“Il mio Dio è sempre un altro Dio”. E’ questa l’ultima 'perla' che Oliviero Toscani ci ha lasciato. Un pensiero che ha rappresentato l’ultimo 'sasso in piccionaia' contro chi crede alle verità automatiche e nelle morali preconfezionate. Un colpo d’occhio radicale nel cogliere, attraverso l’immagine, la radice più profonda delle nostre contraddizioni. Oliviero Toscani combatteva la mediocrità delle grigie forme assolute, dei colori di scarto, al fine di educarci all’immagine pensata, indicandoci al contempo le nostre più scomode verità. Le quali, vanno cercate continuamente, sapendo andare oltre le apparenze. Una lezione dura nei confronti dell’italiano medio, che vuole continuare a illudersi di avere la coscienza a posto nella sua ipocrisia, nel suo falso bigottismo, nel voltare il proprio sguardo sempre da un’altra parte. Ancora oggi, l’italiano medio lo conosciamo ben poco. Egli crede in un Dio esogeno, esterno da sé: uno stravagante signore con la barba bianca che vive su una nuvoletta, impegnatissimo a compiere il miracolo di riuscire a far diventare veramente religiosi gli atei e i laici. Gli italiani, infatti, non credono a nulla e non si fidano di nessuno: pensano esclusivamente a loro stessi, al cibo, al calcio, alle donne e ai quattrini. L’italiano medio non è nemmeno tale, in realtà: è solamente un piccolo borghese, arrogante e reazionario, che disprezza qualsiasi norma od ordine sociale, in quanto privo di spina dorsale. Non ama la natura e sa difendersi solamente dallo Stato. Uno stranissimo animale, feroce e casalingo, che s’indigna col proprio 'deretano' ben piazzato sul divano, senza mai assumersi la benché minima responsabilità di nulla. Un 'cafone', che parla solamente perché ha la lingua in bocca. L’italiano giudica tutto e tutti senza mai fare alcunché di concreto. Per questo motivo fatica moltissimo a comprendere chi realmente possiede un’etica, come Oliviero Toscani. E anche chi afferma di essere “tutto d’un pezzo”, non appena gli volti le spalle ti ha già pugnalato alla schiena.
Giuseppe Santalucia, scadente presidente dell'Associazione nazionale magistrati (nel senso che è a fine mandato) ha dichiarato: "Il testo della riforma sulla separazione delle carriere è inemendabile, andrebbe eliminato". Quindi, lo scadente presidente ci sta dicendo che i magistrati, non contenti di essere protagonisti esclusivi dell'amministrazione della giustizia attraverso l'interpretazione e l’applicazione della legge, gradirebbero anche essere autori della legge. Rispondiamo con una frase di Ernesto Rossi, spesso citata da Marco Pannella: “I becchini non possono fare la riforma della morte”.
Capire il significato di un sogno che abbiamo appena fatto, è qualcosa che da sempre affascina l’umanità, da quando i primi uomini cercavano di attribuire significati mistici ai propri sogni, fino agli studi psicologici moderni, che li considera una finestra sull’inconscio. In ogni epoca attraversata, i sogni sono stati visti come qualcosa di più di un semplice fenomeno notturno. Fin dall'antichità, essi sono stati interpretati come messaggi divini o premonizioni, visti come un canale privilegiato per comunicare con l'inconscio.
