Antonella Priori

Quarantasei anni di storia e di battaglie del Partito repubblicano italiano ripercorsi attraverso una galleria di immagini inconfondibili: oltre mille tra manifesti, opuscoli, materiali di propaganda politica realizzati da Michele Spera tra il 1962 e il 2008 (‘L’immagine del Partito repubblicano. Una rilettura’ – Gangemi editore). Caso unico nella storia dei partiti politici, il Partito repubblicano vanta una riconoscibilità visiva forte, incisiva, coerente della propria essenza, una continuità nella evocazione razionale, ma al tempo stesso poetica dei propri valori. Dopo oltre cento anni dalla sua costituzione, resta infatti l’edera l’unico simbolo immutato nel panorama politico italiano, lontano dalla caducità di slogan e segni utilizzati per rendere ideologie astratte o bisogni temporanei. Il pensiero e l’azione di donne e uomini che hanno partecipato - e tutt’oggi partecipano - alla costruzione di un’Italia democratica, libera, laica sono stati - e sono - rappresentati attraverso l’utilizzo di un linguaggio moderno che, con i suoi segni e con i suoi colori, ha anticipato tutti gli attuali meccanismi della comunicazione. E’ attraverso questa comunicazione, così innovativa e così tesa a sollecitare le riflessioni del cittadino, che Michele Spera ripercorre gli eventi, i personaggi, le idee di un’epoca, consentendo al lettore di ricostruire nella propria mente, con l’aiuto di brevi note, la storia del Partito repubblicano e insieme la storia dell’Italia, con i suoi momenti topici, le illusioni e le disillusioni, le speranze e le battaglie a favore della società civile. Un esempio tra molti, lo schierarsi dei repubblicani contro l’abolizione della legge sul divorzio, sostenuta dal referendum del 12 maggio del 1974: Michele Spera realizza un manifesto che sollecita la riflessione e la scelta, dove il ‘NO’ non è un grido bensì un invito alla partecipazione, democratica, di tutti. Evitati i toni cupi di una scelta morale e di coscienza, si trattava di adeguare la legislazione italiana a quella dei Paesi economicamente e socialmente più avanzati, serenamente. E sereno è il cielo su cui si staglia -luminoso- un ‘NO’ chiaro, inequivocabile, ma che non preme, non asfissia, non coercizza; al contrario, suggerisce una scelta di libertà. E ancora, poche righe dell’autore, riprese da un articolo pubblicato su La Voce Repubblicana nel 1975, spiegano i dettagli di una campagna molto particolare, quella che i repubblicani intrapresero per coinvolgere i cittadini nella lotta al terrorismo: manifesti che riproducevano foto originali di azioni terroristiche venivano affissi al mattino e i passanti si fermavano a guardare quelle immagini cruente, in un momento in cui il terrorismo contava sulla paura per mettere radici; alla sera, le stesse immagini venivano ricoperte da manifesti bianchi recanti, semplicemente, una ‘X’, segno chiaro, inequivocabile ed efficace del rifiuto, della cancellazione della pratica dell’eversione. Un segno deciso, inoppugnabile contro la violenza e la morte. La volontà dei cittadini di riappropriarsi della propria quotidianità e del proprio destino storico. Creativo di fama internazionale, già nel 1965 ebbe l’intuizione di utilizzare il volto del leader -e poi addirittura la sua firma- per pubblicizzare le idee e i programmi che il Partito repubblicano andava affermando, causando non poche polemiche, come lui stesso, all’inizio del libro, spiega: “Ci furono per questo manifesto casi di isterismo politico, di minacce di scissione; fui difeso dai miei amici, ma l’accusa di ‘culto della personalità’ ce la trascinammo per anni”. Spera aveva visto giusto, Ugo La Malfa sarebbe diventato leader indiscusso del Partito e figura centrale della politica italiana negli anni ’60 e ’70. Scrive Francesco Nucara nell’Introduzione: “L’uscita dei manifesti repubblicani era negli anni Sessanta un evento; brillavano per i loro colori forti, per i segni possenti, per la sottile armonia che li accomunava: comunicavano un forte impatto emotivo sull’elettore che subito riconosceva la loro matrice politica”. Nella Prefazione di Domenico De Masi, invece, conosciamo uno Spera più privato, a partire dal momento in cui, ragazzo, lascia la Lucania per dedicarsi a quella professione che poi, nel corso degli anni e delle esperienze, diventerà una vera e propria arte. Racconta: “Ho lavorato anche con molti altri designer, ma con Michele si riesce a pensare in mezz’ora ciò che con gli altri si penserebbe in due settimane. Covata fulmineamente l’idea, ne segue per Michele una realizzazione meditata, attentissima, quasi chirurgica, che si ferma solo quando il risultato è perfetto. Molti giovani, nati dopo l’avvento del computer, stenteranno a credere che alcune composizioni di Spera sono state realizzate quando non si poteva disegnare se non a mano. In realtà, la computer grafica, che ora Spera padroneggia, e che è connaturale al suo stile, gli ha consentito solo una maggiore velocità, ma non una maggiore perfezione. Se il computer fosse natura, nel caso di Michele potremmo dire che la natura imita l’arte…”. Un libro da leggere e da guardare. Una ‘rilettura’ per quanti conoscono gli eventi e in essi si riconosceranno. Una piacevole, nuova lettura per quanti, incuriositi dalle oltre mille proposte grafiche, vorranno intravedere in esse le geniali intuizioni di chi assume il panorama visivo quale contesto indispensabile all’innovazione politica e civile di un Paese.




(articolo tratto dal sito web di informazione e cultura www.diario21.net)
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Federico Baldini - Ravenna - Mail - sabato 10 maggio 2008 16.58
Da giovane repubblicano che oramai vive di ricordi perchè quasi più nulla del mio mondo è rimasto, vi ringrazio per avervi segnalato questo libro che acquisterò sicuramente.


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