Chiara ScattoneA Torino, la moschea si farà: il comune ha dato il via libera all’associazione La Palma per la ristrutturazione di un vecchio edificio della Borgata Aurora, in via Urbino. I permessi sono stati concessi, il municipio torinese ha lavorato seriamente e gradualmente inviando due lettere al ministro Frattini e al ministro Maroni nel merito di un progetto che non prevede minareti, ma che potrà ospitare fino a circa 700 fedeli. La Lega insorge e tuona: “Rischiamo di fare la fine di Alessandria d’Egitto. L’islam moderato non esiste”. Secondo alcuni esponenti piemontesi del Partito del nord non esisterebbe alcuna corrente moderata all’interno dell’islam e, anzi, piuttosto che tutelare il costituzionale diritto alla libertà religiosa, bisognerebbe cercare di garantire la libertà di ogni cittadino di poter vivere lontano dalla paura. Ma una paura esiste? Grossi rischi non sembrano sussistere: il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ha difatti auspicato la creazione del luogo di culto torinese proprio in quanto baluardo per la costituzione di un dibattito con l’islam moderato. Torino, ancora una volta, si dimostra città pioniera dell’integrazione tra le diverse culture e nella modernizzazione di certi vecchi tabù. La creazione di una grande moschea nel capoluogo piemontese, però, sembra voler essere il trampolino per un nuovo attacco da parte della Lega all’islam nostrano. L’attentato di Natale alla chiesa copta di Alessandria d'Egitto ha denunciato il pericolo di un inasprimento delle relazioni tra il mondo arabo-islamico di matrice fondamentalista e il mondo cristiano copto. Diverse minacce sono giunte a varie chiese copte in tutto il mondo. Minacce che, alla luce di questa strage, saranno prese in seria considerazione. Ma il collegamento tra l’attentatore suicida egiziano, che sembrerebbe avere origini asiatiche, e la moschea di Torino non sembrano sussistere. L’attentato egiziano mostra anche poche connessioni con la politica interna del Paese del Mahreq arabo, apparendo quale evento esterno mirato, più che altro, a minare l’immagine dell’Egitto all’estero e a destabilizzare la sua sicurezza interna, probabilmente per farlo apparire in difficoltà rispetto ad altri Paesi arabo-islamici attualmente preda di gravi squilibri interni. Cosa c’entra tutto questo con la moschea torinese? La costruzione di questo luogo di culto, in realtà, segue un percorso di riconoscimento di una gran parte di cittadini musulmani, arabi e non. L’islam è una realtà religiosa presente nel nostro Paese e come tale deve essere riconosciuta, se non a livello nazionale, almeno a livello regionale e locale. È necessario ricordare che non esiste un problema di islamizzazione del nostro territorio: non è a rischio la vita della cristianità, così come invece annunciato da qualche esponente della Lega. L’islam è stata l’unica religione che fin dalla sua nascita e dalla prima espansione territoriale ha riconosciuto la necessità di tollerare, salvaguardare e dunque di accettare le diversità religiose. In quanto ultimo messaggio divino, disceso sul profeta Muhammad nel VI secolo dopo Cristo per il tramite dell’Arcangelo Gabriele, nel suo contenuto sono presenti numerosi collegamenti con i messaggi precedenti. La credenza dell’unico Dio è l’elemento centrale dell’islam e di tutto il monoteismo. Ed è proprio sulla base dell’unicità divina che avviene il riconoscimento delle altre fedi religiose. Il Dio è uno e unico: ciò che differisce il credente musulmano dagli altri monoteisti sono le regole di culto, gli aspetti cultuali e storici. Ogni popolo ha ricevuto il proprio messaggio divino. Il messaggio di cui era portavoce Muhammad (portavoce, non santo o figlio di Dio, non esiste l’idea della santità, né la possibilità per Dio di generare o essere generato) era diretto al popolo arabo e, per questo motivo, è stato trasmesso in lingua araba, così come in lingua araba è stato trascritto il Corano. Una politica di dialogo coraggiosa e saggia centrerebbe le sue argomentazioni non sulle differenze, che naturalmente intercorrono tra le varie religioni, né tra l’importanza di un messaggio piuttosto che di quell’altro, bensì cercherebbe di dialogare sugli aspetti comuni che pregnano le varie confessioni. La chiamata al terrore dall’islamizzazione di alcuni politici ricorda tanto la creazione di miti e leggende mistificatorie e denigratorie a danno delle comunità ebraiche askhenazite che, nel Medioevo, risiedevano nel nord Italia e nel nord Europa, le quali vennero più volte accusate di compiere, nei periodi intorno alla Pesach ebraica, riti religiosi di sangue a danno di bambini cristiani. Storie da caccia alle streghe – come non ricordare la vicenda del Beato Simonino da Trento –  che tuttavia hanno condizionato l’esistenza delle comunità ebraiche e il rapporto con la popolazione cristiana. Anche allora si parlava di minaccia della cristianità. E anche in quel caso tale minaccia risultò essere del tutto infondata. La Storia è andata avanti: cerchiamo, oggi, di non tornare indietro.


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