Pietro PisanoHa avuto inizio lunedì 15 aprile e proseguirà per le prossime sei settimane, il primo dei quattro processi in cui è coinvolto Donald Trump. Un caso che rappresenta un 'unicum' nella Storia degli Stati Uniti, il primo in cui a risultare imputato è un ex presidente. "Lotto per la libertà di 325 milioni di americani: questo processo è un attacco all'America", ha commentato Trump poco prima di entrare in tribunale. Sul tycoon pendono 34 capi di imputazione, di cui uno riguardante la falsificazione di documenti aziendali per nascondere un pagamento, avvenuto nel 2016, di 130 mila dollari alla pornostar Stormy Daniels, affinché la donna non rivelasse la loro relazione extraconiugale. Secondo l’accusa, il pagamento sarebbe stato effettuato utilizzando i fondi per la campagna elettorale. L'ex faccendiere Michael Cohen, uno dei 'testimoni-chiave', avrebbe materialmente 'staccato' gli assegni e sarebbe, in seguito, stato rimborsato dalla società di Trump, che ha fatto passare le varie 'rate' sotto la voce: "Spese legali". Ma non è finita qui. La procura di Manhattan imputa all'ex presidente altre due mazzette elargite per non divulgare le sue sregolatezze: una da 30 mila dollari a un portiere della 'Trump Tower' e un'altra, da 150 mila dollari, alla coniglietta di 'Playboy', Karen McDougall, con la quale 'The Donald' ha avuto una storia sempre nel 2016. C’è da dire che, in passato, Cohen è stato uno dei più stretti collaboratori di Trump, avendo lavorato per la 'Trump Organization' dal 2006 al 2017. Verso la fine della campagna presidenziale del 2016, l'affarista ammise di avere pagato alla Daniels i 130 mila dollari per comprare il suo silenzio. In seguito, l’ex avvocato di Trump sarebbe stato rimborsato per diversi mesi dalla stessa 'Trump Organization', per un totale di 420 mila dollari registrati dalla società come "spese legali". Nonostante ciò, le informazioni sulle relazioni extraconiugali di Trump sono comunque trapelate. E i pubblici ministeri federali di New York hanno accusato Cohen, finito nel mirino dell’inchiesta 'Russiagate', per aver violato le norme federali che regolano il finanziamento delle campagne elettorali. Cohen si è subito dichiarato colpevole delle accuse e del reato di evasione fiscale, scontando tre anni di carcere in una prigione federale. Ma veniamo al processo: la prima fase, come in ogni giudizio penale statunitense, è costituita dalla selezione di una giuria popolare, un organo composto da normali cittadini, incaricati di decidere la colpevolezza o l’innocenza di Trump: un momento delicato e complesso, soprattutto per quanto riguarda un personaggio così controverso come il tycoon. A seguire, sarà poi la magistratura vera e propria a decidere la pena. Nel caso del processo di Donald Trump, la selezione ha richiesto un elenco di cittadini statunitensi maggiorenni e residenti a Manhattan, che parlassero inglese e che fossero esenti da precedenti penali. Negli Stati Uniti è un obbligo previsto dalla legge presentarsi al colloquio per essere scelti per una giuria. E i selezionati sono obbligati a partecipare al processo. Nella prima udienza, oltre la metà dei novantasei possibili giurati è stata esentata, poiché hanno dichiarato di non poter essere imparziali nei confronti dell’imputato Trump. Nonostante le innegabili difficoltà della selezione, alla fine sono stati individuati, secondo quanto riferisce 'La voce di New York', i 12 giurati che decideranno la colpevolezza o l’innocenza dell'ex presidente, Donald Trump: 7 uomini e 5 donne, quasi tutti impiegati, tra cui 2 avvocati aziendali, un ingegnere informatico, un insegnante di inglese e un logopedista. A questo punto, si dovranno scegliere altri 5 dei 6 giurati 'supplenti', poiché uno è già stato selezionato prima che il magistrato sospendesse l'udienza. Tra i potenziali giurati interrogati, un uomo, nato e cresciuto in Italia, è stato escluso dopo aver paragonato Donald Trump a Silvio Berlusconi, affermando che "in Italia, Berlusconi era noto per i suoi scandali sessuali e per la corruzione”. Nello Stato di New York, essere scelti per far parte di una giuria processuale è un dovere civico controverso: se, da un lato, nel settore pubblico, ai dipendenti che sono chiamati dal tribunale viene concesso tempo illimitato e piena retribuzione, nel settore privato le cose non stanno proprio così. Negli Usa non esistono i contratti nazionali. Per cui, i datori di lavoro di solito concedono solo un’assenza non retribuita. I giurati ricevono dallo Stato 40 dollari al giorno, per un massimo di 3 giorni, che vanno direttamente al datore di lavoro se nella sua impresa sono impiegati più di 10 dipendenti. Se, invece, in azienda ci sono meno di 10 dipendenti o se si è lavoratori autonomi, lo Stato pagherà direttamente al giurato il compenso previsto. Da qui ne discende che fare il giurato negli Stati Uniti è, praticamente, un 'lusso' che non tutti i cittadini si possono permettere.





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