Paolo Pillitteri

Sarà pur stato calcolato il rischio che il Cavaliere s’è assunto con l’emendamento ridenominato ‘lodo Schifani’, il meccanismio legislativo che stabilisce corsie preferenziali processuali salvaguardando, nel contempo, le alte figure istituzionali da vicende giudiziarie in corso, a patto che riprendano non appena cessi l’alta istituzionalità. Col ‘lodo Schifani’ e con altre leggi ad personam nella scorsa legislatura la figura “riformatrice e decisionista” del Premier subì un contraccolpo, coi girotondi e non solo, alimentando un braccio di ferro con la giustizia che permane. Detto così, il tema rischierebbe di finire nell’elenco del catalogo delle riforme mancate o sciupate o ad personam. In realtà il tema dei rapporti con la magistratura è molto più profondo e immanente degli altri, tant’è vero che l’ultimo governo Prodi è caduto per un intervento a gamba tesa dei Pm contro il Ministro di Grazia e Giustizia costretto alle dimissioni pur innocente, per di più sfregiato per mesi dalla gogna delle violazioni del segreto istruttorio (anche in Tv). Esattamente come era accaduto al primo governo Berlusconi riunito a Napoli (1994) davanti ai capi mondiali, per la pubblicazione (illegale) di una avviso di garanzia sul ‘Corsera’. Un inizio e una fine, con in mezzo di tutto e di più sulla giustizia persecutoria della politica con l’utilizzo di “bombe ad orologeria” che il circo mediatico giudiziario ha fatto esplodere nei momenti topici della politica. I ministri del settore succeduti, da Castelli, che pure ha mostrato grinta, a Mastella, col suo lucido tentativo di assorbire, distribuendo potere, le asperità dei giudici, si sono arresi. Adesso ci si riprova Alfano, ma l’impressione che possa fare poco è diffusa. Allora si ricorre ai lodi, agli emendamenti infilati di qua e di là, di nascosto, palam vel clam, come a vergognarsene, guardando nel piatto invece che negli occhi. Errore. Col rischio che il cambio di passo veltroniano, dopo gli squilli di tromba di Scalfari e, soprattutto, dopo il lodo Mannheimer sulla fiacchezza dell’opposizione, ponga fine alla honeymoon fra maggioranza e opposizione liberando Walter da una situazione da assedio dei suoi. Ora, pur non criminalizzando il cosiddetto Lodo Schifani, ignoriamo, peraltro, come finirà questa sua riedizione, ma sappiamo che la prima volta non ebbe quello che si dice un trionfo. Il vero problema è la mancanza della immunità dei parlamentari, autosvestitisi delle stessa dopo il lancio delle monetine a BC (1993) e mai più ripristinata. Era stata fortemente voluta dai padri costituenti per impedire gli eccessi, il fumus persecutionis, della magistratura. La quale, peraltro, si è conservata autonoma e autotutelata col suo “parlamentino” il Csm, con un potere da fare invidia (e paura) a tanti, a tutti. La politica no, non ha più l’immunità che invece possiedono i giudici. Il che provoca sbilanciamento di potere. Se la ridiano, e non ci sarà più bisogno di lodi Schifani, leggi ad personam, emendamenti salva premier. Semmai, una legge che garantisca tutti i parlamentari. Funziona così, in democrazia.




(articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 18 giugno 2008)
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