Vittorio LussanaLo sviluppo economico iniziato con la rivoluzione industriale inglese di fine ’700, da una parte ha determinato la crescita del nostro benessere, ma dall’altra ha creato i presupposti per il raggiungimento di quei livelli di inquinamento mondiale all’origine degli attuali cambiamenti climatici, i cui effetti si vedono nell’aumento del numero e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi. L’effetto serra, infatti, rappresenta una minaccia ambientale molto seria, che rischia di diventare incontrollabile se continuerà l’immissione nell’atmosfera di sostanze prodotte dalle attività umane (per esempio, l’anidride carbonica derivante dalla combustione di carbone, petrolio e gas). I pericoli sono alti perché un ulteriore incremento, anche di pochi decimi di grado, della temperatura del nostro pianeta potrebbe attivare una serie di reazioni a catena in grado di determinare il parziale scioglimento delle calotte polari, l’innalzamento del livello dei mari e degli oceani, la tropicalizzazione, già parzialmente avvenuta, del clima di molte regioni temperate. Ricercare nuove fonti energetiche pulite è dunque una scelta ormai obbligata. La trattazione si concentra soprattutto sulle cosiddette fonti ‘primarie’, ovvero quelle presenti in natura prima di avere subìto qualsiasi trasformazione. Si tratta delle fonti energetiche esauribili (petrolio grezzo, gas naturale, carbone, materiali fossili) e delle fonti di energia rinnovabile, solare, eolica, idrica, biomasse, geotermica, da non confondere con quelle ‘secondarie’, che cioè derivano da una trasformazione delle primarie (benzina ed energia elettrica). Naturalmente, una fonte primaria, per essere sfruttata, deve possedere alcune caratteristiche peculiari. Ovvero, dev’essere: concentrabile, indirizzabile, frazionabile, continua e regolabile. Concentrabile, perché deve poter convogliare la sorgente di energia entro un’area relativamente limitata (come, per esempio, una centrale elettrica), affinché sia possibile controllarla. In secondo luogo, una fonte di energia dispersa su una superficie molto estesa diverrebbe ingestibile. Questa deve perciò essere anche indirizzabile, vale a dire che dev’essere possibile condurre il prodotto (benzina, acqua, raggi solari) nella direzione per cui si intende utilizzarlo (bruciatore, turbina, lente, specchio). La fonte deve poi essere frazionabile in più parti, in modo da poter impiegare solamente la porzione, piccola o grande che sia, utile in un dato momento. L’energia deve inoltre essere fruibile con continuità, non esaurirsi nel breve periodo. Esistono molti esempi di abbondanti quantità di energia concentrate in tempi brevissimi, come per esempio quella di un fulmine, di un’esplosione o di un oggetto che cade. Ma questo genere di energie sono assai complicati da utilizzare. Infine, le fonti energetiche devono essere regolabili, ossia graduabili a seconda delle necessità. In tal senso, una fonte è tanto più pregiata quanto migliori sono le caratteristiche indicate. Vi è poi la questione della ‘contabilità ambientale’, un concetto spesso considerato ‘astratto’ benché, in realtà, di grande importanza. Attraverso questo tipo di rendicontazione è infatti possibile catalogare, organizzare, gestire e fornire dati e informazioni sull’ambiente in unità fisiche o monetarie, poiché la contabilità ambientale consiste nell’adozione di strumenti del tutto simili a quelli finanziari, volti a misurare l’efficacia delle politiche ambientali messe in atto da un ente territoriale. Organizzata come un sistema contabile, la rendicontazione ambientale permette di rappresentare, in termini oggettivi, lo stato e le variazioni del patrimonio naturale, le interazioni tra economia e territorio, le spese destinate alla prevenzione, alla protezione e al ripristino dell’ambiente. In base al protocollo di Kyoto, firmato nel 1997, ogni Paese ha sottoscritto un proprio obiettivo di riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Va sottolineato, però, che tra i Paesi industrializzati responsabili di gran parte delle emissioni che minacciano il clima - e a cui toccherebbe lo sforzo maggiore - solo l’Unione europea ha in parte tenuto fede agli impegni presi. Per quanto riguarda l’Italia, nonostante alcuni positivi passi in avanti – il nostro Paese è stato il primo ad adottare la ‘energy - carbon tax’, ovvero l’imposta che grava sugli usi energetici a maggiore impatto ‘climalterante’ - l’obiettivo di ridurre del 6,5% le emissioni di anidride carbonica entro il 2010 appare lontano. La Svezia, per esempio, è destinata a diventare, nel giro di pochi decenni, il primo Stato in grado di eliminare completamente il petrolio come combustibile, al fine di concentrarsi sulle fonti rinnovabili, poiché Stoccolma ritiene che il passaggio dai combustibili fossili alle forme di energia rinnovabile sia essenziale non solo per motivazioni ambientali, ma anche per finalità di carattere economico (prima fra tutte la diminuzione dell’impatto dovuto alle fluttuazioni dei prezzi del greggio). Tra gli attori principali che tendono a ridurre la dipendenza dall’energia basata sul petrolio figurano anche l’Islanda, che avendo il vantaggio di disporre di importanti risorse geotermiche spera di poter presto iniziare ad alimentare a idrogeno la propria ‘flotta’ automobilistica e quella navale, nonché il Brasile, il cui obiettivo è alimentare l’80% dei propri mezzi di trasporto con l’etanolo ricavato dalla canna da zucchero entro cinque anni. Auto e città è un altro dei temi su cui riflettere in questi mesi, poiché le grandi aree metropolitane sono sempre più aggredite da agenti tossici come il benzene, la formaldeide, l’arsenico e il cadmio, con conseguenze evidenti sulla salute delle popolazioni residenti. Riguardo invece alle prospettive mondiali per la ‘crescita sostenibile’, le Nazioni Unite hanno più volte spiegato a tutta la comunità internazionale che tale concetto dev’essere inteso in quanto progresso economico e sociale compatibile con un miglioramento della qualità di vita delle persone. Ciò significa provvedere alle esigenze attuali della popolazione senza danneggiare le risorse della Terra, in modo da consentire alle generazioni future di far fronte alle proprie. Naturalmente, quest’idea di sviluppo sostenibile è strettamente connessa con quella dell’equità dello sviluppo medesimo, poiché la questione di un superamento delle disparità tra Paesi ricchi e Paesi poveri rappresenta senz’altro uno degli strumenti fondamentali per garantire al maggiore numero possibile di persone il miglioramento delle condizioni di vita sul nostro pianeta.




Presidente dell'associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile delle riviste 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'


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Carlo Cadorna - Frascati - Mail - venerdi 8 aprile 2011 20.32
Quanto affermato deve però conciliarsi con l'esigenza di avere energia a basso costo per favorire lo sviluppo. Senza sviluppo, il nostro paese finisce come la Grecia.
maurizio - italia - Mail - mercoledi 6 aprile 2011 16.9
finalmente qualcosa sul quale sono pienamente in accordo. Se questo tipo di ragionamento potesse essere anche applicato alla politica sono sicuro che ci sarebbe molta meno suggestione e più verità. Ma dico io siamo pieni di acuqa attorniati dal mare con apennini e fiumi in abbondanza. Le centrali idroelettriche a turbine sono quasi tecnologie dimenticate. Ma l'acqua inesauribile perchè non sfuttarla mica esiste solo il sole! già....


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