Vittorio LussanaOgni domenica, Walter Veltroni annuncia che i consensi in favore del Pd sarebbero in vertiginosa ascesa. La prima volta, potevo pure comprenderlo: dopo aver ‘chiuso’ l’apparentamento con l’Italia dei Valori, il movimento guidato da Antonio Di Pietro, in effetti il Partito democratico, dal 28% che mi risultava, è riuscito a raggiungere quota 33%. Nel frattempo, il PdL rimaneva stabilmente al di sopra del 40%. Poi, Valterino ha imbarcato una ‘pattuglia’ di radicali, grazie ai quali è riuscito a raggiungere quota 34,5%. La fonte di questi dati, lo dico per inciso, sono io stesso. E voglio sottolineare, al riguardo, che per motivazioni professionali ben precise non sono minimamente tenuto a rivelare, nemmeno in sede giudiziaria, come sia entrato in possesso di tali frequenze statistiche. In ogni caso, il Pd attualmente è al 34,5% o forse qualcosa di più, mentre la coalizione guidata da Silvio Berlusconi rimane ben al di sopra dei 40 punti in percentuale (42 - 44%). Ciò significa che la forte tendenza ‘bipartitica’ impressa a questa campagna elettorale sta generando una ‘polarizzazione dei flussi’ tale per cui, pur tenendo fermo un effettivo ‘trend’ di crescita abbastanza continuo del Partito democratico, a ciò non corrisponde affatto una diminuzione delle intenzioni di voto per il PdL. La qual cosa, in sintesi, segnala come le due formazioni stiano semplicemente ‘pescando’ i propri voti in due bacini ben distinti dell’elettorato italiano. La domanda nasce dunque spontanea: ma Veltroni a chi sta cercando di ‘darla a bere’? Perché le sta ‘sparando’ ad ‘alzo zero’? Credo si tratti di ‘berlusconite’ all’ultimo stadio, curabile solamente con un assai opportuno ‘bagno di umiltà’, un’eventualità che l’elettorato italiano, nelle prossime settimane, forse potrebbe cominciare a valutare più approfonditamente. La verità è che la partita la si sta giuocando su due settori ben precisi dell’elettorato: quello degli indecisi e quello che generalmente sceglie, per appartenenza ideologica o per motivazioni sentimentali, altre formazioni. Su tali versanti della contesa, in effetti, Veltroni ha due possibilità piene: convincere gli indecisi o recuperare un bagaglio di consensi ‘freschi’ da sinistra, come ad esempio riuscì a Bettino Craxi nel 1983, allorquando fu premiato da quasi 1 milione di voti provenienti dal Pci. Ma un milione di voti tolti alla Sinistra arcobaleno significherebbe, in sostanza, un Pd che si attesta oltre la soglia del 35%. Dunque, senza il sostegno di una grossa parte dei cosiddetti indecisi, appare assai difficile che la forza guidata da Veltroni e Franceschini possa effettivamente impensierire il PdL. Al riguardo, ricordo il recupero che l’Ulivo riuscì ad ottenere, non senza sforzo, nelle ultime settimane della campagna elettorale del 2001. Quella ripresa di consensi fu opera soprattutto della allora Margherita, che riuscì a raccogliere un consenso di lista che andò ben oltre il 13%. Dunque, circa tre punti e mezzo in più rispetto al suo ‘bacino’ tradizionale di voti. E allora d’accordo, mettiamo pure questi dati nel conto: che cosa succede? Semplicemente che il Pd raggiunge quota 38% - 40%, contro un PdL che si ritroverebbe stabilmente al 42%. Ecco: siamo di nuovo al ‘quasi pareggio’ del 2006, anche se a parti rovesciate questa volta, con in più un Ps che si attesta attorno al 3% (senza cioè ottenere né deputati, né senatori), un blocco di forze centriste che si aggira attorno al 6% e la Sinistra arcobaleno che si fermerebbe, tutta insieme, al 9%. Come si può facilmente calcolare, siamo esattamente al 100% degli aventi diritto al voto. Ovvero, in questa simulazione, abbiamo dato per scontato che tutti i cittadini italiani, compresi quelli residenti all’estero, il 13 e 14 aprile si rechino in massa ai seggi elettorali per esprimere la propria preferenza. La qual cosa, però, è francamente impossibile, poiché la più alta percentuale di voti espressi non ha mai superato un massimo dell’83%. Ciò si traduce in una sola conclusione possibile: Veltroni se la sta giuocando ‘in leggerezza’ solo per limitare i danni della propria sconfitta. Che risulta certa in almeno 8 simulazioni su 10. Ora, dai calcoli da me effettuati, i due soli casi in cui Veltroni riuscirebbe a vincere le elezioni, anche se per ‘il rotto della cuffia’, si basano unicamente sulle due seguenti eventualità: a) che chiuda una alleanza anche con i socialisti, recuperando, al contempo, tutto quel che può recuperare tra gli indecisi; b) che un tasso di astensionismo del 15% colpisca quasi esclusivamente il PdL di Berlusconi, Bossi e Fini.


(articolo tratto dalla rubrica settimanale '7 giorni di cattivi pensieri' pubblicata sul sito web di informazione e cultura www.diario21.net)
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