
Al tempo dei miei studi universitari, si narrava il mito secondo il quale per studiare
giurisprudenza fosse necessaria una grande
memoria per tenere a mente
“tutta quella mole di pagine”. Eh sì, perché all’epoca le procedure, o il tanto temuto
diritto privato, che oggi ci risulta venga espletato in due o tre esami separati per ogni materia, si portavano
tutti in un colpo solo. Ebbene, con immenso stupore degli astanti, fin da matricola mi trovai a obiettare (cosa che mi capitò anche in seguito, da assistente di cattedra prima e dottoranda poi, ai miei allievi), che in realtà ciò che non deve mancare a chi studia legge sono due capacità fondamentali: la prima, quella
logica, che permette di legare tra loro gli argomenti senza necessità di impararli a memoria; e la seconda, quella
definitoria. Saper
definire un concetto o un
termine significa, in realtà,
conoscerne i perimetri e
l’efficacia. Cosa che per un
giurista è di fondamentale importanza. Se ne ha riprova ogni giorno quando, nella quotidianità anche stravolta della fase attuale, ci si trova ad analizzare gli accadimenti e si cerca di ricomporre il tutto a una
forma di ordine quantomeno
logico. Facciamo l’esempio di un tema quanto mai attuale, quello del
Green Pass. Non si può non notare come, proprio nel caso di specie, utilizzando la
logica e la
definizione si possa venire facilmente a capo del
gran caos che sta spaccando in due il Paese. Ma andiamo con ordine. E cerchiamo di fare
un’analisi logica e
scientifica del tema. Iniziamo dall’inquadramento del provvedimento, che per taluni è una
misura sanitaria, per altri invece una
misura politica. Come venire a capo della collocazione? Anzitutto, definendo le due misure e poi analizzando il
Green Pass, per capire se ha le caratteristiche dell’una o dell’altro. Iniziamo dalla locuzione
“misura sanitaria”: norma o provvedimento atto a tutelare e/o salvaguardare il bene o diritto alla salute (si pensi, per esempio, alle
norme di antisofisticazione degli alimenti). Per
“misura politica”, invece, si intende quella norma o provvedimento atto al raggiungimento di un fine politico (per fare un esempio, le norme che regolano i
flussi migratori). Ora, posto che il
Green Pass, a detta stessa dei
medici, non è una
misura strettamente sanitaria in quanto
“non crea luoghi sicuri e per valutarne la portata andrebbe misurato l’impatto” (così il
professor Crisanti in varie occasioni), ecco che allora se ne evince il pieno fine
politico, che è quello di spingere la popolazione a
vaccinarsi, impedendo a chi non abbia la tessera verde l’esercizio di ormai pressoché tutte le
attività sociali e, cosa ancora più grave, l’esercizio del
diritto al lavoro. Un diritto che, come ci ricorda
l’articolo 1 della nostra
Costituzione, fonda la
Repubblica in cui viviamo. Anzi, si potrebbe asserire che il
Green Pass, in realtà, mina il
'bene salute' che
millanta di voler tutelare, in quanto avendo una validità di
12 mesi laddove la copertura di un vaccino ci dicono perda di efficacia nel giro di
6 mesi, ciò significa che un soggetto dotato di
Green Pass vaccinale può liberamente circolare senza ulteriori controlli essendo, in realtà,
potenzialmente pericoloso per la collettività, laddove, invece, il soggetto che abbia un tampone negativo effettuato nell’arco massimo delle
72 ore, anche se
non vaccinato, è
sicuro per se stesso è per gli
altri. Sul fatto poi che anche i
vaccinati possano
ammalarsi e
contagiare c’è già ampia letteratura e cronaca (basti pensare al famoso ospedale romano in cui il personale sanitario era tutto vaccinato e si sono ammalati). Si pensi, piuttosto, a costruire una
polis parallela o
alternativa, dei
piccoli comuni di resistenza dove i cittadini possano vivere per scelta come in
epoca pre-Covid, ovvero senza restrizioni. E chi vuole utilizzare i
presidi sanitari o sottoporsi a
vaccinazione, lo fa per propria
libera scelta e si valutino i risultati in termini di
salubrità di vita e di
economia dopo un anno rispetto a quelle degli
altri centri, che seguono
tutte le norme (anche quelle
prive di logica). I dati, a quel punto, decreteranno la
verità delle cose. Al tempo stesso, è importante tenere vivo il dibattito nella società richiamando l’attenzione sui
temi scientifici, tenendo bene a mente che la
medicina non si annovera tra le
scienze esatte e, pertanto, invocare sempre i criteri di una
scienza inesatta è una
contraddizione in termini, senza far passare per secondarie le
implicazioni morali, giuridiche e
sociali di quella che può, a questo punto a tutti gli effetti, definirsi una
barbarie istituzionalizzata.