Marcello TamascoAlcune notti fa, una sorta di diluvio autunnale ha letteralmente bloccato la viabilità nella capitale. Allagamenti e caduta di tre alberi al quartiere Prati, nessun morto ma molta paura. Le alte temperature dei giorni precedenti non lasciavano presagire il nubifragio, che si è abbattuto la sera del 18 di settembre scorso a Roma. Ma il problema è proprio questo: affrontare i recenti sconvolgimenti climatici in modo differente ed efficace. Sono anni che assistiamo ad anomalie climatiche, dovute principalmente all’accrescersi del tasso d’inquinamento, che espongono il nostro Paese a pericolose calamità naturali. Eppure, non si vedono mutamenti nell’abituale modo di pensare per tentare di limitare nel concreto i danni alle persone e alle cose. Volendo fare un breve bilancio, dal 2008 a oggi non si può far altro che constatare la ripetizione di un triste copione, con danneggiamenti d’auto e morti per crollo di alberi in varie zone del territorio comunale. Il 19 di settembre è stata sfiorata la tragedia nel quartiere Prati, a Roma, all’altezza del civico numero 39 di via dei Gracchi, intorno alle ore 15 del pomeriggio. In seguito a un breve temporale, si sono abbattuti tre alberi sulle auto in sosta creando paura e sgomento e, solo per puro caso, non si sono riscontrati danni alle persone. La via in questione è situata alle spalle della centralissima via Cola di Rienzo: per intenderci, non una strada periferica, ma una delle vie più gettonate dello shopping della capitale. La notte precedente, un turbinio di fulmini e allagamenti aveva causato la chiusura di sei stazioni della principale metropolitana di Roma, la linea A, con relative richieste di soccorso da parte di numerosi cittadini in difficoltà. In circa quindici minuti erano piovuti al suolo trenta millimetri d’acqua. A causa di ciò, era stato anche chiuso il sottopassaggio all’altezza del crocevia tra la via Casilina e lo svincolo del grande raccordo anulare. Cosa deve ancora accadere perché ci si renda conto che il territorio comunale, alla luce di un mutato panorama climatico, necessita di frequenti controlli atti a garantire l’incolumità dei cittadini all’interno del comprensorio pubblico?




(articolo tratto dal sito www.cittametropolitana.info)
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Marcello Tamasco - Italia - Mail - martedi 27 settembre 2011 16.50
Rispondo al Sig. Ferri: La ringrazio per l’attenzione e per aver postato il suo commento. Qui si può esprimere liberamente la propria opinione senza censure di sorta, speriamo si possa continuare a farlo sempre e comunque. Intendo rassicurarla sul fatto che il mio intento non è quello di sentenziare principi di verità ma di presentare all’opinione pubblica gli accadimenti reali per quello che sono. Non mi offende affatto che qualcuno possa avere un pensiero divergente dal mio, chi legge ritengo abbia gli strumenti per capire se la mia argomentazione ha un fondamento o meno. Il mio interesse è volto ad un sano confronto. Piuttosto non me ne voglia se le dico che in realtà con la replica lei rischia di porre in cattiva luce sé stesso. Il tutto deriva dal fatto che le argomentazioni dovrebbero seguire un filo logico lineare e rifuggire dalla linea delle invettive. Se è comprovato da anni un aumento di anomalie climatiche che espone a maggiori rischi cose e persone è innegabile il fatto che occorra strutturare un maggiore controllo del territorio predisponendo in primis il rafforzamento del servizio di manutenzione degli alberi. Dico questo perché quando in una via di gran scorrimento della capitale precipitano al suolo in un sol giorno tre alberi o frammenti di essi per il peso dell’acqua esercitato dall’alto sui rami, non si può parlar solo ed unicamente di problemi di scolo delle acque, ma è lecito parlare di reali e conclamati problemi di manutenzione degli stessi. E le conseguenze a mio avviso non sono di poco conto. Quand’anche ci fosse un solo morto, sarebbe un fatto gravissimo al di là di dati statistici o catastrofismi per fare notizia.
Mauro Ferri - Monza - Mail - martedi 27 settembre 2011 12.26
Egr. sig. Tamasco, lungi da me -l'assicuro- voler offerndere qualcuno ma, lo dico chiaro, gli assunti del suo articolo sono errati. Me ne rammarico sempre, perchè c'è un imperante senso di catastrofe ambientale imminente scatenanta dall'uomo. Tale senso di catastrofe imminente viene alimentato ad arte da chi vive di informaizone, perchè la catastrofe vende, e, ancor più, dalla società tutta poichè la nostra attuale società, quella occidentale, si basa ormai sul consumo. Senza consumi si scatenano le peggiori crisi. E l'imminente catastrofe serve a far vendere un sacco di beni (utili o inutili, non lo voglio giudicare).
I cambiamenti climantici sono, lo rammento, normali in un pianeta, sono sempre avvenuti e continueranno ad avvenire. L'uomo, per quanto "intelligente" non ce la fa (non ancora perlomeno) ad avere un influenza sensibile sull'intero pianeta. Le energie in gioco sono troppo alte.
E' scoretto, infatti, parlare di surriscaldamento globale: innanzi tutto perchè già da tempo si stanno surriscaldando anche giove e saturno (non ditemi che è colpa dell'uomo anche li!) e poi perchè gli effetti sono si presenti, lungi da me negarlo, ma a livello locale.
Tutta questa lunga premessa per, almeno, dare un punto di vista diverso.
Ciò detto, i problemi reali che lei rappresenta sono sicuramente importanti e necessitano di risposte. Tendenzialmente i problemi che seguono rovesci particolarmente intensi, nelle zone densamente urbanizzate sono molto evidenti proprio perchè l'acqua non ha -letteralmente- dove andare. Serve semplicemente (si fa per dire, perchè gli interventi strutturali sono corposi) più possibilità per l'acqua di defluire, cioè maggiori superfici filtranti e pozzi perdenti (con le dovute sicurezze, non come si facevano 50 anni fa).


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