Dalllo scorso 10 gennaio e fino al 16 febbraio 2025, il Molise ospita la IV edizione di 'Molichrom: Festival della Fotografia Nomade', trasformando la regione in un punto di riferimento per la fotografia internazionale contemporanea. Sotto la direzione artistica del fotografo Eolo Perfido, il festival propone un programma ricco di mostre, talk e workshop, riflettendo sul tema centrale del nomadismo forzato: un fenomeno drammaticamente attuale. “Trasformare il nomadismo forzato da tragedia umanitaria a opportunità di rinnovamento sociale e culturale”, questo il proposito di Molichrom, come spiegato dal direttore artistico. Perfido sottolinea il legame tra guerra e migrazioni forzate, definendolo un “nomadismo della sopravvivenza”. Dai conflitti antichi alle crisi moderne, il fenomeno rimane una delle più drammatiche declinazioni del nomadismo contemporaneo. 'Molichrom' si propone di esplorare il tema attraverso un dialogo interdisciplinare che coinvolge fotografia, arte e attivismo, offrendo una piattaforma per comprendere e affrontare le sfide del nostro tempo. La mostra di punta, 'L’ultimo ballo: vite sospese al tempo della guerra', presenta gli scatti del fotoreporter Alessio Romenzi, che documenta l’impatto devastante dei conflitti sui civili. Le sue immagini ci conducono nelle zone più calde del pianeta, raccontando storie di esilio e resilienza. Parallelamente, il progetto ‘Verso casa’, realizzato con il contributo delle associazioni fotografiche locali, si concentra sui rifugiati accolti in Molise, trasformando il tema astratto della migrazione in narrazioni visive di speranza e resistenza.
Sono passati 80 anni dalla morte di Benito Mussolini e ancora si parla, quotidianamente, di lui. Nel bene e nel male, tutti gli italiani lo conoscono: i meno giovani attraverso i libri; gli storici impegnati in una ricostruzione fedele e imparziale dei fatti; gli anziani ancora vivi che hanno vissuto l’epoca del fascismo e della resistenza e sono sempre disposti a parlare con viva memoria di quei giorni. Sono stati scritti libri, aneddoti, pettegolezzi: di tutto e di più su quest’uomo, che continua a dividere l’Italia tra coloro che lo evocano come uno 'spauracchio', tra i nostalgici e tra chi non ha vissuto quel periodo storico, ma si è fatta un’idea propria della personalità del duce (dal latino 'dux': condottiero, ndr), incarnandolo nell’uomo forte, nel leader carismatico capace di trascinare le folle e di cui, secondo questi, ci sarebbe bisogno. Psicologi, storici, politologi e sociologi hanno speso fiumi di parole per spiegare come mai, dal loro punto di vista, gli italiani sono ossessionati da Mussolini. Gli esseri umani, dalla notte dei tempi, cercano un capo carismatico, che li rappresenti e a cui delegare responsabilità: dunque, il duce rappresentava perfettamente quell’idea di leader? Davvero gli italiani hanno, ancora oggi, bisogno di un uomo come lui? Era così ‘bravo’ che non ne esistono altri? La democrazia è in pericolo? La XII disposizione transitoria e finale della Costituzione italiana vieta la "riorganizzazione del Partito nazionale fascista".
Un capodanno indimenticabile nella 'città eterna', grazie al Rome Parade, che ha incantato il pubblico con una straordinaria sfilata di artisti, musicisti e performers lungo un percorso di circa 4 chilometri, attraversando alcune delle location più iconiche di Roma. Con partenza dal Pincio e un itinerario che ha toccato via del Babuino, Piazza di Spagna, via dei Condotti, via del Corso e Piazza del Popolo, l'evento ha visto la partecipazione entusiastica di quasi 30 mila persone, tra spettatori e protagonisti della parata. L'edizione di quest'anno ha portato in scena l'energia e il talento di numerose formazioni italiane e delle prestigiose 'high school marching bands' americane, regalando momenti di musica, colori e spettacolo unici. Ad arricchire la giornata, la presenza delle affascinanti 'majorette', delle dinamiche 'cheerleaders' e degli inconfondibili artisti di strada, accompagnati dalla brillante conduzione di Stefano Raucci, Francesca Ceci e Stefano Molinari, i quali hanno saputo coinvolgere il pubblico con professionalità e simpatia. La Rome Parade 2025 è stata inaugurata con il taglio del nastro da parte di Svetlana Celli, presidente dell'Assemblea capitolina, con apertura del gruppo di antichi romani 'Ab Vrbe Condita', seguiti dai figuranti in costume rinascimentale.