Luca BagatinIl professor Luigi De Marchi, psicologo, politologo, già editorialista di Radio Radicale, del quotidiano ‘L’opinione’, nonché autore di numerose opere in Europa ed America, protagonista di numerose battaglie per i diritti civili, ha sempre la capacità di illuminare. La sua ‘Teoria liberale della lotta di classe’ è assolutamente perfetta, capace di fotografare l’attuale realtà italiana e, per molti versi, anche internazionale. Egli parte unicamente da concetti psicologici applicati alla politica. E così ha fatto per l’elaborazione della sua ‘Psicologia politica liberale’ o ‘Psicopolitica’ (mi ricorda assai la ‘Neuropolitica’, elaborata in un testo da un altro psicologo, Timothy Leary, ispiratore del movimento hippy statunitense degli anni '70), che è l’essenza degli studi che egli ha compiuto dagli anni ’60 del secolo scorso - con i suoi primi testi sulla sessualità - sino ad oggi. La ‘Psicopolitica’ di De Marchi, in sostanza, ci spiega come "le ideologie sono maschere, le economie sono macchine, mentre ciò che veramente conta, nella realtà sociale e politica, è la struttura psicologica, insomma la mentalità degli individui e dei gruppi che stanno dietro alle maschere e sopra alle macchine”. Ecco che egli, dunque, individua negli opposti estremismi di ‘destra’ e ‘sinistra’ (e dunque nei relativi totalitarismi da essi prodotti) le personalità autoritarie, represse sessualmente, foriere di dogmi e tabù. Nonché individua come uno dei drammi della nostra epoca sia la crescita esplosiva della popolazione mondiale nell’ultimo secolo, con tutte le sue vittime per fame, malnutrizione, epidemie, fenomeni immigratori incontrollabili e forieri unicamente di povertà. Nel suo ultimo saggio "Svolta a destra? Ovvero, non è conservatore chi combatte parassiti, fannulloni e sfruttatori”, il professor De Marchi, oltre a rimarcare questi concetti, elabora e chiarisce, nella fattispecie, la sua ‘Teoria liberale della lotta di classe’, scaturita proprio dalla sua ‘Psicologia politica liberale’. Egli infatti spiega come sia arcaica ed errata la vecchia concezione ‘marxista’ di lotta di classe: padroni contro operai (che nell’800, non a caso - lo diciamo per inciso - fu fortemente contestata da Giuseppe Mazzini finanche in sede di fondazione della Prima internazionale, alla quale egli partecipò attivamente). Oggi, la nuova lotta di classe si sostanzia nella contrapposizione fra il popolo dei produttori (dipendenti del privato, commercianti, artigiani, lavoratori parasubordinati) e quello dei burocrati (pubblici dipendenti, classe politica, sindacatocrazia). Il professor De Marchi, come già espose Alberto Pisolini Zanelli nel testo "La rivolta blu, contro i miti dello Stato sociale” dimostra come la cosiddetta ‘svolta a destra’, che negli anni ‘80 del secolo scorso portò al governo degli Stati Uniti il repubblicano Ronald Reagan e, in Gran Bretagna, la conservatrice Margaret Tatcher, fu una svolta liberale e per molti versi libertaria, che mise in crisi la socialburocrazia europea, basata fondamentalmente sull’intervento statale in economia e sul ricorso, spesso incontrollato, al prelievo fiscale. Oggi, in tutta Europa sta avvenendo la stessa cosa con la leadership affidata in Francia a Nicolas Sarkozy, con l’attuale maggioranza affidata in Italia a Silvio Berlusconi, con l’arretramento dei laburisti di Gordon Brown (lontanissimo anni luce dalle riforme liberali di Blair) e quello dei socialisti in Spagna e nel resto del continente. Parimenti, come affermato dal De Marchi sondaggi alla mano, ciò non significa che la popolazione stia diventando conservatrice nei diritti civili. Anzi! Così come avvenne durante la presidenza Reagan, la popolazione si è pubblicamente espressa a maggioranza per maggiori riforme civili sulla procreazione assistita, la ricerca, una maggiore presa di distanza dal Vaticano (73,4% degli elettori di centro – destra, in Italia, lo affermano), per una legge a favore dell’eutanasia (69% degli elettori di centro – destra, in Italia, la vorrebbero) e per introdurre l’educazione sessuale nelle scuole. Ecco, dunque, come la maggioranza del Popolo dei produttori (che coincide con la maggioranza degli elettori), oggi affida il governo alle forze che maggiormente lo garantiscono per mezzo dello snellimento della burocrazia e del regime fiscale. L’ultimo saggio di De Marchi spiega, quindi, come in Italia, dopo le elezioni politiche del 2008, il governo Berlusconi IV (con al suo interno importanti figure della ‘galassia liberalsocialista’ quali Renato Brunetta e Maurizio Sacconi) sia riuscito ad attuare una politica progressista, introducendo ammortizzatori sociali, bonus famigliari, riformando scuola e pubblica amministrazione. Tutte cose che la compagine ‘cattocomunista’ pareva sempre annunciare, salvo poi comportarsi diversamente. De Marchi fa notare anche come in Italia la magistratura sia stranamente e pericolosamente da sempre politicizzata e vicina ad ambienti comunisti i quali, sostenuti dalla grande stampa e da certi ‘poteri forti’, non perdono occasione per tentare di delegittimare l’attuale maggioranza democraticamente eletta. La parte a mio avviso più interessante del saggio è quella relativa alle indicazioni che De Marchi fornisce all’attuale maggioranza, al fine di realizzare quella ‘rivoluzione liberale’ di cui questo Paese ha urgente necessità. Egli dà una ‘tiratina d’orecchi’ al dirigismo statalista del ministro Tremonti, invitandolo piuttosto a comprimere la spesa pubblica piuttosto che a dilatarla; invita ad un fisco più snello per chi rischia il proprio capitale in attività economiche (piccoli imprenditori, artigiani, partite Iva in generale) e ciò proprio perché non ha un guadagno sicuro; invita dunque ad uno snellimento della pubblica amministrazione, giungendo finalmente a licenziare gli esuberi (proprio in quanto esuberi!); plaude alle riforme del ministro Brunetta improntate al merito, ovvero a premiare i meritevoli contro gli incompetenti; invita a riformare la scuola sviluppando nei giovani la passione per la cultura e la ricerca passando dalla scuola dell’obbligo a quella ‘dell’entusiasmo’; invita a rivedere in senso restrittivo le leggi sull’immigrazione senza essere né razzisti, né buonisti, ricordando agli imprenditori che non è possibile continuare ad importare manovalanza non qualificata dall’estero solo perché a basso costo e senza alcuna vera garanzia per il futuro di queste popolazioni, in sempre maggiore espansione demografica. Espansione demografica, purtroppo, incoraggiata dalle religioni istituzionalizzate, fuor d’ogni logica umanitaria. Il saggio è breve, condensato, ma ribadisco, assolutamente illuminante, come dicevo. Si sofferma anche a parlare di una riforma della legge psichiatrica 180 in senso umanitario, affinché vada incontro alle esigenze delle famiglie (come previsto anche dalla proposta di Legge dell’On. Paolo Guzzanti, citato, peraltro, nel testo). Gli argomenti trattati, insomma, sono molti. E, per la prima volta, si propone anche in Italia una riflessione politica a partire dalla psicologia, unico vero approccio credibile in ogni settore, sia pubblico, sia privato, lavorativo e/o informale.





(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)
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