basato tutto su esteriorità e trasgressione, che conduce immancabilmente all’insoddisfazione. La filosofia è quella del preferire all’amore ‘una botta e via…’, anzi due o tre. Sandy, l’infermiera transessuale interpretata da Giuseppe Chianese che irrompe in scena con mosse e saltelli esilaranti, rappresenta la trasgressione forzata di chi vive psicologicamente imprigionato all’interno di un corpo che non riconosce suo e che viene discriminato a causa di ciò. Sandy, nel disperato tentativo di appartenere all’universo femminile, dice comicamente a bocca spalancata: “Certo che a volte noi donne facciamo proprio male all’uomo”. Betty, l’addetta alle pulizie interpretata da Giorgia Delle Chiaie, riannoda una mentalità impicciona e morbosa, comune a tutti gli strati dell’odierna società, alla continua ricerca delle vergogne degli altri e in quanto mezzo per coprire le proprie. Qui, infatti, nel tentativo di sfuggire alle frustrazioni e alla voce della propria coscienza, ogni personaggio, al pari di lei, si abbandona al pettegolezzo. Sarà il sesso o l’amore a salvare i protagonisti dalla propria solitudine interiore? L’aspetto dell’opera teatrale maggiormente riuscito è la capacità del regista, Luca Franco,  nonché di tutto il cast degli attori nel fornire un ritmo giusto all’intera vicenda attraverso cambi di scena repentini e alternati, conditi da battute ‘al peperoncino’ estremamente esilaranti. Il ritmo giusto rende la recitazione verosimile e gradevoli al pubblico persino i ‘tic’ e le ‘fissazioni’ dei protagonisti della vicenda.




(recensione tratta dal sito www.cittametropolitana.info)
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