Luca BagatinLa domenica, ‘La Voce Repubblicana’ non esce. Purtuttavia, un paio di volte ha deciso uno ‘strappo’ alla regola: la prima volta l’8 febbraio scorso, commemorando i centodieci anni della nascita del grande combattente e politico repubblicano Randolfo Pacciardi; la seconda, domenica 29 marzo, ricordando il trentennale della morte con un numero monografico dedicato al grande leader del Pri, Ugo La Malfa. Sono stati due regali piacevoli, specie per chi vuol conoscere meglio queste due figure quasi per nulla considerate dalla cultura ‘dominante’: quella cattocomunista ieri, quella ‘granfratellista’ oggi. Mettendo a confronto i due personaggi citati possiamo osservarne le grandi differenze, messe brevemente in risalto anche dall’economista Oscar Giannino nel suo articolo sulla ‘Voce’ stessa del 29 marzo. Pacciardi fu uomo d’azione, La Malfa di mediazione. Il primo fu comandante e combattente partigiano, mazziniano, anticomunista viscerale, teorico del presidenzialismo alla De Gaulle e per nulla simpatizzante dei governi di centro-sinistra, preferendo di gran lunga il centrismo ‘degasperiano’. Il secondo fu membro del Partito d’Azione, bancario e dunque economista, parlamentarista e antipresidenzialista, grande sostenitore del centro-sinistra e dell'apertura a sinistra, mediatore con il Pci ai tempi dei governi di unità nazionale. Due personalità dello stesso partito destinate a scontrarsi spesso. Al punto che Pacciardi fu finanche espulso e bollato come fascista.  Ciò causò gran danno al Pri di allora. E tali questioni andrebbero attualmente meglio approfondite, oggi, rivalutando la figura di Randolfo Pacciardi, senza il quale oggi il nostro Paese sarebbe assai meno democratico. Anzi, andrebbe recuperato tutto ciò che vi era di buono in entrambi i leader, che francamente è molto: il rigore economico di La Malfa, capace di vedere e prevedere in anticipo i guasti dell'economia italiana retta da governi alquanto spreconi (non certo diversamente da oggi, sia ben chiaro) e da un capitalismo ‘straccione’; la passione di Pacciardi, discepolo indefesso di Mazzini sin da giovane, teorico di un presidenzialismo in tempi in cui c’erano dei veri politici di ‘razza’ (mica come oggi, in cui né Berlusconi, né Bossi, né Veltroni, né Franceschini o chi per loro hanno un briciolo della ‘stoffa’, della cultura e della lungimiranza del Pacciardi stesso o dei Saragat, dei De Gasperi e dei Malagodi). Inoltre, da buoni repubblicani, sia Pacciardi, sia La Malfa avevano idee ben chiare per quanto concerneva la collocazione internazionale dell’Italia: nell’Alleanza atlantica, la Nato, contro la dittatura sovietica e i suoi satelliti. E dunque per le libertà e per un Europa unita ed indipendente, come la sognavano Mazzini e Garibaldi. Ecco dunque perché oggi – in quanto repubblicani - siamo ancora vivi e non vogliamo lasciarci fagocitare da nessuno. Non abbiamo ‘padrini’ o ‘padroni’ alle spalle, ma solo padri nobili, dei quali possiamo solo vantarci. Non abbiamo dalla nostra le televisioni o grandi organi di stampa, ma una testata storica che esiste dal 1921 e che è sopravvissuta anche in clandestinità durante il fascismo. Non abbiamo fumo o slogan da vendere sul piatto della bilancia elettorale, ma solo prospettive serie e lungimiranti in campo economico, sociale e civile. Ed è così sin dal 1895: se vi sembra poco...



(articolo tratto dal blog www.lucabagatin.ilcannocchiale.it)
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