Veruska Armonioso

Di recente, al ‘Globe Theatre’ di Roma davano il ‘Giulio Cesare’. Al di là della coinvolgente interpretazione del cast e della magistrale regia, in quella rappresentazione è stato messo in evidenza un elemento non facilmente visualizzabile, rispetto al testo originale della grandiosa tragedia ‘shakespeariana’: Bruto amava Porzia e la cosa era nota a tutti, mentre Giulio Cesare, che era sposato con Calpurnia, per mettere a tacere le paure della propria donna, aveva deciso di non recarsi al Senato in quel famoso 15 marzo del 44 a.C. Bruto, inoltre, prima della battaglia di Filippi, con dignitoso cordoglio pianse pubblicamente la morte della propria consorte. Insomma, i politici di quel tempo amavano: erano capaci di forti passioni. Certo, stiamo parlando di una tragedia di Shakespeare: cosa c’era da attendersi? Nella finzione romanzata tutto è possibile. Ma se nel corso di una tragedia teatrale uomini politici di tale caratura riescono, sebbene caratterizzati come innamorati e messi a nudo nei loro sentimenti verosimilmente più umani, non solo a non perdere la propria immagine di virilità e autorevolezza, ma addirittura a guadagnare la ‘simpatia’ di chi li osserva dall’esterno, perché ciò non dovrebbe accadere anche nella realtà? Una realtà fatta di tiepide personalità, capaci solo ad esprimere le proprie pulsioni passionali gridando alla Camera o in un comizio, ma poco abili a mettersi in gioco per quello che sono, deputando terze, quarte, a volte anche quinte persone a scegliere parole, abiti, gesti o, addirittura, movimenti politici. Oggi, Walter Veltroni ci parla di ‘amore’. E l’Italia esplode. Comprensibile: quando mai la parola amore ha fatto rima con la politica? Amore per cosa, poi? Per la Patria? Tra deputati? Per la giustizia? Per la verità? Per la propria famiglia? Per la propria compagna? Per il proprio cane? ‘Introdurre’ l’amore in politica, cosa vuol dire? Forse che i nostri parlamentari non provano sentimenti come gli altri? Che non si accendono per degli ideali come facciamo noi? Che non piangono come noi, non si innamorano come noi, non passano notti insonni come noi? Insomma, che essi non amano come noi? E ancora: non è forse la passione il carburante di ogni grande amore? E’ o non è proprio l’amore, in tutte le sue forme, a smuovere le montagne? E non sono, forse, proprio i politici coloro che, per nostro conto, dovrebbero smuovere quelle ‘montagne’? Essi guidano il nostro Paese, sono al timone della nostra ‘barca’ e ci rappresentano tutti. Ma noi, gente capace di forti passioni in quanto esseri umani, noi che ci accendiamo per un goal e ci innamoriamo per un sorriso, siamo coloro che li abbiamo scelto come ‘timonieri’ di questa ‘barca’. Saranno dunque capaci di provare amore! Altrimenti, non potrebbero governare la nostra Repubblica od opporsi a chi la guida. Eppure, proprio non riusciamo a immaginarli alle prese con le ‘emozioni’, contraddizioni con cui conviviamo quotidianamente senza nemmeno accorgercene. Ed è un peccato che essi non siano ‘in amore’, se si considera che ciò li renderebbe più umani, più ‘simpatici’. Alla voce “simpatico”, Wikipedia riporta testualmente: termine di derivazione greca composto da due parole: “patire” e “insieme” o “provare emozioni con”… La simpatia nasce quando i sentimenti o le emozioni di una persona provocano simili sensazioni anche in un'altra, creando uno stato di ‘coinvolgimento condiviso’. In un senso più ampio, il termine può anche riferirsi alla condivisione di ideologie. Ad esempio: Tizio è un simpatizzante di … In ogni caso, tornando a Shakespeare e alla nostra domanda di partenza intorno al “perché tutto ciò non possa accadere nella realtà”? diviene persino banale rispondere che sì, sarebbe bello: avremmo davvero tanto bisogno di ‘amore’ in politica. Ma allora poniamoci una seconda questione: l’amore è scindibile dalla verità? E noi cittadini siamo in grado di riconoscere la finzione rispetto alla verità? Qui verrebbe da rispondere che un deputato ci può mentire e ‘farla franca’ senza che noi ce ne accorgiamo, poiché il cuore, il nostro cuore, non sempre è in grado di ‘stanare’ un’emozione fasulla. Eccoci dunque al vero ‘nodo’ della matassa: la domanda da porci non è “perché non possa accadere nella realtà”, bensì: “Ciò è fattibile nella realtà”? E’ possibile l’amore in politica? Quell’amore che vogliamo noi, l’unico che conosciamo, quello reale, quello vero, tangibile, non prefabbricato. Non foto patinate, articoli editati cento volte e da cento mani diverse, sorrisi decisi a tavolino sei settimane prima. Si tratta di ‘Hikmet’, di passione pulsante! Ma, a questo punto, la risposta diventa, purtroppo, un crudele “No”! L’amore vero non è calcolo, non è strategia, quindi, ahinoi, non è politica. Sarebbe politicamente ‘ingenuo’ amare in politica. Ma allora che senso ha ricevere un ‘amore’ che sappiamo non essere vero? Forse, sarebbe il caso di accontentarsi di molto meno, di una sincera dedizione alla Patria, virile e dignitosa, di maggior rispetto e onestà. E se proprio vogliamo parlare di ‘amore in politica’, facciamolo con cautela, in modo che vinca, per dirla con il poeta Auden: “La verità, vi prego, sull’amore”!




 

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beatrice - roma/italia - Mail - giovedi 13 settembre 2007 15.1
Riflessioni molto interessanti, ma non sottovalutare i sentimenti dei nostri politici... dimentichi che dalle pagine di illustri quotidiani nazionali sono capaci di sdolcinate profusioni di sentimenti.
Aggiungo poi una nota filologica, una pignoleria: simpatia non deriva da "partire": provare simpatia per qualcuno non significa partire con lui/lei, bensì "sentire", "pathein". Probabilmente un refuso di Wikipedia.


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